Chi cerca, non trova: LinkedIn taglia oltre 700 posti di lavoro

martedì 9 maggio 2023


“I paradossi di oggi sono i pregiudizi di domani” è una frase attribuita a Marcel Proust. Di sicuro, qualcuno avrà avuto il volto corrucciato nell’apprendere che LinkedIn, ossia la piattaforma specializzata nello sviluppare contatti professionali e nella diffusione di contenuti specifici del lavoro, chiuderà in Cina. Il motivo? “La concorrenza agguerrita e il clima macroeconomico difficile”.

L’azienda, che è di proprietà di Microsoft, ha rappresentato una delle poche società tecnologiche statunitensi capace di guidare un social media in un Paese dove Internet, guarda un po’, è decisamente censurato. Così, ha introdotto una versione domestica della piattaforma, gestita localmente, per conformarsi alle regole: il suo nome è InCareer e chiuderà il 9 agosto.

Salutare la Cina, secondo quanto riferito dal ceo Ryan Roslansky, porterà a “una riduzione dei ruoli per 716 dipendenti”. Non solo: “Con il mercato e la domanda dei clienti che fluttuano e per servire i mercati emergenti in modo più efficace, stiamo espandendo l’uso dei fornitori. E stiamo anche riducendo i ruoli di management per prendere decisioni più rapidamente”.

LinkedIn, per la cronaca, ha toccato con mano una rapida ascesa nel Paese, godendo di una cultura delle connessioni in cui i propri contatti e rete professionale sono materie essenziali. Tuttavia, negli ultimi anni le app locali sono aumentate di popolarità. Le aziende tecnologiche che operano in Cina sono sotto pressione per bloccare i contenuti indesiderati e gli argomenti ritenuti politicamente sensibili.

Facebook, Twitter, Instagram e YouTube, in particolare, sono bloccati, in quanto non rispetterebbero le normative rigide. Google ha salutato la Cina nel 2010.


di Tommaso Zuccai