giovedì 20 aprile 2023
Pochi giorni fa dopo una mia nota sulla mancata realizzazione di un collegamento di tipo metropolitano tra l’Hub di Fiumicino e la città di Roma e su un collegamento diretto tra l’aeroporto e la rete ferroviaria ad alta velocità, sono comparsi diversi comunicati stampa in cui venivano fornite informazioni identiche a quelle annunciate negli anni 2008, 2011, 2012, 2014, 2017, 2021 e 2022. Per un atto di corretto rispetto nei confronti di chi produce le informazioni riporto alcuni comunicati stampa che raccontano sempre gli stessi impegni: “Più treni, compresi quelli dell’alta velocità per raggiungere l’aeroporto di Fiumicino. L’obiettivo è quello di far sì che anche un passeggero proveniente da Bologna, Firenze o Napoli possa presentarsi alla stazione della propria città, fare il check-in e spedire il bagaglio, salire su un treno veloce e arrivare direttamente al Leonardo Da Vinci, preoccupandosi soltanto di giungere al gate di imbarco in tempo”.
Ma non basta questo annuncio ce ne sono altri ancora più incisivi come questo: “Prende forma l’accordo firmato lo scorso anno (di questi accordi ce ne sono almeno sette) da AdR e Ferrovie per sviluppare una maggiore intermodalità nella integrazione tra treno e aereo in modo da permettere ai viaggiatori di raggiungere più velocemente e con comodità lo scalo romano anche partendo da città italiane più lontane”. In realtà stiamo parlando di un impianto aeroportuale che già da questo anno potrà tornare ad avere un numero di passeggeri superiore a 43 milioni di unità e quindi a diventare di nuovo uno dei più grandi Hub aeroportuali del mondo ed è veramente strano che finora si sia riusciti ad accumulare solo grandi accordi, grandi impegni e rimanere con un collegamento, ripeto, di tipo ferroviario da quasi trenta anni.
Forse è arrivato il momento per le Ferrovie dello Stato di diventare attori determinanti nella definizione strategica del trasporto nella capitale; in fondo la invenzione del “Metrebus”, una invenzione di grande rilevanza strategica, fu fatta proprio dalle Ferrovie di Lorenzo Necci e in particolare di Cesare Vaciago e Giuseppe Sciarrone. Oggi Roma ha in programma due scadenze una praticamente fra appena un anno e mezzo con il Giubileo, l’altra fra soli cinque anni relativa all’Expo 2030 (quest’ultima non è ancora sicura ma ci sono buone probabilità). Due scadenze che solo il management di una Società strutturata come le Ferrovie dello Stato può cercare non solo di rispettare ma anche di garantirne una attuazione accettabile.
La nuova amministrazione della città di Roma dopo un anno e quattro mesi dal suo insediamento ha, purtroppo, dimostrato di non essere in grado non solo di dare corso alla programmazione ordinaria ma di rincorrere, con una sistematicità simile al passato, solo la logica degli annunci e delle assicurazioni per l’avvio di nuovi cantieri, per l’attuazione di nuove opere o per il completamento di antiche opere avviate e mai completate. Già otto mesi fa ho ricordato, in modo analitico, l’elenco delle opere e degli stanziamenti annunciati dal sindaco Roberto Gualtieri per il Giubileo e ho anche ricordato che dei 4 miliardi di opere annunciate da realizzare entro il mese di novembre 2024 si riuscirà a spendere, nel migliore dei casi, un importo non superiore agli 800 milioni di euro e ho anche anticipato che delle otto stazioni integralmente ristrutturate ne sarebbero state portate a termine forse solo tre. La stessa cosa ho detto per il famoso anello ferroviario e per l’arrivo a Piazza Venezia della Linea metropolitana C.
Tutte queste mie anticipazioni, ripeto formulate otto mesi fa, si stanno già avverando in questi giorni e analizzando lo stato di avanzamento dei progetti e la lunga fase dei processi autorizzativi ci si sta convincendo sempre più che non sono sufficienti procedure di snellimento né task force dell’ultima ora. Per questo, insisto, sarebbe opportuno approfittare di questa emergenza per dare alle Ferrovie dello Stato l’integrale gestione dell’offerta di trasporto dell’intera area metropolitana. Molti diranno che un simile atto si trasformerebbe in una piena ammissione di incapacità della attuale amministrazione ma, a mio avviso, è preferibile un simile atto rispetto a un sicuro fallimento che invece la stessa amministrazione vivrà fra un anno e mezzo o cinque anni. Ma le Ferrovie dello Stato possono assumere un simile impegno realizzativo e gestionale? Io penso proprio di sì; infatti, è sufficiente leggere la missione della Società delle Ferrovie dello Stato:
“Fs Sistemi urbani” per convincersene. Nella missione in particolare si legge: è la società caposettore del nuovo Polo urbano del Gruppo Fs italiane, istituito con il lancio del Piano industriale 2022-2031. Competenza della società sono la rigenerazione urbana, l’intermodalità e la logistica di primo e ultimo miglio. Fs Sistemi urbani, tra l’altro, ha l’obiettivo di valorizzare aree non più funzionali all’esercizio ferroviario per restituirle ai cittadini, che potranno così beneficiare di nuovi servizi e luoghi di aggregazione senza consumare ulteriore suolo. Pilastri fondamentali su cui si basa l’attività della società sono sostenibilità ambientale, sociale ed economica, mobilità urbana, coinvolgimento degli stakeholder e realizzazione di spazi pubblici e privati per migliorare il benessere dei cittadini”.
Purtroppo questa rimarrà solo una proposta perché l’attuale amministrazione comunale, pur cosciente della propria incapacità, preferirà assistere al suo fallimento, tuttavia bene farebbe però la Società Ferrovie dello Stato a prospettare quanto meno una serie di ipotesi organizzative per ridimensionare un sicura crisi irreversibile della offerta trasportistica nella città e ciò ormai, indipendentemente dalle scadenze prima dette; forse sarebbe opportuno che prendesse corpo, sempre all’interno delle Ferrovie dello Stato, una proposta organica per l’area metropolitana di Roma, per un territorio di 5.363,3 chilometri quadrati con una densità demografica pari a 788,3 abitanti- chilometri quadrati per una città che brucia per congestionamento oltre 2 miliardi di euro l’anno, per una città che non si rende conto di avere una offerta su guida vincolata completamente sotto dimensionata, una città in cui le famiglie spendono per il traporto locale oltre 6 miliardi di euro l’anno.
In realtà, dovremmo avere il coraggio e compiere un atto di umiltà concettuale e ammettere che un’area metropolitana come quella di Roma, con un numero di residenti di circa 3 milioni e con una presenza di oltre 5 milioni, non può essere gestita ricorrendo alla logica degli assessori, specialmente poi quando il compito è quello relativo alla gestione della mobilità, soprattutto quando, come detto prima, l’assenza di una rete adeguata e di una gestione intelligente della stessa producono un elevato danno ai bilanci delle famiglie, alla sicurezza e, quindi, alla crescita socio-economica dell’intera area urbana.
(*) Tratto da Le Stanze di Ercole
di Ercole Incalza (*)