La settimana di Confedilizia (Podcast)

lunedì 20 maggio 2024


n. 20 del 18 maggio 2024

Un caloroso saluto da Gianfranco Fabi e un ben ritrovati ai nostri ascoltatori. In evidenza, innanzitutto, sugli organi di informazione l’importante novità per il bonus ristrutturazione, che è inserita nel maxi-emendamento del Governo al decreto sul Superbonus, che è stato approvato in Commissione Finanze senza ritocchi all’impianto principale. Si tratta di una modifica che, sebbene non abbia un impatto immediato sulle agevolazioni per le ristrutturazioni per il 2024, attualmente in vigore con un’aliquota del 50 per cento, mette un’ipoteca importante per il 2025 e soprattutto dal 2028 in avanti. Da tale anno l’attuale aliquota del bonus scenderà al 30 per cento.

L’intenzione dell’Esecutivo è quella di procedere al riordino delle agevolazioni sulla casa, e in tal senso depongono alcuni segnali. In primo luogo, il maxi-emendamento al dl Superbonus, che introduce lo spalma crediti obbligatorio in 10 anni per le spese sostenute nel 2024 e nel 2025 e prevede che non sarà più possibile compensare i crediti fiscali con contributi previdenziali o Inail da parte delle banche; quindi, l’intervento sul bonus ristrutturazione che per il 2024 ha un’aliquota del 50 per cento.

Sull’emendamento che inserisce l’obbligo di spalmare le detrazioni in 10 anni, la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, si è espressa nel senso che è un “bene che l’emendamento presentato dal Governo abbia tenuto conto delle perplessità sollevate e sia stato arginato l'impatto che sulla base delle prime dichiarazioni risultava devastante per imprese, cittadini e banche”. Per il medesimo presidente: “Resta, comunque, il nodo della retroattività e di eventuali conseguenze indirette (…) per l’ennesimo cambio di regole in corsa”.

Critiche sono state invece espresse dall’Associazione bancaria italiana la quale, in una nota ha osservato che nel provvedimento “permangono elementi di retroattività che rendono impossibile per le banche compensare i crediti d’imposta acquistati, incidendo negativamente sulla loro capacità di acquistare ulteriori crediti”. Altri contributi della stampa hanno riguardato il nuovo calo dei tassi sui mutui casa, i quali, secondo i dati riportati dalla Banca d’Italia, si sono collocati al 4,21 per cento mentre a febbraio erano al 4,31. È una discesa che è iniziata a dicembre, dopo il picco raggiunto a novembre, quando il Taeg era arrivato al 4,92 per cento, un record che non si vedeva dal dicembre del 2008, subito dopo il fallimento di Lehman Brothers, quando si era arrivati al 5,19.

Per Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, la riduzione dei tassi rappresenta: “Un sospiro di sollievo per le famiglie con mutui a tasso variabile. Considerando l’importo e la durata media di un mutuo – ha aggiunto – il calo dei tassi significa che la rata, per chi ha sottoscritto ora un mutuo a tasso variabile, scende, rispetto al picco di novembre 2023, di 56 euro al mese, pari a un risparmio su base annua di 672 euro”.

Sui media in rilievo anche i dati pubblicati dal Notariato che evidenziano la diminuzione del numero delle compravendite immobiliari, che nel 2023 ha mostrato un calo un calo del 7 per cento e toccato così numeri addirittura più bassi degli anni pre-Covid (2016-2019). Ma a scendere sono altresì le donazioni di beni immobili, che in un anno sono diminuite del 4,2 per cento, e le richieste di mutui, diminuite in modo rilevante rispetto al 2022. Secondo il Consiglio nazionale del notariato si registrano in assoluto numeri più bassi con riferimento al 2022, peraltro inferiori persino a ciascuno dei quattro anni (2016-2019) precedenti gli eventi pandemici.

Il commento di Sandro Scoppa, presidente di Confedilizia Calabria, chiude il presente podcast: “Da un lato, c’è la felice esperienza argentina. Le riforme che ha messo in campo di Javier Milei si stanno dimostrando vincenti, risolutivi dei problemi ai quali intendeva porre rimedio. L’ultima conferma proviene dal Fondo monetario internazionale che ha giudicato positivamente la nuova politica argentina, la quale sta ottenendo risultati migliori del previsto. Dall’altro lato, l’Italia, che l’ultimo Indice sulla libertà economica in 187 Paesi del Mondo la colloca al 38° posto su 44 Paesi della regione Europa e all’81° della classifica mondiale, dietro Albania, Costa Rica e Panama. La valutazione è basata sul fatto che l’economia italiana è rimasta impantanata in un prolungato rallentamento. Si è ridotta la competitività economica, non sono state attuate riforme strutturali e si è in presenza di una cattiva gestione delle finanze pubbliche e da altri problemi istituzionali. È una situazione che non può non destare preoccupazione, alla quale è necessario porre prontamente rimedio, e si può farlo proprio seguendo l’esempio di Milei, che sta facendo ritornare l’Argentina allo splendore di un tempo”.

(*) A cura di Sandro Scoppa, conduce Gianfranco Fabi


di Redazione