Mercati in tempi di guerra

venerdì 12 gennaio 2024


Nel corso dell’ultimo anno, importanti eventi geopolitici hanno segnato profondamente la scena mondiale: l’inasprirsi di una guerra alle porte dell’Europa, nuovi conflitti nel Medio Oriente, crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina e notevoli interruzioni nelle zone chiave per il trasporto di merci e persone a livello internazionale sono stati argomenti di accesi dibattiti e diffuse preoccupazioni. Nonostante tali motivi di allarme, tuttavia, molti indici azionari globali hanno smentito le previsioni più pessimistiche registrando risultati inattesi, ponendo interrogativi sul reale rapporto tra accadimenti politici ed effetti economici. Sotto il punto di vista finanziario, infatti, il 2023 si è rivelato un anno di sorprese. L’S&P 500, il primo indice azionario statunitense, ha registrato un aumento di quasi il 16 per cento dai minimi di fine ottobre. Allo stesso modo, il Nasdaq e il Dow Jones Industrial Average sono cresciuti, rispettivamente, del 19 e del 16 per cento. Questa tendenza positiva dei mercati finanziari non si limita agli Stati Uniti. A livello globale, vari indici mostrano guadagni significativi.

Il principale indice giapponese, che include alcune delle aziende più influenti del Paese asiatico, è cresciuto del 15 per cento, mentre in Germania l’indice che aggrega le maggiori società tedesche ha segnato un incremento del 19 per cento e il suo equivalente in Brasile ha registrato un aumento del 21 per cento. Persino il mercato azionario israeliano ha conseguito una crescita del 28 per cento tra la fine di ottobre e il termine di dicembre, posizionandosi tra i mercati più performanti. Questi dati potrebbero indurre investitori e commentatori a sottovalutare l’impatto degli eventi mondiali sull’andamento dei mercati, ma la realtà è più complessa: la geopolitica pesa, e molto, sulle economie globali in vari modi. Ad esempio, i conflitti hanno portato all’aumento della spesa globale per la difesa e all’espansione dei deficit di bilancio nazionali. Le tensioni politiche, inoltre, possono causare vulnerabilità nelle catene di approvvigionamento, contribuendo all’inflazione, e l’aumento dei flussi migratori a causa dei conflitti può avere un impatto rilevante sulla società e sul mercato del lavoro. Un esempio concreto di legame tra politica ed economia può essere individuato nell’attuale situazione in cui versa l’area del Mar Rosso, importante via di trasporto marittimo.

I conflitti nella regione hanno portato ad attacchi con missili e droni da parte dei ribelli Houthi, influenzando il traffico navale in un tratto d’acqua che garantiva il passaggio di almeno il 10 per cento delle spedizioni mondiali. Di conseguenza, le navi si sono trovate a dover deviare la loro rotta, allungando i tempi di viaggio e facendo levitare del 20 per cento i relativi costi, dando origine a ripercussioni dirette sull’andamento dei prezzi. D’altra parte, in contesti di maggiore equilibrio geopolitico è possibile indirizzare le risorse pubbliche verso priorità interne, promuovendo la crescita economica e agevolando un miglior controllo dei conti pubblici. Negli anni passati, infatti, la riduzione della spesa militare ha avuto effetti economici positivi, in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone. La complessa relazione tra eventi geopolitici e mercati finanziari richiede un’attenzione particolare nel valutare i tradizionali indicatori economici, come la crescita degli utili o il variare dei tassi di interesse, in quanto tali valori possono rivelarsi insufficienti per descrivere il reale stato dell’economia quando sono presenti fattori critici particolarmente pronunciati.


di Riccardo Cantadori