I tassi di interesse e le favole di Lagarde

venerdì 26 luglio 2024


“Leggerò tante favole ai miei nipotini” così la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha risposto dopo l’ultima riunione del Consiglio direttivo, a chi le chiedeva che cosa avrebbe fatto durante le vacanze. Una risposta realistica e spiritosa insieme. In primis perché i nipotini sono probabilmente gli unici a credere alle favole del banchiere più importante d’Europa, spiritosa perché pochi minuti prima Lagarde aveva sottolineato con forza come le decisioni della Bce sarebbero state guidate solo e unicamente dai fatti e quindi non dalle favole. E così, in attesa di metà settembre quando sia la Banca centrale americana sia quella europea dovranno indicare la rotta che verrà seguita, sui mercati finanziari si moltiplicano le previsioni, che spesso vanno di pari passo con gli auspici. Se infatti è vero che l’inflazione dalle due parti dell’Atlantico ha fatto notevoli passi indietro rispetto alle fiammate dello scorso anno, è altrettanto vero che sembra esserci qualche resistenza superiore al previsto nel mantenere la rotta in vista dell’obiettivo del 2 per cento.

Nel breve termine, qualche pur piccola manovra al ribasso è comunque data per scontata entro fine anno, magari piccola proprio perché mantenere le aspettative di ulteriori tagli nei primi mesi dell’anno prossimo è particolarmente importante. Le aspettative sono in fondo il vero rebus della politica monetaria attuale proprio perché le scelte dei mercati –e quindi degli operatori economici – si basano molto più su quello che potrà avvenire in futuro che non sui dati che appartengono al passato, quegli stessi che Christine Lagarde mette invece alla base delle decisioni della Bce, dando l’impressione di essere al traino e non alla guida dell’economia. E nello stesso tempo, di essere stretta come in una morsa senza avere libertà di manovra, da una parte per in condizionamento dei dati economici, dall’altra per le mosse della Federal reserve. Inoltre, le decisioni della Bce sono inevitabilmente condizionate anche dalla necessità di attuare interventi che possano essere utili ai singoli Paesi che hanno economie ancora senza una effettiva convergenza. L’unione monetaria ha fatto un grande passo in avanti con la la moneta unica, ma è ancora lontana una convergenza delle politiche economiche e dei bilanci pubblici.

Detto questo, un maggior coraggio della Bce nell’indicare una strada non guasterebbe: un taglio dei tassi di interesse aiuterebbe a sostenere settori importanti come quello edilizio, e darebbe quel sostegno all’economia e quella riduzione degli oneri del debito che appaiono importanti per mantenere la sostenibilità dei conti pubblici. Non bisogna tuttavia dimenticare che, a lungo termine, la dinamica dei tassi di interesse è determinata da fattori “esterni” come l’invecchiamento demografico, il rallentamento della crescita della produttività e l’aumento delle disuguaglianze. Queste forze hanno agito per decenni per spingere al ribasso i tassi di interesse e, salvo rivoluzioni, è prevedibile che dalle due parti dell’Atlantico. Alla fine, i tassi di interesse si assesteranno di nuovo sui bassi livelli prevalenti prima della pandemia.


di Gianfranco Fabi