Il ruolo della Cina nella transizione energetica

lunedì 9 ottobre 2023


La transizione allenergia pulita è un obiettivo largamente condiviso su scala globale, come dimostrano l’ampia adesione allAccordo di Parigi e limpegno della Commissione europea a rendere lUnione la prima grande area geografica a emissioni zero entro il 2050. Questi propositi sono tanto ambiziosi quanto fondamentali per affrontare le sfide climatiche in essere. Tuttavia, queste si scontrano con questioni economichegeopolitiche, la cui risoluzione appare ancora lontana. Nel maggio 2021, lAgenzia internazionale dellenergia (Aia) ha pubblicato un rapporto intitolato The role of critical minerals in clean energy transitions (Il ruolo dei minerali critici nella transizione allenergia pulita) nel quale si evidenzia il ruolo dellestrazione e della lavorazione di materie prime per costruire batterie, impianti eolici e fotovoltaici in grado di soddisfare lattuale fabbisogno energetico. Lo studio riporta che per raggiungere gli obiettivi stabiliti dallAccordo di Parigi, le risorse minerarie impiegate nella produzione di energia pulita dovranno quadruplicare entro il 2040. La costruzione di impianti solari fotovoltaici, parchi eolici e veicoli elettrici, infatti, richiede più minerali rispetto alle loro controparti basate sui combustibili fossili.

La Us Geological Survey (Usgs), agenzia governativa statunitense, ha elencato 50 minerali critici” definiti come essenziali “nella produzione di un prodotto la cui assenza avrebbe conseguenze significative per l’economia o la sicurezza” e che “hanno una catena di approvvigionamento vulnerabile alle interruzioni”. Parte di tali materie prime ricopre un ruolo determinante anche nella transizione energetica. Fino a un decennio fa, la globalizzazione sembrava una tendenza naturale e gli ostacoli apparivano temporanei e facilmente sormontabili. Di conseguenza, le questioni relative alla fornitura di beni erano prevalentemente di genere economico e si riferivano al prezzo di una determinata merce e allefficienza del suo trasporto. Le crescenti tensioni commerciali e politiche tra Cina e Stati Uniti, la pandemia da Covid-19 e la guerra tra Russia e Ucraina hanno contribuito a introdurre variabili di natura geopolitica. Oggi, nelle riflessioni sulle catene di fornitura globali rientrano interrogativi quali: da dove provengono le merci? Quanto sono importanti per leconomia e la sicurezza nazionale? il loro approvvigionamento può resistere a shock di natura politica? Negli ultimi cinque anni, il mercato mondiale dei minerali critici è raddoppiato, raggiungendo i 320 miliardi di dollari, e si prevede che raddoppierà nuovamente entro la fine del decennio. La crescita futura sarà guidata principalmente dal maggiore impiego di energia pulita. Le batterie per le autovetture elettriche, ad esempio, richiedono in media 200 chili di minerali critici per veicolo: circa sei volte la quantità necessaria per un’auto tradizionale.

La Cina ha una lunga tradizione come Paese estrattore e raffinatore di materie prime essenziali nella produzione di beni di consumo. Le attività di estrazione di terre rare in suolo cinese sono iniziate negli anni Cinquanta nel distretto minerario di Bayan Obo, nella città-prefettura di Baotou, al confine con la Mongolia. Successivamente, le terre rare sono state trovate in 21 province e regioni autonome cinesi. Tramite investimenti e politiche industriali supportate da manodopera economica e normative ambientali e del lavoro più permissive rispetto a quelle di molti altri Paesi, la Cina ha raggiunto un vantaggio competitivo sia nellestrazione, sia nella lavorazione di tali risorse. Nel 1992, Deng Xiaoping, il leader cinese responsabile dell’avvio della riforma economica e dell’apertura del Paese al mercato occidentale, ha dichiarato che se “il Medio Oriente ha il petrolio, la Cina ha le terre rare”. Nellultimo decennio e mezzo, il commercio di materie prime è stato più volte utilizzato come strumento per implementare strategie politiche. Nel 2010, Pechino ha bloccato le esportazioni di terre rare verso Tokyo a seguito di una disputa con il Giappone relativa alle isole Senkaku. Nel 2020, ha ridotto le esportazioni di grafite in Svezia e, dopo i maggiori controlli introdotti nell’ottobre 2022 dagli Stati Uniti sulla vendita in Cina di prodotti informatici avanzati e di semiconduttori, nell’estate del 2023 il presidente cinese Xi Jinping ha annunciato restrizioni al commercio di gallio e germanio verso gli Usa.

La Cina non è l’unico Paese ad avere adottato politiche protezionistiche su minerali critici. Lo Zimbabwe ha vietato l’esportazione di litio per incentivare la lavorazione locale e Gabriel Boric, presidente del Cile, ha mosso i primi passi verso la nazionalizzazione dell’industria dello stesso minerale nel suo Paese, che costituisce un quarto delle riserve mondiali. Anche lIndonesia, che ospita un quinto delle riserve globali di nichel, sta progressivamente limitando la sua esportazione, mentre il loro secondo maggior fornitore mondiale, le Filippine, potrebbe presto tassare le esportazioni di nichel per sostenere l’industria nazionale. Negli Stati Uniti, prima il repubblicano Donald Trump e poi il democratico Joe Biden hanno evidenziato l’importanza strategica di una maggiore indipendenza, soprattutto dalla Cina, nel rifornimento di minerali critici. Anche la Commissione europea ha delineato una strategia che si muove in questa direzione. I tempi richiesti, tuttavia, potrebbero non coincidere con quelli fissati per raggiungere gli obiettivi in termini di transizione energetica stabiliti dall’Accordo di Parigi e dall’Unione europea, soprattutto in caso di peggioramento negli equilibri geopolitici.


di Riccardo Cantadori