Una politica monetaria autistica: stop al rialzo dei tassi

lunedì 10 luglio 2023


Emissione dei Btp Gold Standard

Stiamo assistendo a una confusa e contradditoria manovra di politica monetaria incapace di uscire dalla trappola dell’aumento dei tassi per ridurre l’inflazione seguendo un modello culturale che è la causa del dissesto finanziario di un’economia e di una finanza erroneamente considerate razionali. Eppure è del tutto evidente che non esiste alcuna formulazione matematica razionale che consente di affermare che a una crescita dei tassi di interesse l’inflazione diminuisce in proporzione, si va per tentativi e per aspettative che non sono però certezze. È giunta l’ora di capire che né l’economia né la finanza sono scienze esatte. Nonostante ciò si continua a perseguire un modello di finanza e di economia fuori dal loro campo naturale. I mercati finanziari non sono razionali, lo vediamo ogni giorno e non è vero, come sosteneva Robert Lucas nel 1994 che non sbagliamo mai nell’allocazione delle ricchezze: è falso, ma continuiamo a crederlo giocando sulla nostra pelle.

Il perseguire la politica di alti tassi di interesse genera costi superiori alla possibile riduzione dell’inflazione; i maggiori interessi gravano sulle imprese che cercano di recuperarli con più alti prezzi che hanno effetto sul rialzo dell’inflazione e che nelle aree merceologiche, con bassi margini, hanno effetto sulla redditività d’impresa portandole e punti di rottura e alla creazione di disoccupazione e di disuguaglianza. La Fed in primis, poi la Bce combattono l’inflazione combattendo l’occupazione e riducendo la produzione che crea una minore domanda e una più bassa crescita del Pil come si vede negli Usa, ma in misura inferiore in Europa, che ha una struttura economica più legata all’economia reale rispetto agli Stati Uniti, i quali avendo delocalizzato la produzione vivono sul terziario in crisi e danneggiano la crescita del Pil spingendo il sistema verso la recessione. È questo il prezzo da pagare per ridurre l’inflazione? Certamente no, ma senza uno spirito di autocritica e di creatività si finisce nel baratro.

Proviamo a ricostruire il processo degenerativo dell’esplosione della massa monetaria. L’economia statunitense, in minore misura quella europea per i motivi sopra indicati, è stata salvata più volte negli ultimi decenni dal portare avanti la domanda abbassando i tassi di interesse e gli standard di prestito, in modo da potere mantenere alti i consumi basati sul debito. Ma inondare l’economia di liquidità a basso prezzo fa avanzare la domanda, ma alimenta le bolle speculative come abbiamo visto con Lehman Brothers, ma sembra che la storia non insegni mai nulla. Le bolle speculative fanno avanzare la domanda fino a quando la bolla non scoppia e tutte le bolle scoppiano, ma la realtà è che sta precipitando la domanda. L’altro effetto che ha generato l’inflazione è stato determinato dal blocco del Covid e dalle sanzioni russe, iraniane che hanno ridotto l’offerta generando un aumento dei prezzi e fatto saltare la catena degli approvvigionamenti. Certamente il rialzo dei tassi di interesse può essere un aiuto per le banche in difficoltà, ma mina il sistema economico che deve trovare un nuovo equilibrio tra costi e prezzi.

Infine, una finanza drogata fa infinite speculazioni sui prezzi delle materie prime allontanandone il valore reale dal prezzo manipolato. Sospendere le negoziazioni sulle materie prime o quanto meno regolarle sarebbe un grande aiuto a ridurre l’inflazione. Porre un limite alla finanza aiuta il risorgere di un’economia di mercato. L’altro effetto del rialzo dei tassi di interesse è l’aumento del costo del debito che spinge le emissioni a sostituire le vecchie in scadenza con nuove a tassi più alti che si scontrano con la minore crescita del Pil. Infatti, nel primo trimestre la crescita americana ha deluso le attese con un misero 1,1 per cento, con l’inflazione che cresce del 4,2 per cento e contro le aspettative di una crescita del 2 per cento. La spesa così corre più del Pil. L’Amministrazione Biden sta investendo circa 500 miliardi di dollari ogni singolo mese e questo difficilmente porterà a un bilancio in pareggio; lo scenario più probabile è che la spesa continuerà a salire insieme al deficit di bilancio. Ma fino a quanto può crescere prima di implodere?

Le manovre rivolte esclusivamente al rialzo dei tassi di interesse possono avere effetti sull’inflazione, ma con costi di gran lunga superiori a una politica di mercato che spinga l’economia reale per generare posti di lavoro, maggiori consumi e generare risparmio. Mettere uno stop alla crescita dei tassi di interesse può non ridurre l’inflazione, ma è il prezzo da pagare per un ritorno a una vera economia di mercato evitando fallimenti e debito. Infine, possiamo proporre una soluzione innovativa basata sulla possibilità di rendere appetibili i nostri Buoni del tesoro legando alcune emissioni particolari ad una percentuale di oro definita, potrebbe essere una quota del 20 per cento di buoni legati parzialmente all’oro, i “Btp Gold Standard”. Noi siamo tra i Paesi a maggiore deposito di oro, ma metà è nelle riserve interne e metà è depositato all’estero negli Usa presso la Fed; si potrebbe emettere così buoni del tesoro vincolati al 20 per cento all’oro depositato presso la Fed, come maggiore garanzia di solvibilità rispetto a quella in discussione del nostro Paese. I buoni del tesoro legati all’oro presso la Fed potrebbero godere di un rating simile alla tripla AAA ed essere collocati facilmente sul mercato finanziario e certamente più collocabili anche sul mercato interno e certamente avrebbero un effetto benefico sul rating complessivo del nostro debito.

Sono proposte, ma se non si scelgono vie creative e alternative rimaniamo sudditi sottomessi a una finanza di rapina che ci punisce indebitamente come possiamo vedere dal rating attribuitoci prossimo alla tripla BBB, pur avendo una struttura economica e finanziaria delle famiglie italiane di gran lunga migliore di quella degli Usa, in cui il debito familiare è al 100 per cento del Pil come è al 7 per cento del Pil il debito degli studenti. Ma come si spiega che gli Usa alle prese con un debito-monstre abbiano la tripla AAA e noi siamo all’opposto? Se proviamo a riflettere su queste questioni, forse qualche via di uscita dal caos imperante riusciamo a vederla.

(*) Professore emerito dell’Università Luigi Bocconi


di Fabrizio Pezzani (*)