Ritorno alla normalità e richieste della Bce

mercoledì 12 ottobre 2022


Dal 2008, anno in cui in realtà è iniziata una fase recessiva preoccupante, non solo per il nostro Paese ma per l’intero sistema economico internazionale, si sono susseguiti tanti eventi che hanno fatto uscire dalla “normalità” tutti i canoni tipici di ciò che definivamo attività ordinaria dell’assetto socio-economico del Paese. Addirittura, il 5 agosto del 2011 la Banca centrale europea inviò una lettera al nostro Paese, firmata dal Governatore uscente, Jean-Claude Trichet e da quello entrante, Mario Draghi, in cui metteva in evidenza le misure ritenute urgenti per evitare un tragico collasso del Paese e dell’euro. Questa nota riservata partiva a valle di una drammatica crisi delle borse europee e un forte ampliamento del differenziale tra i tassi sui titoli italiani e quelli tedeschi (spread, qui i punti salienti della nota). La lettera proseguiva, ritenendo appropriata una riforma costituzionale che rendesse più stringenti le regole di bilancio.

In realtà, più che la recessione, più che la crisi partita nell’anno 2008, il vero avvio del passaggio da una normalità a una sistematica imprevedibilità dell’intero nostro assetto socio-economico parte proprio da questa lettera: la Banca centrale europea e indirettamente la stessa Unione europea si resero conto che non uno Stato dimensionalmente ed economicamente limitato, come la Grecia, ma un Paese chiave per la crescita o la decrescita dell’intera Comunità si avviava verso un irreversibile default. Senza dubbio, questa denuncia e questo allarme furono sfruttati per altre finalità, non ultima quella mirata a un cambiamento della squadra di Governo ma, al tempo stesso, non possiamo non riconoscere che quella lettera era supportata da una scrupolosa analisi sulle tendenze del nostro sistema economico che imponevano urgenti ed immediate misure sul nostro bilancio.

È nato così il Governo Monti, che ha effettuato una operazione d’urto per evitare che la Unione europea desse vita a una forma di controllo identico a quello della Grecia. Poi ci sono state, nel 2013, le elezioni e abbiamo avuto i governi presieduti da Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni e poi, nel 2018, le elezioni della nuova Legislatura hanno dato vita a tre Governi: Conte 1, Conte 2 e ultimamente quello di Mario Draghi. In questi 11 anni, in realtà, abbiamo assistito sempre a fenomeni che erano completamente estranei da ciò che ritenevamo “normali”, da ciò che tradizionalmente caratterizzava il nostro assetto socio-economico. In questo periodo di 11 anni, siamo stati interessati da tanti altri imprevedibili fenomeni come l’approvazione, da parte della Unione europea, del Pnrr, la pandemia, il ritorno dei talebani in Afghanistan, la guerra in Ucraina. Ma il riferimento che invece rimane, a mio avviso, più significativo e più preoccupante è sempre la lettera del 5 agosto 2011. E per convincerci di più di una simile asserzione, penso sia sufficiente la scelta del presidente Draghi di non effettuare nessuno scostamento su quanto preventivato nel bilancio dello Stato. In realtà, in questi lunghi anni forse abbiamo fatto meno di quanto avremmo potuto fare per rispettare le clausole richieste dalla Bce. E, in, particolare:

– abbiamo preferito, soprattutto negli anni 2015-2021, utilizzare le risorse ordinarie dello Stato per interventi in conto esercizio (80 euro ai salari bassi, il reddito di cittadinanza e il quota 100) per un valore annuale di oltre 14 miliardi di euro e abbiamo quasi bloccato per 7 anni l’assegnazione di risorse per investimenti in infrastrutture, generando in tal modo il fallimento di 120mila imprese del comparto delle costruzioni;

– abbiamo ritardato scelte strategiche come gli assi ferroviari ad alta velocità Torino-Lione, Genova-Milano (Terzo Valico dei Giovi), Verona-Vicenza-Padova e il nodo di Firenze, come la Trans Adriatic Pipeline (Tap) e lo abbiamo fatto senza il supporto di adeguate motivazioni ma solo per incomprensibili logiche di schieramento politico;

– abbiamo ritardato l’avvio concreto delle opere incluse nel Pnrr sin dal luglio del 2022, cioè in quasi due anni non abbiamo cantierato nessuna nuova opera del Pnrr;

– abbiamo in realtà sottovalutato abbondantemente la rilevanza del fattore tempo: in due anni non si è riusciti, nel caso del Pnrr, a passare dalla intuizione programmatica alla sua attuazione almeno parziale;

– abbiamo sottovalutato in questi 11 anni il danno prodotto alla economia del Paese da queste immotivate scelte e quanto queste hanno di nuovo ridato vita alle criticità presenti nella lettera della Bce.

Quindi, oltre a verificare se stiamo correttamente rispettando i vincoli posti dalla Unione europea al Pnrr, faremmo bene anche a verificare se in questa fase, ancora lontana dalla normalità, stiamo tentando di rispettare i vincoli imposti il 5 agosto del 2011. Questa operazione la ritengo utilissima, perché i prossimi mesi saranno caratterizzati, come preannunciato da tutti gli esperti del settore, proprio da un corretto e capillare controllo dei bilanci pubblici, da un corretto controllo delle forme di indebitamento, da un trasparente controllo della spesa soprattutto della Pubblica Amministrazione.

Sicuramente, la “normalità” tornerà quando finirà la pandemia, quando finirà la guerra in Ucraina, quando finirà la sudditanza del Paese per l’approvvigionamento energetico. Tuttavia, la “normalità” tornerà anche, e forse soprattutto, quando avremo davvero onorato quelle richieste della Banca centrale europea.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)