Gli sciamani della finanza e la Talidomide

martedì 14 maggio 2024


Le vertenze giudiziarie in merito ai prodotti finanziari stipulati dalla finanza come i derivati, gli otc (over the counter) e tutti gli altri, che costituiscono l’arsenale di una finanza troppo spesso da rapina, sono una bolla enorme che sembra ci possa soffocare; che ha riempito i portafogli delle banche, delle imprese e dei privati, le figure professionali che promuovevano queste verità sconosciute anche da loro sono assimilabili agli “sciamani” (lo sciamanesimo o sciamanismo); e che indica, nella storia delle religioni, in antropologia culturale e in etnologia, un insieme di conoscenze, credenze, pratiche religiose, tecniche magico-rituali, estatiche ed etnomediche riscontrabili in varie culture e tradizioni. Da noi, anche le Pubbliche amministrazioni fino al 2008 si sono caricate di derivati senza avere la minima idea di cosa fossero, tanto la finanza razionale e perfetta come veniva presentata giustificava l’ignoranza specie sui derivati, poi sono arrivati gli altri. Noi abbiamo ancora in carico i derivati stipulati nel 1993 il cui costo di chiusura, sempre opaco, potrebbe essere superiore ai 20 miliardi di euro, una manovra finanziaria e comunque un’enormità rispetto ai 230 miliardi di lire al tempo negoziati. Ma ora stanno emergendo, anche, le vere responsabilità delle banche d’affari sulle quali per troppo tempo si è lasciato correre; i dati erano noti da tempo, ma ora all’improvviso sembra che la punta dell’iceberg cominci ad apparire.

Negli anni, il Dipartimento di Giustizia Usa ha condannato a risarcimenti record le principali banche d’affari statunitensi per comportamenti fraudolenti nella gestione dei sub-prime che avevano causato la crisi, da cui le stesse banche erano state salvate, mettendo in carico al debito pubblico il costo dell’operazione (ma se è così, perché allora erano state salvate?). Il tema dei derivati, dopo i sub-prime, è ancora più devastante perché sono stati i primi prodotti “innovativi e sicuri” a inondare i mercati con una crescita esponenziale nel 1989: prima della finanziarizzazione dell’economia reale erano 1/20 del Pil mondiale, nel 1999, due anni dopo i Nobel a Robert K. Merton e Myron Scholes proprio sui derivati (1997) sono diventati il doppio del Pil mondiale. E, a quel punto, pur di fronte al rischio potenziale di devastazione finanziaria Alan Greenspan li ha deregolamentati totalmente e, in 10 anni, sono arrivati ad essere 20 volte il Pil mondiale con una concentrazione altissima. Infatti, il 95 per cento delle transazioni mondiali sono in mano a cinque banche d’affari Usa.

Per gli altri, come gli otc emessi sul mercato senza controllo, si parla di un volume in essere di oltre 5 milioni di miliardi. Gli Usa hanno dettato una exit-strategy dalla crisi finanziaria basata sull’inondazione di liquidità, l’unico modello culturale che conoscono, insomma hanno curato un tossicomane aumentando le dosi e adesso si trovano con una massa monetaria incalcolabile senza vere contropartite reali. La finanza sconosciuta ai più ha sempre promesso guadagni facili, come se fosse un gioco senza penalità, così si è ingigantito il debito che tocca – negli Stati Uniti – i 35mila miliardi dando il via a un fenomeno inflattivo non facilmente governabile, come dimostra la Federal Reserve di Jerome Powell con un indebolimento del dollaro che vede diminuite le transazioni globali fatte con la sua moneta sotto l’attacco aggressivo dei Brics.

Ma se crolla il dollaro con un’economia costruita sulla delocalizzazione e quindi sull’importazione, una sua svalutazione farebbe crollare i consumi interni. Ma di chi è la colpa di questo disastro culturale? Le responsabilità sono da addossarsi solo all’incapacità di dette amministrazioni, nel caso italiano, o in generale anche al contesto culturale che nel tempo ha contribuito a fare diventare tali strumenti una sorta di verità incontrovertibile? Per ora, anche di fronte alla difficoltà da parte della Giustizia di condannare i creatori di illusioni come i Bitcoin, sembra più facile attribuire le responsabilità del disastro creato dalla finanza opaca ai singoli soggetti che si sono illusi, o meglio, sono stati illusi da campagne pubblicitarie senza controllo, che invitavano e ancora invitano a un gioco che sembra una cuccagna, ma appare invece il gioco della pentola che si rompe sulla testa. In questo modo, si continua a evitare di mettere in mora un contesto culturale che ha contribuito a rendere gli operatori, le banche d’affari e gli studiosi dell’Accademia una sorta di “sciamani della finanza”, cioè guaritori imperscrutabili e magici dotati di un potere vitale da non mettere in discussione. Proviamo, dunque, a chiarire il perimetro vero delle responsabilità. Certamente una classe politica inidonea, moralmente e culturalmente, al ruolo di conservazione del bene comune, ma più propensa alla raccolta del consenso a breve e alla massimizzazione del proprio bene, si è messa nella situazione di “incapace” oggetto di circonvenzione che però rimane un reato.

