Costruzioni, l’Ance: è necessario un incontro con il Governo

venerdì 10 novembre 2023


La Corte dei Conti ha in modo formale fatto presente due chiare osservazioni:

1) non siamo in ritardo solo sull’impiego delle risorse del Pnrr ma anche su quelle del Fondo complementare ed abbiamo tempo, grazie ad una deroga, fino a fine anno per spendere effettivamente quelle del Fondo coesione e sviluppo 2014/2020. Non è un problema di regole europee, più o memo stringenti, bensì siamo noi a non riuscire ad aprire i cantieri;

2) anche sulle riforme siamo in ritardo, infatti abbiamo chiesto all’Europa una rimodulazione sui tempi della giustizia civile, sui tempi di pagamento della Pubblica amministrazione, sulla concorrenza, sugli alloggi universitari, sulla digitalizzazione degli appalti, sul recupero della evasione fiscale, sulla piccola edilizia ospedaliera.

Aggiungo a queste due osservazioni che, se tornassero in vigore le regole del vecchio Patto di stabilità, dovremmo ridurre il debito in eccesso di una percentuale tale da imporre un versamento annuale nella Legge di Stabilità di circa 50 miliardi di euro. Negli ultimi 2 anni il mondo delle costruzioni è risultato decisivo nell’aumento del Pil, il settore delle costruzioni, tra tutte le branche economiche, è quello che ha la maggiore interdipendenza, con gli altri settori produttivi, acquistando beni e servizi dall’88 per cento dei settori economici. L’edilizia, quindi, è il vero motore della crescita. Ho fatto questa premessa perché non vorrei che gli attacchi fatti al Bonus 110 per cento creassero un immediato blocco a tutte le iniziative mirate a fare uscire da una grave crisi un comparto che aveva raggiunto una partecipazione alla formazione del Pil pari al 25 per cento; una percentuale che fino al 2014 era diventata quasi fissa. Poi c’è stato, per quasi dieci anni, un susseguirsi di Governi che praticamente hanno prodotto una delle più gravi crisi dell’intero comparto.

E non possiamo neppure dimenticare che nel 2008 e nel 2009 la grave crisi e l’impennata dei costi delle materie prime (ferro e cemento) vide subito un intervento del Governo mirato a ridimensionare il danno ricevuto dall’intero comparto. Ebbene, ora nasce spontaneo un interrogativo: può questo comparto chiave della crescita o della decrescita del Paese non essere attore determinante delle strategie pianificatorie? La domanda è pleonastica, purtroppo però i dieci anni di sottovalutazione del suo ruolo prima ricordati ci devono preoccupare tantissimo. Pertanto la presidente dell’Ance Margherita Brancaccio dovrebbe chiedere e, forse, proporre al Governo un quadro di medio e, addirittura, di lungo periodo. Il Pnrr, il Pnc, i programmi del Fondo di coesione e sviluppo rispondono ad un quadro temporale di breve periodo e vivono, tra l’altro, una grande negatività: non siamo neppure in grado di attuarli. Ed allora sarebbe opportuno che mentre si combatte per un presente difficile, l’Ance istituisse un nucleo interno che disegnasse un futuro capace di reinventare, davvero, un Paese che oggi continua a realizzare programmi che, disegnati nel 2002 grazie alla Legge Obiettivo, rischiano una volta completati di essere vecchi perché nell’ultimo decennio il loro fisiologico avanzamento si è praticamente fermato. E quindi quando saranno finiti i vari piani e i vari programmi di breve periodo scopriremo che il Paese avrà bisogno di:

1) una misurabile tranquillità e autonomia energetica;

2) una logistica simile a quella di altri Paesi del pianeta (non solo di quelli della Unione europea ma dell’India, della Cina, di Singapore);

3) una diffusa intelligenza digitale;

4) una convinta e concreta sistematicità manutentiva non solo delle reti e dei nodi esistenti (strade, ferrovie, porti, aeroporti e interporti) ma di ciò che chiamiamo assetto idrogeologico.

E un simile piano non potrà certamente essere attuato con la logica dei codici, sì anche di quello varato lo scorso primo luglio; sembra già oggi ridicolo e strano parlare ancora di “bandi di gara”, di “appalti” ma dovremo necessariamente abituarci a parlare di:

1) Nuove logiche concessorie;

2) nuovi, soprattutto metodologicamente, project financing;

3) un sistema “privato” intelligente e propositivo;

4) strumenti come il “canone di disponibilità”;

5) una misurabile e convinta apertura al partenariato pubblico privato.

Lo so l’Ance criticherà questa mia gratuita masturbazione mentale ma avendo grande stima ed apprezzamento per questa Associazione penso che possa, pur all’interno di un mondo confindustriale davvero mediocre, essere un riferimento chiave per la crescita del Paese. L’Ance sa bene che questa esigenza di lungimiranza trova oggi un brodo positivo nella presenza di un Governo di Legislatura (non succedeva dal Governo Craxi cioè da quasi quaranta anni) e quindi una proposta di medio e lungo periodo può davvero essere impostata e forse anche attivata concretamente. Occorre però che la presidente Brancaccio lo chieda subito al Governo perché, a mio avviso, è già tardi ed abbiamo, peccato, perso un anno.

(*) Tratto da Le Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)