Caccia al tasso del temerario Pnrr

martedì 18 aprile 2023


Oramai è diventata una litania senza soluzione di continuità, un reiterato “mantra”, la raccomandazione che ci viene ripetuta, in un costante stillicidio, su quanto sia determinante per la nostra economia e per la nostra salvezza l’erogazione dei fondi previsti dal Piano nazionale per la ripresa e per la resilienza (nel prosieguo, anche Pnrr).

Nel continuo e fastidioso tam-tam comunicativo della stampa e dei mass media si è giunti perfino a paragonare, in modo assurdo, il Pnrr al Piano Marshall (ufficialmente chiamato European Recovery Program, detto anche Erp), quando in realtà l’Erp fu un’erogazione gratuita di denaro, mentre il finanziamento del Pnrr consiste in un prestito, di cui, peraltro, in modo assolutamente surreale e grave, non ne conosciamo il tasso di interesse, se non dopo averlo ricevuto.

Ebbene, è proprio così, ci stanno inculcando l’importanza di ricevere il finanziamento del Pnrr, come fosse un fondo gratuito, nonostante che sia in realtà un prestito, di cui non conosciamo il costo, perché il suo tasso di interesse è a priori sconosciuto e per di più con il rischio che questi soldi siano utilizzati per finanziare degli inutili interventi a pioggia, anziché investirli per dei progetti veramente funzionali al nostro sviluppo economico-infrastrutturale.

L’illuminante Indro Montanelli (la cui mancanza in questa baraonda mediatica così conformista è sempre più sentita) usava commentare il curioso comportamento “bipolare” del popolo italiano con una boutade, apostrofandolo con una considerazione sia esilarante che pungente, ossia che gli italiani sono tanto scafati ed oculati nel gestire i propri affari privati quanto cialtroni e poco intelligenti nel preoccuparsi delle spese dello Stato e della gestione della cosa pubblica.

Invero, anche l’italiano più sprovveduto quando si reca in banca per chiedere un prestito ha la consapevolezza dell’importanza di conoscere il tasso di interesse di un finanziamento o di un mutuo (riguardo al mutuo, esso può essere fisso o variabile, ma comunque sempre di tasso si tratta) ed è proprio il suo valore a determinare la convenienza o meno del relativo prestito, perché insieme alle spese di istruttoria (in riferimento al fondo del Pnrr non conosciamo neanche queste) rappresentano il suo costo complessivo.

Dunque, per compiere un’analisi più puntuale avanziamo per gradi, il Pnrr rappresenta un prestito che viene erogato dall’Unione europea, tramite la gestione ed il controllo della Commissione europea, con una modalità declinata in varie tranches.

Ora, un aspetto rilevante è comprendere da dove prende i soldi l’Unione europea per erogare questo prestito, ebbene, l’Ue reperisce il finanziamento del Pnrr sul mercato, con tutte le variazioni e le turbolenze conseguenti.

Il suddetto prestito riguarda tutti i Paesi membri che hanno aderito alla Next Generation Ue e nello specifico per l’Italia sono previsti 122,5 miliardi di euro, di cui 55,5 miliardi sono riservati a nuovi investimenti ed i rimanenti 67 miliardi sono funzionali a finanziare altri progetti di investimenti già pianificati e previsti nei documenti di bilancio pluriennale.

In particolare, riguardo ai suddetti 67 miliardi, 51,4 miliardi di euro serviranno a finanziare dei progetti già iniziati e inseriti nella contabilità pubblica prima che il Pnrr fosse definito e per tali progetti era previsto un finanziamento ottenuto tramite le emissioni di titoli di Stato come Btp e Bot, ovvero emettendo debito pubblico e i restanti 15,6 miliardi di euro sarebbero stati finanziati utilizzando il Fondo sociale di coesione.

Dopo un’analisi approfondita della storia politica recente, dovremmo chiedere all’ex premier Giuseppe Conte, ossia colui che, nel 2021, negoziò con l’Ue il fondo del Pnrr e poi a Mario Draghi, che come successivo presidente del Consiglio lo gestì in gran parte, perché mai non si posero il problema di essere informati sul suo tasso di interesse.