Quindi, le responsabilità cominciano da loro, ma è stato steso davanti a loro un magico tappeto da percorrere che garantiva il basso livello di rischio. Inoltre, il patto di stabilità, come concepito fino al 2007, favoriva il cammino con una serie di divieti e di vincoli che paradossalmente spingevano gli enti alla stipula di derivati, consentendo così l’aggiramento del patto. Il contesto culturale in cui ci si è mossi, però, sembrava in grado di garantire un rapporto rischi-benefici assolutamente profittevole. A partire dal primo Nobel alla Finanza – 1990 – a Harry Markowitz, si è cominciato ad attribuire alla stessa una sorta di alone di verità incontrovertibile; l’economia che nasce come strumento per la “polis” (l’economia politica) assume, sempre più, una sua dimensione autoreferenziale e diventa sovraordinata alla “polis” le cui istanze vengono ignorate. L’economia e la finanza vengono studiate con l’abito mentale delle scienze positive e quindi solo con l’uso determinante delle scienze esatte in una scienza che nasce e rimane, invece, una scienza sociale e morale; la natura dell’uomo è determinante nelle sue scelte ma viene ignorata.

Gli studi assumono sempre più una connotazione scientifica in cui l’asimmetria informativa diventa uno strumento di potere in mano agli addetti ai lavori e crea una posizione di sudditanza culturale nei confronti dei terzi. Il tema della simmetria informativa era il fondamento che “definiva” la razionalità dei mercati (Robert Lucas, Nobel nel 1995) perché gli operatori a parità di informazioni decidono allo stesso modo: falso! Il decidere allo stesso modo presuppone che gli operatori non siano condizionati dal contesto socioculturale in cui operano, quindi è naturale che un siciliano decida, a parità di informazioni, esattamente come un lettone. La parità informativa, poi, sta per simmetria informativa che si verifica nella condizione mitologica della concorrenza perfetta, ma nella realtà il contesto finanziario è oligopolistico, quindi opposto alla simmetria informativa che non esiste; ma se anche si volesse provare a crearla, il fine della massimizzazione del profitto non può consentire tale via e la deve escludere. Vengono meno le condizioni e le ipotesi sulla razionalità dei mercati; ma ancora tutti i santi giorni dobbiamo sentire i media parlare dello spread che va su è giù asimmetrico rispetto ad una razionalità di cui dovrebbe essere diretta espressione: uno spread-chewingum (una sorta di gomma del ponte).

Un simile contesto di asimmetria informativa ha caratterizzato una drammatica situazione alla fine degli anni Cinquanta, quando venne messa sul mercato la Talidomide un farmaco per le donne in gravidanza con un ottimo rapporto rischi-benefici rispetto ai barbiturici in uso. Il farmaco, però, era stato sperimentato solo su cavie non gravide, contrariamente alle finalità applicative e i risultati furono drammatici, perché le donne incolpevoli che lo avevano assunto partorivano neonati amelici e focomelici. Di chi era la colpa? Delle donne che avevano assunto il farmaco, dei medici che li avevano prescritti o dei creatori del farmaco che l’avevano patentato come verità? In presenza di simmetrie informative, il parere accademico diventa determinante per dare verità all’oggetto e contribuire a creare la fiducia delle pazienti. La ditta tedesca produttrice del farmaco ha costruito, lo scorso anno, un edificio come memoriale e scusa alle vittime dopo 40 anni. Speriamo di non dovere aspettare tanto tempo anche per altri simili problemi perché, come diceva il grande John Maynard Keynes, nel lungo tempo siamo tutti morti.

Sul tema della finanza e dei suoi prodotti, le responsabilità ricadono anche su coloro che, involontariamente o no, hanno contribuito a creare una falsa verità. La politica, la finanza e l’Accademia devono cominciare a rispondere delle loro responsabilità. È necessario riflettere bene sugli errori passati ed evitarne la ripetizione, soprattutto quando l’evidenza di quella dinamica in uso sembra avere solo peggiorato i problemi. Le Pubbliche amministrazioni non dovrebbero fare operazioni finanziarie ad alto grado di rischio, perché non si gioca alla roulette con i soldi degli altri, specie quando la roulette è manipolata dal croupier; se, poi, il tuo debito è detenuto da terzi, ne diventi drammaticamente ostaggio come la nostra storia recente dimostra.

Il dissesto a cui siamo di fronte è stato causato da uomini e non da eventi naturali ed imprevedibili e questi uomini, spesso, si sono laureati nella migliori università. Che valori morali si insegnavano in quelle università? Che responsabilità hanno questi uomini e i loro maestri che hanno contribuito a metterci in questa drammatica situazione? Sarà bene cominciare a pensarci, perché sbagliare è umano ma perseverare è diabolico e oggi, a maggior ragione, non è accettabile.

(*) Professore emerito dellUniversità Luigi Bocconi


di Fabrizio Pezzani (*)