Istituti tecnici professionalizzanti

martedì 9 maggio 2023


Gli imprenditori lamentano difficoltà, ormai strutturali, nel reperimento di personale qualificato per l’assunzione nelle proprie aziende. È diventato un problema significativo che compromette la crescita delle imprese per carenza di risorse umane e che si riflette anche sull’andamento del Pil italiano. È un paradosso il fatto che l’Istat misuri un tasso di disoccupazione del 7,8 per cento a fronte di esigenze della struttura produttiva di diverse centinaia di miglia di posti di lavoro disponibili che non vengono coperti per carenza di competenze. Tra i disoccupati la componente più in sofferenza riguarda le donne in generale e i giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni.

Un altro problema importante del nostro mercato del lavoro è la bassa incidenza di occupati sulla platea complessiva di occupabili (il 60,2 per cento), rispetto alla forza lavoro attiva, che confrontati con i Paesi del nord Europa che è del 69,9 per cento genera un gap di 7,7 punti percentuali. Colmare la differenza significherebbe un potenziale di nuovi occupati in più di circa un milione 700mila unità. Gli effetti economici dell’eliminazione delle differenze occupazionali sarebbero straordinari sia dal punto di vista della crescita economica, delle maggiori entrate fiscali e, soprattutto, per quanto attiene l’incremento dei versamenti contributivi all’Inps. L’annoso problema non è di facile soluzione anche se si potrebbe attenuare l’impatto negativo sull’economia e sull’occupazione con adeguati interventi normativi di immediata applicazione:

1) Mancano le norme di attuazione della riforma degli Its Academy (istituti tecnici superiori) scuole di alta formazione che sono lo strumento formativo indispensabile per formare i tecnici indispensabili per la manifattura di qualità dei comparti di eccellenza del Made in Italy. Norme di attuazione che dovrebbero semplificare al massimo la creazione degli Its Academy funzionali alle esigenze produttive dei distretti industriali e dei servizi, con particolare riferimento al settore turistico in forte crescita, ma con difficoltà di acquisizione di personale qualificato.

2) Il rilancio degli istituti tecnici come scuole professionalizzanti. Oggi, la continua emorragia di iscritti ai corsi di ragioneria, geometri, periti agrari, periti industriali è stato causato dal fatto che gli è stata preclusa la possibilità di fare il praticantato per accedere agli albi professionali. Molti iscritti all’albo dei commercialisti aveva semplicemente il diploma di ragioniere. Molti consulenti del lavoro iscritti all’albo sono diplomati. Lo stesso vale per i geometri, per i periti industriali e per i tecnici agrari. L’impossibilità di accedere alle professioni regolamentate che prevedono la minilaurea o quella specialistica ha indotto gli studenti, obbligati ad andare all’università per poter esercitare la professione, ad optare per i licei piuttosto che per i tecnici e professionali.

3) Abolizione di abilitazioni, post diploma, per svolgere l’attività di intermediario nel settore turistico. La normativa attuale prevede che per aprire l’attività di agenzia di viaggi o di tour operator è condizione essenziale aver superato un esame presso le vecchie province. Perché non rendere professionalizzante il diploma di tecnico turistico? La stessa cosa vale per gli accompagnatori turistici e le guide turistiche.

4) L’accesso al mondo del lavoro dei giovani passa per una feroce deregolamentazione di norme che sono state approvate per sostenere interessi corporativi piuttosto che agevolare l’accesso al mondo del lavoro. Ovviamente, l’offerta formativa delle secondarie superiori dei tecnici deve creare le condizioni per l’inserimento nel mondo del lavoro potenziando l’alternanza scuola-lavoro.


di Antonio Giuseppe Di Natale