Si mette in dubbio il nuovo tunnel ferroviario Torino-Lione

martedì 4 luglio 2023


La decisione francese sul nuovo tunnel ferroviario ad alta velocità Torino-Lione è di riattivare i lavori solo dopo il 2043. I motivi di una simile decisione, erano legati essenzialmente all’elevato costo dell’opera. Ma siccome non c’è più al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli, né a Palazzo Chigi Giuseppe Conte, cioè due responsabili istituzionali della passata Legislatura che avevano creduto alle interpretazioni e alle motivazioni del professor Marco Ponti, penso che si debba evitare di credere alle considerazioni del Coi (Conseil d’Orientation des Infrastructures), cioè del Consiglio che ha lo scopo di suggerire al Governo la migliore distribuzione delle risorse. Questo organismo sostiene che sarebbe meglio sistemare subito la linea storica Digione-Modane, costo 670 milioni, e di rimandare al 2043, dieci anni dopo la data prevista di apertura del tunnel transfrontaliero di 57,5 chilometri del Moncenisio. Immediatamente i No Tav hanno dichiarato: “Con il rinvio dei lavori ipotizzato dalla Francia la Tav si schianta contro un muro”. In realtà questa volta è sorta in Francia una linea di pensiero analoga a quella che, come dicevo prima, era stata seguita dal nostro Paese nel biennio 2018-2020. Senza dubbio hanno, a mio avviso, giuocato anche un ruolo i rapporti esistenti oggi tra la Francia ed il nostro Paese; sicuramente non piace alla Francia di Emmanuel Macron che l’Italia della premier Giorgia Meloni realizzi un’opera così fondamentale per la crescita di uno dei corridoi chiave dell’Unione europea, di uno dei due cordoni ombelicali, insieme al Corridoio Helsinki-La Valletta, dell’intero assetto comunitario. In fondo se un Governo di destra in Italia dovesse funzionare, dovesse raggiungere risultati efficaci automaticamente aprirebbe le porte ad un futuro governativo per la Destra francese.

D’altra parte che il clima si avvii, giorno dopo giorno, verso un’elevata criticità lo testimonia una dichiarazione del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini che ha precisato: “Io non litigo con nessuno, ma noi stiamo mettendo i militari per fare la Tav e farci passare i treni, se i francesi dicono che vogliono prendersi qualche anno in più non va bene. La parola data va rispettata e mantenuta”. Immediatamente Clément Beaune, ministro dei Trasporti francese, ha dichiarato: “Il Governo francese non ha deciso nessun rinvio nel calendario relativo alla Tav Lione-Torino. Allo stato esiste solo un rapporto indipendente consegnato al Governo”; ma al ministro Salvini questi chiarimenti del suo collega francese non sono stati sufficienti ed ha ancora ribadito: “Al di là degli insulti, delle polemiche e delle provocazioni che registriamo con stupore, siamo preoccupati dalle titubanze francesi a proposito della Tav; da Parigi ci aspettiamo chiarezza, serietà e rispetto degli accordi; l’Italia è stata ed è di parola non possiamo accettare volta faccia”.

Ho voluto riportare questi scontri mediatici, queste precisazioni del ministro Salvini e queste ulteriori dichiarazioni completamente rassicuranti da parte del ministro francese perché sono convinto che oltre alla naturale esigenza della Francia di assistere ad un fallimento della esperienza della premier italiana al Governo, penso che questa strana bomba mediatica forse persegue altre finalità:

La Francia ha sempre chiesto all’Unione europea un maggiore coinvolgimento finanziario, per il Brennero l’Unione europea ha garantito risorse fino al 40 per cento e soprattutto ha erogato le risorse con una sistematicità e con una disponibilità davvero encomiabili. La Francia in più occasioni ha ritenuto non corretto questa differenza comportamentale.

La Francia forse intende accendere un altro fronte di contestazione per ridimensionare o spegnere le tensioni sociali che oggi come non mai stanno esplodendo in Francia.

Non possiamo neppure sottovalutare, come spesso è avvenuto in Italia durante la costruzione della rete ad alta velocità, l’azione dei No Tav e la loro diretta o indiretta presenza all’interno delle istituzioni francesi e italiane; la loro azione in fondo ha amplificato le finalità di uno studio prodotto da un organismo che forse sarebbe bene conoscere meglio. Per questo ho ritenuto utile riportare una elencazione sintetica delle finalità dell’organismo e della sua composizione:

Lo scopo del Consiglio di orientamento alle infrastrutture (Coi) è quello di informare il Governo sulle politiche di investimento nella mobilità e nei trasporti, includendo, ove necessario, attrezzature e servizi relativi alle reti di approvvigionamento energetico alternativo ai combustibili fossili e il supporto allo scambio di dati, tenendo conto dei loro specifici modelli economici e modalità di finanziamento. In particolare, è responsabile dell’elaborazione di proposte sugli orientamenti e le priorità degli investimenti pubblici e del loro finanziamento.

Secondo il decreto del 30 dicembre 2020 relativo al Consiglio di orientamento alle infrastrutture, quest’ultimo è competente per:

Presentare al Governo, su sua richiesta, una relazione orientativa che chiarisca l’azione pubblica nella mobilità e nei trasporti nonché sulla programmazione nazionale degli investimenti in tali aree;

Rispondere ad ogni altra richiesta prevista dalla legge o emessa dal Governo in materia di strategia, programmazione e finanziamento degli investimenti in materia di mobilità e trasporti. 

Il Consiglio direttivo è composto da 17 membri:

3 deputati;

3 senatori;

un presidente nominato dal ministro incaricato dei trasporti;

il presidente dell’Agenzia francese per il finanziamento delle infrastrutture di trasporto;

3 rappresentanti eletti locali in rappresentanza delle regioni, dei dipartimenti e delle città designati rispettivamente dalle Regioni della Francia, dall’Associazione dei Dipartimenti della Francia e dalla France Urbaine;

6 personalità nominate per le competenze in materia di trasporti e mobilità, valutazione economica, pianificazione territoriale, ambiente e finanza pubblica.

Non voglio mettere in dubbio la importanza e la rilevanza di tale organismo, né posso sottovalutare le possibili indicazioni che tale organismo produce per il Governo, non credo però che possa incrinare minimamente scelte e accordi che superano le interpretazioni e le altalene concettuali. Non possiamo dimenticare che questa scelta è stata approvata con un accordo bilaterale approvato con un apposito strumento legislativo e quando gli esperti, come l’ingegner Francesco Ramella, il professor Marco Ponti, ed il presidente del Consiglio Giuseppe Conte insieme al ministro Danilo Toninelli decisero di annullare l’opera, l’Avvocatura Generale dello Stato ricordò che per annullare quanto sottoscritto nell’accordo bilaterale con apposita Legge era necessaria un’altra Legge, era necessario un ritorno in Parlamento e non era assolutamente sufficiente il parere di esperti, crollò ogni comportamento negativo nei confronti dell’opera; altrettanto si può dire per il Consiglio di orientamento alle infrastrutture francese. Questo ripensamento e questo kafkiano dibattito su un’opera voluta non solo da due Paesi ma dalla intera Unione europea fra due anni si riaccenderà di nuovo, consiglio sin da ora di ricordare a chi intraprenderà questo gratuito scontro, che quell’accordo bilaterale fortunatamente fu approvato per Legge e non può essere incrinato da pareri e da “sensazioni”. 

(*) Tratto da Le Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)