martedì 1 agosto 2023
Ce l’ha fatta Christine Lagarde a mandare in recessione anche l’Italia, nel secondo trimestre del 2023. La contrazione del Prodotto interno lordo dello 0,3 è essenzialmente dovuta alla politica monetaria oltre misura restrittiva della Banca centrale europea che ha alzato i tassi d’interesse di riferimento per ben 9 volte in un anno. Non ci sono precedenti storici di un intervento così forte in un lasso di tempo talmente breve. Con l’ultimo rialzo, deciso “all’unanimità” dal Consiglio direttivo della Bce, si è passati in dodici mesi dallo 0,5 per cento del 27 luglio 2022 al 4,25 di oggi, ben 375 punti base in più. L’obiettivo, previsto dallo statuto della Bce, è quella di riportare l’inflazione entro il 2 per cento. Le modalità di rientro adottate sono opinabili. Il dubbio è se attraverso una siffatta politica si possa raggiungere il risultato sperato o se la stessa possa comportare dei danni all’economia ancora più gravi di un’inflazione europea che è prevalentemente causata da effetti esogeni.
I dati ufficiali dell’Istat indicavano una crescita dei prezzi a fine giugno 2022 dell’8 per cento. Le stime preliminari calcolate dall’Istituto centrale di statistica al 31 luglio 2023 stimano un’inflazione al 6 per cento, in discesa dello 0,4 per cento rispetto al mese di giugno. In sostanza, l’aumento di 375 punti base avrebbe, in teoria, contribuito a ridurre la perdita di potere d’acquisto della moneta solo del 2 per cento. La riduzione della crescita dei prezzi è stata, quindi, meno che direttamente proporzionale all’aumento del costo dei finanziamenti che hanno come parametro di riferimento i tassi ufficiali della Bce. Si ritiene che gli effetti della manovra sui tassi avrà effetti differiti sull’inflazione. Una cosa è certa: ha causato una crescita negativa nel secondo trimestre. La domanda che molti si fanno, sulla base dei dati oggettivi, è se realmente la feroce politica restrittiva sui tassi stia sortendo gli effetti sperati?
È un dato incontrovertibile che l’inflazione negli Stati Uniti sia stata causata dalla ininterrotta crescita dell’economia e dall’incremento dell’occupazione che ha surriscaldato l’economia e accelerato la crescita dei salari e degli stipendi per l’aumento della domanda di forza lavoro. In Europa, l’inflazione è stata generata da fattori esogeni quali: l’incremento dei prezzi delle materie prime e l’impennata delle quotazioni del gas naturale e del petrolio a seguito dell’invasione della Federazione Russa in Ucraina e delle sanzioni adottate contro il regime di Vladimir Putin.
Per paradosso, la politica monetaria della Bce, invece di ridurre l’inflazione, ha contribuito alla crescita dei prezzi al consumo, attraverso l’aumento del costo dei finanziamenti per le imprese. Le aziende, per mantenere i propri margini operativi, hanno aumento i loro listino dei prezzi di vendita all’ingrosso e, in conseguenza, è aumentato il carrello della spesa dei consumatori finali. Un’altra ipotesi plausibile della stretta creditizia della Bce è stata quella di seguire la Federal Reserve per pilotare una recessione economica finalizzata a contrastare un’inflazione che gli è sfuggita di mano. Parrebbe che, secondo sondaggi effettuati in Germania, i tedeschi preferiscano una recessione a un’inflazione alta. La Bce è la banca centrale dei Paesi aderenti alla moneta unica o al servizio dei desiderata della Germania? “A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina”.
di Antonio Giuseppe Di Natale