Case green: tre motivi per cui la direttiva Ue colpisce di più l’Italia

mercoledì 18 gennaio 2023


Confedilizia è riuscita in questi giorni – dopo averlo fatto nel dicembre del 2021 (quando si ottenne di far eliminare dalla bozza di direttiva il divieto di vendita e di affitto degli immobili non conformi) – a portare all’attenzione dei media e della politica il progetto di rifusione della direttiva Ue sull’efficienza energetica nell’edilizia, contenuto nel pacchetto “Fit for 55”. Nel testo della proposta, ora all’esame del Parlamento europeo, sono presenti una serie di norme che dispongono interventi obbligatori sugli immobili finalizzati a far scomparire quelli con ridotte prestazioni energetiche, secondo una tempistica molto ravvicinata. In particolare, tra le proposte di compromesso che saranno poste all’esame della Commissione energia del Parlamento europeo il prossimo 9 febbraio, gli edifici residenziali e le unità immobiliari dovranno raggiungere entro il 1° gennaio 2030 almeno la classe energetica E ed entro il 1° gennaio 2033 almeno la classe di prestazione energetica D.

Se la bozza di direttiva non dovesse essere modificata, dovranno essere ristrutturati in pochi anni milioni di edifici residenziali. Senza considerare che in moltissimi casi gli interventi richiesti non saranno neppure materialmente realizzabili, per via delle particolari caratteristiche degli immobili interessati. Oppure lo sarebbero, ma a patto di deturparli in modo inaccettabile. Inoltre, i tempi ridottissimi determineranno una tensione senza precedenti sul mercato, con aumento spropositato dei prezzi, impossibilità a trovare materie prime, ponteggi, manodopera qualificata, ditte specializzate, professionisti. Nell’immediato, poi, l’effetto sarà quello di una perdita di valore della stragrande maggioranza degli immobili italiani e, di conseguenza, un impoverimento generale delle nostre famiglie. L’Italia sarà molto più penalizzata rispetto alla stragrande maggioranza di Paesi Ue, per almeno tre ordini di ragioni. 

1) Il nostro è un Paese a proprietà immobiliare diffusa. Non solo, infatti, siamo un popolo di risparmiatori, ma siamo anche un popolo di risparmiatori nel mattone, sia per la tradizionale predisposizione ad abitare in una casa di proprietà, sia per la forte spinta ad investire in immobili diversi dalla “prima casa” i frutti del proprio lavoro. Imporre gli interventi previsti dalla bozza di direttiva vuol dire obbligare a spese ingenti la quasi totalità della popolazione italiana (a differenza di quanto accade in Paesi – come, ad esempio, la Germania – in cui la proprietà degli immobili è concentrata in pochi, grandi soggetti di natura societaria).

2) Il patrimonio edilizio italiano è molto risalente nel tempo ed è in molta parte collocato in contesti peculiari dal punto di vista della conformazione del territorio. Basti pensare ai centri storici delle nostre città o alle migliaia di borghi presenti in tante parti del Paese. I fautori di questa normativa si rendono conto di cosa ciò possa comportare? Vogliamo disperdere – anziché difendere – un tesoro di storia, arte e bellezza che ci rende unici al mondo?

3) In Italia vi è una rilevantissima quota di edifici caratterizzati da una proprietà condominiale. Questo rende molto più complessa la gestione di norme vincolistiche come quelle previste dalla direttiva. 

Per migliorare le prestazioni energetiche di milioni di edifici, è necessario porsi obiettivi realistici. Occorrerebbe, soprattutto, agire attraverso misure incentivanti e non imponendo a Paesi diversissimi fra loro obblighi pensati dietro le scrivanie dei palazzi di Bruxelles. Si è scelta, invece, la strada della coercizione, senza neppure prevedere, in capo agli Stati membri, un’adeguata flessibilità per adattare le nuove norme ai contesti nazionali. L’attenzione è arrivata. Ora occorre agire. Bisogna svolgere ogni possibile azione per far sì che l’imminente fase finale di esame della bozza di direttiva possa condurre a ripensare un’impostazione che per l’Italia avrebbe conseguenze devastanti.

 (*) Tratto da nicolaporro.it


di Giorgio Spaziani Testa (*)