venerdì 12 luglio 2024
La storia economica dell’energia è uno dei migliori esempi di funzionamento del meccanismo dei prezzi (Sergio Ricossa)
Nei giorni scorsi, gli organi di informazione hanno dato ampio risalto alla decisione di riaprire le miniere per l’estrazione delle materie prime critiche, con obiettivo di reperire almeno 15 dei 34 minerali più pregiati, a partire da litio e cobalto, fondamentali oggi per produrre batterie. Tale riapertura si rende necessaria per scongiurare rischi sull’approvvigionamento, in conseguenza del prevedibile incremento della domanda e il correlato aumento dei prezzi. Infatti, secondo stime di Iea (Agenzia internazionale dell’energia) al 2030, la domanda di cobalto triplicherà, quella del litio sarà 8,6 volte maggiore, del nickel 7,5 volte e quella del neodimio (terra rara) quintuplicherà. Peraltro, è appena il caso di aggiungere, che il tasso europeo di dipendenza alle importazioni è molto elevato e si concentra solo su alcuni Paesi fornitori come la Cina. In dipendenza di tutto ciò, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e il Ministero dell’Ambiente hanno disposto l’avvio dei lavori per la “mappatura dei siti di estrazione”, partendo dalle mappe delle miniere chiuse trent’anni fa, mentre l’Esecutivo ha varato il “Decreto-legge Materie prime critiche”, la cui finalità è rilanciare il settore minerario italiano attraverso procedure semplificate per gli iter autorizzativi dei progetti strategici.
Ebbene, le iniziative indicate devono essere salutate con favore, atteso che esprimono un deciso cambiamento di rotta in ordine alla politica mineraria, la quale, sebbene è ancora lontana dall’essere completamente liberalizzata, può tuttavia sollecitare interessanti sviluppi per la transizione energetica e digitale italiana. Bisogna fare chiarezza nel dibattito che riguarda le materie prime strategiche. A seconda dei differenti orientamenti, sovente irrorati da pregiudizi ideologici, le materie prime vengono considerate “rinnovabili” o “non rinnovabili”, e in quest’ultimo caso vengono persino ritenute limitate e finite, e pertanto in via di esaurimento. Ovviamente non si può negare che lo siano, qualora ci si limitasse a riguardare superficialmente la cosa, dando così credito agli ambientalisti anticapitalisti che ritengono banalmente che non esista un Pianeta B e che non possa neppure ipotizzarsi una crescita infinita del consumo dei materiali. È chiaro che consumare le risorse significa rimanere senza, ma è altrettanto vero che possiamo rifornirci di quelle di cui abbiamo bisogno, rendendole abbastanza disponibili e quindi inesauribili.
Tutto ciò appare chiaro se, seguendo Julian Lincoln Simon, abbandoniamo le previsioni “ingegneristiche” in favore di quelle “economiche” e riflettiamo sul ruolo fondamentale che giocano prezzi, i quali guidano, nei mercati, l’allocazione delle risorse, comprese quelle di investimento, che emergono attraverso l’estrazione di metalli dal terreno. I mercati usano i prezzi per trasmettere informazioni sulla disponibilità presente e futura di materie prime, con l’innovazione tecnologica e l’ampliamento delle conoscenze che consentono di trovarle, estrarle e utilizzarle in modo più efficiente. In effetti, in ogni momento, ci sono materie disponibili nei depositi, altre scoperte ma non ancora estratte, altre ancora solo ipotizzate dai tecnici nel sottosuolo, alle quali si aggiungono quelle, anche grandi e sconosciute, delle quali nessuno conosce la quantità e la collocazione. Dette materie cessano di essere mere riserve e diventano risorse disponibili per effetto dei prezzi di mercato, che, aumentando o diminuendo, segnalano agli operatori del mercato la disponibilità o l’esaurimento delle scorte. Se i prezzi diminuiscono: Nulla quaestio; le risorse presenti risultano abbondanti e impiegabili immediatamente. Qualora invece dovessero aumentare, il primo effetto che si produce è quello di rendere disponibili quelle risorse già individuate ma la cui estrazione era stata giudicata antieconomica, per i costi da sostenere per la loro estrazione, e si innesca nel contempo la ricerca di nuove scorte o la sperimentazione di sostituti. Inoltre, a causa dell’incremento dei prezzi, i consumatori ridurranno l’uso e inizieranno a razionare l’impiego dei materiali indicati, mentre diventeranno più redditizie le attività di riciclaggio degli stessi e, infine, lo sviluppo dei sostituti.