Ora, la gestione della “patata incandescente” spetta al Governo a guida di Giorgia Meloni, la quale su questo argomento si giocherà gran parte della sua credibilità politica.

A tale riguardo, per comprendere in modo più chiaro come avviene l’erogazione del fondo del Pnrr, bisogna spiegare che la Commissione europea invia al governo italiano una confirmation notice, dove sono elencate tutte le spese e i costi del finanziamento da rimborsare all’Ue.

Il problema risiede nel fatto che questa informazione l’Italia la riceve solo venti giorni prima che venga erogata la tranche di prestito concessa, ossia solo quando il prestito non può essere più rifiutato.

Un altro problema di questa situazione alquanto sconcertante per la mancanza di trasparenza nella ricezione del prestito del Pnrr è che nel frattempo il costo delle prime due tranches, già ricevute e quindi conosciute, non è stato ancora reso pubblico.

L’Unione europea reperisce i soldi per il Pnrr sul mercato e quindi il loro tasso di interesse medio su base semestrale risente delle crisi globali, come ad esempio l’aumento dei costi delle risorse energetiche a causa della guerra in Ucraina.

Tutto ciò determina l’aumento del tasso di interesse del denaro, oltre al fatto che la stessa Banca centrale europea ha aumentato progressivamente i tassi di interesse dell’euro per contrastare l’inflazione nell’Unione europea e quindi di conseguenza si può comprendere facilmente quanto il Pnrr sia una pericolosissima incognita e quanto potrebbe costarci il prestito.

Inoltre, bisogna considerare che nel 2021, quando iniziò l’erogazione del fondo del Pnrr, i tassi in Europa erano allo 0 per cento e in alcuni casi anche sotto lo zero, oggi arrivano fino al 3,75 per cento.

Quindi, se l’Italia avesse ricevuto tutto il prestito in unica soluzione nel 2021, sarebbe stato anche conveniente aderire al fondo del Pnrr, perché il valore del tasso sarebbe stato circoscritto nel periodo di quell’anno.

Inoltre, il rincaro delle materie prime dovuto alle speculazioni sulla guerra in Ucraina ha peggiorato le condizioni economiche delle imprese, le quali per questo motivo si troveranno in grande difficoltà a partecipare ai futuri bandi pubblici che verranno finanziati con i fondi previsti dal Pnrr.

Altresì, le imprese italiane hanno bisogno di personale sia qualificato che di base per realizzare i progetti previsti dal fondo e per far ciò sarà necessario colmare al più presto la mancanza di competenze, la cui domanda da parte delle suddette imprese è in continua crescita.

Perciò, oltre alla rilevantissima questione riguardo a quali essenziali progetti dovrebbero essere finanziati da questo ingente e costoso prestito del Pnrr (la cui attuazione non ha postulato una strategia specifica di interventi, preferendo finanziare dei progetti frazionati che impediscono l’ottimizzazione a monte dei loro costi), vi è un altro rilevante problema da considerare.

Infatti, se le aspettative del mercato si dirigono verso una deriva di ulteriori perniciosi rialzi, le future tranches del prestito previsto dal Pnrr potrebbero essere a condizioni peggiori di quelle che invece potremmo ottenere emettendo, nell’immediato, debito pubblico per finanziare i succitati progetti.

Al postutto, invertendo il concetto del detto popolare chi si ferma è perduto, se non si valuterà in modo razionale la convenienza di questo prestito in riferimento sia alla sua effettiva utilità in merito ai progetti strutturali da finanziare (quindi non per una vana spesa a pioggia) sia al costo oggettivo che tale finanziamento potrà alla fine costituire, in sostanza se il nostro Governo non si fermerà a riflettere in modo opportuno al riguardo, l’Italia sarà perduta, ipotecando definitivamente il suo presente ed il suo futuro, peraltro già alquanto compromessi da un debito pubblico stellare.

“Impia sub dolci melle venena latent” (da “Amores” di Ovidio)


di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno