Pos, contante, evasione e certezza del diritto

venerdì 23 dicembre 2022


Attorno alla legge di Bilancio, oramai in dirittura d’arrivo, un tema che ha fatto molto discutere ha riguardato i pagamenti con mezzi elettronici. Da assiduo utilizzatore di tali “strumenti”, non posso non sentirmi moralmente in dovere di chiedermi, all’atto del pagamento di importi di modesto valore, se il commerciante sia o meno intenzionato ad accettare il pagamento elettronico, preferendo spesso l’utilizzo del contante per spese di modesta entità. Perché in un Paese dove circa il 60 per cento dei propri profitti (anche più in molti casi) se ne va via in imposte e contributi, sovraccaricare il piccolo commerciante o il piccolo artigiano di ulteriori oneri è paragonabile a un’ingiustizia. Non è intenzione di questo breve articolo soffermare l’attenzione sulla sterile diatriba mediatica accesa attorno al Pos e al limite all’uso del contante, dove ognuno ha la propria opinione: chi lo demonizza, chi ne è un acceso sostenitore, chi si assurge a moralista e chi, più semplicemente, se ne disinteressa.

A ogni buon conto, il tema dell’utilizzo di strumenti elettronici tracciati e del limite al contante offre un interessante spunto per una riflessione, di ben più interesse, su come gli strumenti informatici indirizzino sempre più l’operato accertativo dell’Amministrazione finanziaria. L’utilizzo di tali strumenti ha certamente agevolato e migliorato il controllo, la ricerca, la riscossione. E del loro impiego non se ne può più prescindere. Il progresso tecnologico, però, dovrebbe essere di supporto all’attività accertativa e non sostituirsi a essa, come purtroppo oramai troppe volte accade.

È sempre più consuetudine, tra gli addetti ai lavori, interfacciarsi con i vari e validi uffici dell’Amministrazione finanziaria e sentire il leitmotiv “lei ha ragione ma il programma non mi permette di…” e, nelle ipotesi-limite, “intanto paghi, poi chiederà il rimborso”. Ben venga la cooperative compliance, ma finché l’accertamento verrà fatto da un software con oggettive difficoltà nell’interfacciarsi con persone in carne e ossa, l’emersione del sommerso sarà comunque difficoltosa. Perché se un’operazione è sommersa, non è tracciata. Se non è tracciata, sfuggirà al grande occhio dell’Amministrazione finanziaria e, quale logica conseguenza, all’attività accertativa. Lo strumento informatico e la tecnologia dovrebbero cercare di contrastare ciò che sfugge, non solo ciò che è stato captato. Ma non è chiaro. Tutto ciò che non viene “tracciato” scapperà, spesso irrimediabilmente, al controllo e sarà pertanto idoneo a generare fenomeni di evasione. Non si deve però, a parere di chi scrive, considerare come “tracciato” il solo pagamento affidato a un mezzo elettronico. Infatti, il pagamento di per sé non forma l’operazione totale, costituita da: acquisto/cessione-pagamento/incasso.

Il termine pagamento tracciato dovrebbe essere inteso in un’accezione più ampia, considerando tale qualsiasi operazione che transiti in un qualche libro contabile, dando a esso la giusta rilevanza. È, infatti, diversamente tracciato il pagamento in contanti correttamente riportato nelle scritture e nei libri contabili: dalla lettura di un certo articolo in partita doppia si evince chiaramente che Tizio, in data x, ha acquistato una merce da Caio pagandolo in contanti.

Si potrebbe, per esempio, rendere obbligatoria l’indicazione del mezzo di pagamento all’interno della fattura elettronica. In tal modo, tornando al Tizio di cui sopra, se il pagamento da lui eseguito in contanti non ha almeno eguali incassi o prelevamenti, ha certamente avuto introiti in nero e dovrà pertanto essere sottoposto ad accertamento. Gli strumenti tecnologici a supporto dell’attività accertativa indubbiamente ci sono e sono divenuti oramai imprescindibili. Da soli, però, non bastano e rischiano addirittura di distorcere l’operato accertativo. A lungo andare si potrebbe instaurare nei contribuenti più “furbi” l’aspettativa, non lontana dalla realtà, di dichiarare un reddito quanto meno congruo, tracciare quanti più pagamenti possibili coerenti con esso e lasciare nel sommerso tutto il resto. Se ci si sofferma soltanto sul Pos e l’utilizzo limitato del contante, “tutto il resto” rimarrà nell’ombra. L’evasione deve essere combattuta con la certezza del diritto, con norme chiare che evitino contrasti tra di esse e distorsioni. Questa è la vera arma, il resto è strumentale. Le certezze che guidino e supportino tanto il contribuente, troppo spesso inerme ed in una posizione di svantaggio, quanto l’Amministrazione finanziaria, chiamata a un’attività di verifica e di riscossione che deve essere più puntuale, efficiente ed efficace. Tanto più in un sistema fiscale, come il nostro, improntato sul sacrosanto principio dell’autodeterminazione del reddito: il contribuente liquida le imposte, l’Amministrazione finanziaria le accerta.

Solo così si potrà ottenere una vera evoluzione culturale, in cui la legittima aspettativa del cittadino a ricevere la fattura o il documento commerciale, a prescindere dal mezzo di pagamento scelto, sarà automaticamente rispettata senza bisogno di fastidiose richieste. Forse utopia.


di Marco Salvati