L’ipocrita allarme della Bce sulla stretta creditizia

giovedì 27 luglio 2023


La Banca centrale europea ha diramato il report sul credito nei Paesi che adottano l’euro come moneta di conto: “Prestiti, domande ai minimi”. La domanda di credito al sistema bancario nel secondo trimestre del 2023 nell’area dell’euro si è ridotta, riportando i volumi degli impieghi di finanziamenti alle imprese e alle famiglie al 2003.

La “nota positiva” è che nel secondo trimestre del 2023 la riduzione dei finanziamenti si è ridotta meno del primo trimestre. Gli istituti di credito sono il veicolo che viene utilizzato dalle Banche centrali per l’attuazione delle loro politiche monetarie. Nel gergo tecnico “le banche svolgono la funzione di trasmissione degli impulsi di politica monetaria”. Gli interventi delle Banche centrali, con le manovre sui tassi d’interesse, hanno lo scopo di regolare la massa monetaria in circolazione, attuando politiche espansive o restrittive a seconda della situazione economica e dell’andamento dell’inflazione.

Nei periodi di stagnazione o di recessione, l’istituto di emissione della moneta legale, per stimolare la propensione agli investimenti delle imprese e dei consumi di beni durevoli per le famiglie, attua politiche espansive attraverso la riduzione dei tassi d’interesse di riferimento. La bassa incidenza del costo dei finanziamenti stimola gli investimenti delle imprese e i consumi delle famiglie e innesca quel circuito virtuoso che fa crescere l’economia. Se invece l’attività economia è “surriscaldata”, e quindi genera la crescita dell’inflazione, le Banche centrali alzano i tassi d’interesse e, di conseguenza, si riduce la propensione delle imprese a investire e delle famiglie a consumare. Pertanto, la stretta creditizia riduce la domanda. Quindi si raffreddano l’economia e la stessa inflazione.

Le politiche creditizie negli Stati Uniti, dopo la crisi generata dai mutui subprime e il fallimento della Lehman Brothers, sono state per un lunghissimo tempo espansive, anche perché l’inflazione per un lungo periodo è stata bassissima. I tassi di riferimento prossimi allo zero della Federal Reserve hanno consentito all’economia americana di superare la crisi finanziaria del 2008, innescando una crescita economica che si è protratta senza soluzione di continuità fino a oggi. La Bce, a trazione Bundesbank tedesca, ha attuato nel medesimo periodo una politica monetaria più prudente, che ha determinato una crescita economica media dell’Eurozona da prefisso telefonico. La crisi del debito sovrano dei cosiddetti Paesi Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) aveva messo in crisi la stessa esistenza dell’euro, con l’avvento alla presidenza della Bce di Mario Draghi che, con la famosa frase “whatever it takes” cambiò radicalmente la politica monetaria con il “Quantitative easing”, ovvero l’acquisto massiccio di titoli di Stato che allentarono le tensioni finanziarie e salvato la moneta unica.

La crescita delle materie prime e l’esplosione dei prezzi dell’energia prodotta dalle fonti fossili – causata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa – innescò la crescita “dell’inflazione importata”. Gli Usa, per contenere la pressione inflazionistica da eccesso di domanda (surriscaldamento dell’economia), iniziarono ad aumentare i tassi di interesse della Federal Reserve dallo zero virgola, fino ad arrivare a tassi di riferimento del 5-5,25 per cento. Ed è probabile un ulteriore incremento di un altro 0,25.

La crescita dell’inflazione in Europa non è stata provocata come negli Usa dalla crescita dell’economia, ma è stata generata dall’incremento dei prezzi delle materie prime e del costo dell’energia. La Bce, seguendo pedissequamente la Federal Reserve, ha aumentato i tassi di riferimento con una rapidità senza precedenti, passando da tassi d’interesse negativi agli attuali 4,00-4,25 per cento con una impennata di 400 punti base. È molto probabile che anche la Bce continuerà ad aumentare il costo dei finanziamenti dello 0,25 per cento.

Christine Lagarde con la sua politica monetaria fortemente restrittiva è riuscita a: causare un devastante credit crunch (ovvero la stretta creditizia) e mantenere alta l’inflazione, provocando la quasi certa recessione economica nell’area dell’euro per la contrazione della domanda di consumi e investimenti. Nelle condizioni date, l’obiettivo di riduzione dell’inflazione al 2 per cento sarà raggiunto massacrando l’economia grazie alla Bce!


di Antonio Giuseppe Di Natale