E la chiamano speculazione

giovedì 6 luglio 2023


Quando sostituirono la moneta accadde, chi visse ricorderà, un evento epocale. Nello specifico, gli spiccioli non restarono spiccetti. Uno chiedeva il prezzo, novanta centesimi: novanta centesimi? Niente. I centesimi per essenzialità sono l’ombra monetaria dell’inesistente. Un inganno presbitopico.

Gli spiccioli non erano spiccetti. I produttori, i commercianti percepirono subito che le persone credevano spiccetti gli spiccioli. Poniamo, per esempio un euro di vettovaglie. Un euro! E che è mai “un” euro? Stiamo ancora all’ombra del niente monetario. E invece non fu ombra, ma dolente realtà. Le persone impoverirono in scarne settimane, ossia coloro che non potevano dosare i prezzi ma campavano di reddito fisso.

Oggi sperimentiamo il sollevamento dei prezzi. Oscure sono le ragioni, le nomino senza stabilire se ne esistano di efficienti: aumento dei costi energetici, guerra in Ucraina, troppo denaro immesso, tentativi autarchici, il mutamento al “verde”, la difficoltà commerciale con Russia e Cina, l’acquisto di armi. Elementi causanti, ma non come quello decisivo: la speculazione.

I prezzi vengono mutati con una disinvoltura incontrollata e talmente esasperata da rendere esplicita l’assenza di una relazione equilibrata, proporzionale a moventi riconoscibili. La sproporzione palesa l’inverosimiglianza. Accrescimenti del cento, duecento su cento, doppio, triplo. E non merce voluttuaria, anzi: beni del consumo diuturno. La combinatoria di questo fenomeno con l’aumento dei tassi comprime coloro che percepiscono il reddito fisso, dicevo, né valgono i contributi sostentativi, perché inadeguati rispetto all’inflazione e all’accrescimento dei tassi. Sono misure che accrescono il debito.

Potremmo volgere a diverse iniziative per saltare i labirinti? Non pare che l’accrescimento dei tassi freni o fermi l’inflazione. E, d’altro canto, paradossalmente elargire alcunché favorisce l’inflazione. Una assurdità. Ma è così. I prezzi sormontano le donazioni, le tengono d’occhio. Se ricevi di più, aumento i prezzi… sillogizza il venditore! Però, non aiutare impoverirebbe la domanda. Ciò potrebbe ridurre l’inflazione, impoverendo la società! È necessario, urgentissimo, venir fuori da questo ingorgo, dal quale non non svicoliamo. E il futuro si annera.

Se, poniamo, la Germania barcollerà, per l’Europa… non so che dire. Mi circoscrivo: si può stabilire un minimo controllo sugli accrescimenti dei prezzi? Lo chiedo per un ragionamento elementare: se qualcuno si illude di sanare l’inflazione aumentando salari, stipendi, pensioni, non coglie che l’inflazione è da speculazione o anche speculativa. Con un occhio di falco nel considerare se vi sia un aumento di salari, stipendi, pensioni, si sollevano subito i prezzi.

A parte il subbuglio generalizzato (costi delle imprese, bilancio dello Stato, competitività), l’inflazione non verrebbe dominata, tutt’altro. Allora? Niente, una proposta millesimale: vagliare la crescita dei prezzi. Anche per farne conoscenza. Talvolta, c’è da restare imbambolati. Un interrogativo: alla lunga crollerà la domanda? Si vuole questo? E perché? O lo si crede un passaggio obbligato, per dominare l’inflazione? Al momento, non vi sono risultati apprezzabili.

Precisazione: lo Stato dovrebbe intervenire in economia, quando non si tratta soltanto di economia. Ma di speculazione!


di Antonio Saccà