Istat: stipendi netti in calo tra il 2007 e il 2020

martedì 20 dicembre 2022


Facendo un confronto tra le variazioni a prezzi costanti nelle componenti del costo del lavoro, tra il 2007 e il 2020 emerge che “i contributi sociali dei datori di lavoro sono diminuiti del 4 per cento, anche per l’introduzione di misure di decontribuzioni. Mentre i contributi dei lavoratori sono rimasti sostanzialmente invariati, le imposte sul lavoro dipendente sono aumentate in media del 2 per cento. La retribuzione netta a disposizione dei lavoratori si è ridotta del 10 per cento”. Questo è quanto indicato dall’Istat nell’indagine “Reddito e condizioni di vita”, con riferimento, per quel che riguarda il reddito, agli anni 2019 e 2020.

In base alle rilevazioni effettuate dall’Istituto nazionale di statistica, con i redditi netti da lavoro dipendente in calo del 5 per cento, il valore medio del costo del lavoro, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, è pari a 31.797 euro, il 4,3 per cento in meno dell’anno precedente. Nel rapporto, pertanto, è sottolineato che la retribuzione netta a disposizione del lavoratore è pari a 17.335 euro. Ciò costituisce poco più della metà del totale del costo del lavoro (54,5 per cento).

Così, il cuneo fiscale e contributivo, ovvero la differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore, nella media tocca quota 14.600 euro. Nonostante si riduca del 5,1 per cento rispetto al 2019, non smette di superare il 45 per cento del costo del lavoro (45,5 per cento). I contributi sociali dei datori di lavoro, allo stesso tempo, sono la componente più elevata (24,9 per cento). Il rimanente 20,6 per cento è a carico dei lavoratori: il 13,9 per cento sotto forma di imposte dirette e il 6,7 per cento di contributi sociali.

Tra le altre cose, nel terzo trimestre del 2022 l’input di lavoro misurato in Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) è in leggero calo rispetto ai tre mesi precedenti (-0,1 per cento rispetto al secondo trimestre di quest’anno). Parallelamente, frena la crescita su base annua (+2,7 per cento rispetto al terzo trimestre 2021). Anche l’occupazione vede un leggero calo rispetto al trimestre precedente (-52mila, -2,6 per cento) e riduce l’aumento su base annua (+1,1 per cento o +247mila), a fronte di un calo dei disoccupati e una leggera impennata degli inattivi nella fascia 15-64 anni (+30mila, +0,2 per cento). Questo un passaggio della Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione nel terzo trimestre 2022 pubblicata da Istat, ministero del Lavoro, Inps, Inail e Anpal.

In ultimo, come dato statistico, viene precisato che nel 2020 – con una aliquota media del 22 per cento – le coppie di anziani senza figli “sono la tipologia su cui grava il maggior prelievo fiscale nell’anno di inizio della pandemia, indipendentemente dal numero di percettori in famiglia”. Mentre le famiglie con un solo percettore di reddito (prevalente) da lavoro autonomo “presentano, lungo tutta la distribuzione dei redditi, aliquote medie fiscali inferiori rispetto alle restanti famiglie mono-percettore, confermando e consolidando la posizione di vantaggio relativo già osservata nel precedente anno. Fra il 2019 e il 2020, l’aliquota media fiscale delle famiglie con unico percettore di reddito da lavoro autonomo passa dal 18,1 per cento al 17,6 per cento”. Nel dettaglio, osservando il 2020, “l’aliquota media del prelievo fiscale a livello familiare è pari al 18,9 per cento, in lieve ribasso rispetto all’anno precedente (-0,4 per cento)”. Invece, la presenza in famiglia di un componente minore, “consente ai nuclei familiari con un solo percettore di ottenere un vantaggio fiscale; i valori più bassi delle aliquote si registrano, infatti, tra le coppie con tre o più figli e almeno un minore (11,4 per cento) e tra le mono-genitore con uno o più minori (13,7 per cento)”.


di Tommaso Zuccai