L’inflazione rallenta a maggio

mercoledì 31 maggio 2023


Un rallentamento a maggio. È ciò che ha registrato l’Istat circa l’inflazione. In base alla fotografia scattata dall’Istituto nazionale di statistica, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, evidenzia un aumento dello 0,3 per cento su base mensile e del 7,6 per cento su base annua (dal +8,2 per cento di aprile).

Non solo. La decelerazione – che mostra il tasso ai livelli di marzo – si deve, in primis, al rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da +26,6 per cento a +20,5 per cento) e, in misura minore, degli alimentari lavorati (da +14 per cento a +13,4 per cento). L’indice armonizzato, così, aumenta dello 0,3 per cento su base mensile e dell’8,1 per cento su base annua (dal +8,7 per cento di aprile).

Inoltre, oltre che al rallentamento di beni energetici non regolamentati e degli alimentari lavorati, la “flessione” di maggio è legata anche all’andamento della categoria altri beni (da +5,3 per cento a +5,1 per cento) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6 per cento a +5,5 per cento). Effetti, questi, che per l’Istat vengono in parte compensati dalle tensioni al rialzo dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +8,4 per cento a +8,9 per cento) e dei servizi relativi all’abitazione (da +3,2 per cento a +3,4 per cento). Così l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, rallenta ancora – di poco – da +6,2 per cento a +6,1 per cento, così come quella al netto dei soli beni energetici (da +6,3 per cento di aprile a +6,2 per cento). Si attenuta la crescita su base annua dei prezzi dei beni (da +10,4 per cento a +9,5 per cento) e, in misura minore, quella dei servizi (da +4,8 per cento a +4,6 per cento), portando il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni a -4,9 punti percentuali, da -5,6 di aprile.

Nel frattempo, sul fronte del Pnrr, dei miglioramenti sono possibili. L’unica cosa è che non c’è tempo da perdere. È quanto ha avvertito il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nelle considerazioni finali, le ultime dopo 12 anni a Palazzo Koch, prima di lasciare l’incarico a novembre. Visco, tra le altre cose, ricordando che il Piano mostra un raro tentativo di definire una visione strategica per il Paese. E definisce “cruciale dare attuazione all’ambizioso programma di riforme, da troppo tempo attese, in esso contenuto”.

Così, il governatore conferma le previsioni sulla crescita del Pil dell’1 per cento nel 2023, richiamando sul lavoro a termine che “si associa spesso a condizioni di precarietà molto prolungate. La quota di giovani che dopo cinque anni si trova in condizioni di impiego a tempo determinato resta prossima al 20 per cento”.


di Redazione