Anello ferroviario di Roma: solo illusioni

giovedì 5 ottobre 2023


All’inizio di questo anno, non ricordo se nel mese di gennaio o di febbraio, tutti abbiamo potuto leggere un comunicato stampa del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri che, a valle di un incontro formale con le Ferrovie dello Stato e alla luce degli interventi previsti per il Giubileo e per l’Expo 2030, erano stati definiti i lavori relativi all’anello ferroviario ed erano state contestualmente garantite le risorse.

Il giorno dopo tale comunicazione ufficiale, penso che lo ricorderete, precisai che tale notizia era purtroppo indifendibile, perché il completamento dell’anello ferroviario, nella sua interezza, non poteva godere delle risorse del Pnrr, in quanto il cronoprogramma dell’intera opera prevedeva il completamento non prima del 2029-2030. Precisai anche che non poteva essere inserito, anche solo un primo lotto, nell’elenco delle opere del Giubileo in quanto queste dovevano essere pronte per la fine del 2024, cioè praticamente domani.

Sempre in quella occasione, Gualtieri parlò del rilevante volano di risorse che – tra il Pnrr, il Piano per il Giubileo e quelle previste per l’Expo 2030 – stava arrivando a Roma e anticipò addirittura una disponibilità di risorse, entro il 2024, superiore a 4 miliardi di euro; io precisai che la cifra possibile non superava i 500 milioni di euro e che l’opera che aveva una possibilità di partire davvero era quella relativa alla sistemazione di Piazza Pia ai confini con via della Conciliazione.

Ora io posso capire la corsa agli annunci e all’innamoramento delle conferenze stampe, cioè posso capire il presenzialismo della ex sindaca Virginia Raggi, cioè di una sindaca esponente di uno schieramento che proprio sull’annuncio e sulla promessa, anche del nulla, aveva impostato il suo mandato e il suo ruolo di fascia tricolore della città. Ma un ex presidente della Commissione per i Problemi economici e monetari del Parlamento europeo e un ex ministro dell’Economia e delle Finanze come Gualtieri non può assolutamente commettere simili errori di percorso. E, al tempo stesso, non hanno senso dichiarazioni quali quelle del presidente della Commissione speciale del Comune di Roma per il Pnrr, Giovanni Caudo (“la scelta di togliere questa risorse conferma l’avversione di questo Governo verso Roma”) o dell’assessore alla Mobilità, sempre del Comune di Roma, Eugenio Patanè (“definanziare una delle opere più importanti per la mobilità di Roma è un danno enorme”). Sono parole prive di senso, perché tutti sapevano all’inizio di questo anno che per l’anello ferroviario si sarebbe dovuto ricorrere al bilancio ordinario dello Stato e avremmo dovuto aspettare almeno quattro anni per vederlo finalmente funzionante.

Però consentitemi un’informazione aggiuntiva: io nel 1988 ero un dirigente del Ministero dei Trasporti e partecipai alla Conferenza dei servizi per l’apertura della stazione di Vigna Clara, opera ritenuta essenziale per il buon funzionamento della mobilità in occasione dei Mondiali di Calcio del 1990; la Conferenza approvò il progetto e, dopo due anni, insieme ad altri otto colleghi fummo incriminati per aver approvato in Conferenza dei servizi un’opera che aveva funzionato solo in occasione dell’evento. Dopo due anni fummo tutti assolti, perché la decisione di realizzare la stazione di Vigna Clara era stata una scelta istituzionale. Ed era legata a un evento che, per motivi di sicurezza, richiedeva tale impianto.

Ho voluto rammentare questo episodio perché ci ricorda qualcosa che la Capitale del Paese sta inseguendo da 34 anni e – cosa davvero preoccupante e al tempo stesso incomprensibile – che gli amministratori comunali, regionali e i ministri della Repubblica succeduti in questi 34 anni hanno posto nei loro programmi come obiettivo chiave per la fluidità dei trasporti della Città eterna: la chiusura dell’anello ferroviario. Cosa ancora più preoccupante hanno sottoscritto (io li ho contati tutti) 38 protocolli di intesa sulla realizzazione dell’anello. Mi chiedo e nel rivolgere questo interrogativo faccio anche una autocritica: è un’opera difficile? È un’opera costosa? È un’opera davvero essenziale per la Capitale?

Le risposte sono immediate: è un’opera non facile e costosa ma regalerebbe a Roma un impianto infrastrutturale determinante, capace di dare un contributo misurabile sul contenimento dei costi da congestione che la città vive da sempre, un costo stimato nel 2020 (prima del Covid) pari ad oltre 1,8 miliardi di euro; Roma in realtà disporrebbe di quattro reti metropolitane (Linea A, Linea B, Linea C e Anello ferroviario) e finalmente diventerebbe simile alle grandi capitali del pianeta.

Allora impegniamoci a non sottoscrivere mai più protocolli di intesa, a non rilasciare più comunicati stampa ottimistici ma convinciamo il Governo a inserire nella redigenda legge di Stabilità, sì quella del 2024, un semplice articolo:

– per la realizzazione integrale dell’anello ferroviario della città di Roma sono assegnate a partire dal 2024 risorse pari globalmente a 2,1 miliardi di euro, con la seguente copertura annuale. Cioè, 2024: 200 milioni di euro; 2025: 600 milioni di euro; 2026: 600 milioni di euro; 2027: 700 milioni di euro.

Molti osserveranno che l’importo di 2,1 miliardi di euro è elevato. Ebbene, ricordo – a coloro che formuleranno una simile critica – che l’opera coinvolge direttamente e indirettamente tante altre opere e, se non è partito mai nulla, è proprio perché si è sempre inseguita la logica dei lotti, la logica della disorganicità. Quando per un’opera essenziale si ricorre a un approccio non organico, illudendosi che le risorse si troveranno in futuro, si ottiene un tragico risultato: ci si illude e basta. L’illusione ha danneggiato da sempre la crescita, e l’evoluzione, della nostra Capitale.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)