In argomento, è illuminante quanto ha scritto Sergio Ricossa secondo cui: “La storia economica dell’energia è uno dei migliori esempi di funzionamento del meccanismo dei prezzi”. Per l’economista liberale, in particolare: “I prezzi relativi sono alla base anche delle scelte dei vari tipi di energia. L’avvento del carbone, nel XVIII secolo, fu propiziato dal rincaro della legna combustibile, in seguito all’esaurimento delle foreste. Analogamente, l’avvento del petrolio tra il XIX secolo e il XX secolo fu incoraggiato dal rincaro del carbone, per esaurimento delle miniere, o per necessità di scavarle più a fondo”. In sostanza, nonostante il nostro pianeta contenga una quantità finita di rame, litio e cobalto e altre materie prime strategiche, è innegabile che la quantità effettivamente scoperta sia sconosciuta e rimanga tale sino a quando non sarà estratto l’ultimo grammo. Tuttavia, quand’anche l’intera riserva dovesse essere assemblata in una sola grande riserva fissa, non si arriverebbe comunque al suo esaurimento. Anche in siffatta ipotesi, il meccanismo dei prezzi spingerebbe al razionamento e incentiverebbe la ricerca e l’impiego di sostituti.
Così stando le cose può, pertanto, rilevarsi che pur trovandoci in un mondo finito con una quantità geologicamente limitata di risorse, queste non si esauriscono. Il loro sviluppo non è dissimile da quello di qualsiasi altro bene o servizio, e si espande man mano che l’uomo accresce la sua conoscenza della natura e il suo potere fisico sulla stessa. Si espande altresì con il suo progredire nella scienza e nella tecnologia e migliora e accresce la sua offerta di beni strumentali. Tutto ciò porta a considerare le risorse, e in particolar modo quelle energetiche, non come date fisse, che è possibile inventariare e definire una volta per tutte, ma come qualcosa di dinamico, ignoto, da scoprire e valorizzare. Il loro limite può quindi ritenersi teoricamente spostabile all’infinito, grazie all’ingegno umano e alla tecnologia, che determinano il progresso tecnico, merceologico e organizzativo e, di conseguenza, quello sviluppo che produce un allargamento delle possibilità di scelta concesse all’uomo e il miglioramento della qualità della sua vita. L’essenza della loro esistenza, si può affermare, è la crescita della conoscenza umana, che non ha limiti naturali. Per avere contezza di ciò, è sufficiente richiamare quanto, negli anni dopo la Seconda guerra mondiale, siano progredite le nostre società, nelle quali sono state adottate soluzioni anche riguardanti le fonti energetiche e le relative risorse, impossibili da prevedere sino al giorno in cui non sono state inventate e utilizzate, che hanno consentito di raggiungere livelli di benessere (sanità, alimentazione, salubrità dei luoghi di vita e di lavoro, comunicazioni, diffusione della conoscenza), che in passato non erano neppure lontanamente immaginabili.
Sotto siffatta prospettiva, l’uomo non si pone come semplice distruttore di risorse, bensì come uno scopritore, un inventore, un innovatore coraggioso e, pertanto, un generatore di risorse. Che emergono anche da modifiche che possono sopraggiungere nel corso del tempo con il mutare dell’ordine delle priorità individuali. Per effetto di ciò, aspetti della natura, già essenziali per la vita delle persone, perdono di interesse, mentre altri, in precedenza trascurati o sconosciuti, diventano utili, acquisendo il valore di risorsa. Esse, come ha scritto Albert Epstein, nascono dalle idee e altro non sono che “materia ed energia trasformate dall’ingegno umano al fine di soddisfare bisogni umani”. Ha scritto il già citato Julian Lincoln Simon: “Aggiungere più persone causa problemi, ma le persone sono anche il mezzo per risolvere i problemi. Il carburante principale per accelerare il nostro progresso è il nostro bagaglio di conoscenza, e il freno è la nostra mancanza di immaginazione. La risorsa definitiva sono gli individui, abili, pieni di spirito, individui fiduciosi che impiegheranno la loro volontà e immaginazione per il proprio beneficio, e inevitabilmente ne trarranno beneficio non solo loro stessi, ma anche la restante parte della gente”.
di Sandro Scoppa