Chi ha paura degli affitti brevi?

martedì 16 gennaio 2024


Confedilizia e altre associazioni del settore hanno
presentano proposte per uno stop a ulteriori regole

È stato da poco licenziato dal Parlamento il cosiddetto Dl Anticipi che ha introdotto, tra le altre cose, alcune novità per gli affitti brevi. Queste, nelle intenzioni del ministro del Turismo proponente, rappresentano solo il primo di diversi step, il cui approdo finale è costituito dalla “regolamentazione degli affitti brevi” per mettere “ordine in un settore precedentemente caratterizzato da un vero e proprio far west”, con “l’obiettivo di tutelare chi fa impresa, proteggere la proprietà privata e far emergere il sommerso”.

Al di là delle espressioni adoperate, traspare dall’iniziativa governativa come la stessa recepisca innanzi tutto le “lamentele” di alcuni sindaci, secondo i quali bisognerebbe limitare la possibilità dei proprietari di concedere i loro immobili in locazione breve per 365 giorni all’anno. Tanto adducendo pretesa e presunta necessità di contrastare lo svuotamento dei centri storici, esigenze di impedire l’impennata dei prezzi per gi affitti di lunga durata a causa della contrazione dell’offerta dovuta al diverso impiego degli immobili e, persino, la necessità di porre rimedio ai disagi che subirebbero i condòmini di edifici con unità immobiliari impiegate in affitti brevi.

Esaminata da altra prospettiva, si desume come le misure di cui trattasi assecondino pure, e soprattutto, le pretese degli albergatori, i quali accusano di concorrenza sleale i fornitori di affitti brevi e le piattaforme di intermediazione e mirano a farli espellere dal mercato delle residenzialità. È bene sgombrare subito il campo e sottolineare che nessuna delle motivazioni prospettate, hinc et inde dai sindaci e dagli albergatori, può essere in alcun modo condivisa.

Intanto perché, contrariamente agli assunti dei primi, la limitazione degli affitti brevi non è stata e non è affatto causa della desertificazione dei centri storici, la quale, come è confermato dai dati statistici, preesiste al fenomeno. Essa inoltre sembra essere piuttosto la risultante delle preferenze urbanistiche degli stessi amministratori pubblici, i quali attraverso la zonizzazione dei territori hanno orientato le scelte individuali e impedito così la costruzione di immobili sufficienti per soddisfare la domanda dei consumatori (famiglie e operatori economici).

Altre limitazioni derivano dalle norme edilizie, che impongono l’obbligo ai proprietari di utilizzare i loro beni esclusivamente nel perimetro della destinazione d’uso impressa agli immobili e rendono difficoltosa, sino a scoraggiarla, qualsiasi variazione: è richiesta, infatti, una procedura complessa, costosa e articolata. 

Vi è poi la morsa del regime vincolistico che comprime i rapporti locativi e da tempo immemorabile ingessa il mercato, cui si aggiunge l’altrettanto distorsiva e penalizzante tassazione sugli immobili, che erode la loro redditività e obbliga spesso i proprietari ad attingere ai propri risparmi per far fronte alle pretese del fisco.

Quanto alle esigenze dei proprietari condòmini diversi da quelli che forniscono residenzialità a breve termine, è appena sufficiente evidenziare che si tratterebbe semmai di una vicenda nella quale lo Stato non deve affatto intromettersi.

Opporre o meno un divieto dovrebbe infatti rientrare nelle scelte del condominio e vieppiù nelle previsioni del relativo regolamento, qualora lo stesso Stato non ritenga di porre un analogo divieto anche per alberghi, motel e strutture similari, che espletano lo stesso servizio in concorrenza con gli altri fornitori.

Le considerazioni di cui sopra possono valere e valgono anche confutare che gli impieghi transitori in argomento abbiano causato la contrazione dell’offerta di unità immobiliari per affitti di lunga durata e determinato l’impennata dei relativi prezzi. Del resto, se tutto ciò fosse realmente prodotto dall’utilizzazione degli immobili con affitti brevi, basterebbe vietarli completamente, comprendendo però nel divieto anche quelli praticati dagli hotel, che potrebbero essere convertiti in appartamenti o condomini e contribuire così all’ampliamento dell’offerta di locazioni a lungo termine!

Né, come già accennato, possono essere condivise le pretese degli albergatori. Anzi, è preoccupante che gli stessi abbiamo pensato di fare pressioni sulla politica per cercare di estromettere la concorrenza dal mercato, piuttosto che utilizzare, come avrebbero dovuto fare, la molla dei nuovi concorrenti (b&b e simili) per innovare, aggiornando il proprio modello di business, che è rimasto ancorato al tempo in cui era l’unica possibilità. Vi è da considerare, infatti, che la diffusione della tipologia locatizia breve si è diffusa ed è diventata popolare perché ha rotto la routine nel sistema della residenzialità temporanea e introdotto innovazioni, che hanno svolto un ruolo centrale nel processo di crescita economica, ha soddisfatto una domanda e ha colmato un bisogno prima inappagato. Soprattutto degli utilizzatori/consumatori desiderosi di spendere meno per soggiornare in qualsiasi località, in quelle più ricercate, in spazi più grandi, con maggiori servizi, come cucine e lavanderia, in possesso magari di un budget limitato o composti da famiglie numerose ovvero da gruppi.

In presenza di ciò, un approccio politico e legislativo sensato sarebbe quello di promuovere quanta più concorrenza possibile, anche deregolamentando il settore alberghiero e livellando il campo di gioco per consentire una concorrenza leale tra le parti in competizione. In tal caso la decisione sarebbe rimessa al mercato, nel senso che le strutture che praticano la tipologia locatizia breve “gareggerebbero” con le proprie forze e nei limiti delle loro possibilità e opererebbero liberamente al pari di quelle alberghiere o delle altre che assicurano in diverso modo la residenzialità.

La concorrenza tra di loro, che richiede libertà di ricerca e frontiere aperte ed è un procedimento per scoprire chi sa far meglio, determinerebbe chi sarebbe destinato a prevalere.

Il processo concorrenziale nel mercato ‒ come insegnato in particolar modo da Friedrich A. von Hayek che non bisogna mai dimenticare ‒ è il motore dello sviluppo umano in quanto diffusore di conoscenza ed incubatore di innovazione, assume il ruolo classico, già delineato da Adam Smith, di stimolo per gli individui a industriarsi per offrire prodotti e servizi di qualità sempre migliore e ad un prezzo competitivo.

Notazione finale.

Non serve un master in economia per capire che le norme limitative degli affitti brevi riducano, e di gran lunga, le opzioni a favore dei turisti, facendo aumentare i prezzi e avvantaggiando gli alberghi. Tuttavia, poiché la maggior parte di loro, soprattutto quelli con redditi medio-bassi, è sensibile al prezzo, assisteremo molto probabilmente a un calo delle loro presenze. Il che – ed è davvero paradossale – si pone in palese conflitto con la politica del turismo del ministro preposto, che dichiara invece di volerlo promuovere.


di Sandro Scoppa