mercoledì 24 agosto 2022
La crescita dei costi energetici corre come un’auto impazzita, andandosi a schiantare contro i bilanci delle imprese e mettendo a serio rischio le attività in varie aziende del terziario. Bollette, trasporti, ma non solo: Confcommercio lancia il suo grido di allarme. E lo fa rivolgendosi alle forze politiche e al Governo. Il messaggio è chiaro: “Agire subito, per dare risposta a una vera e propria emergenza, rilanciando l’iniziativa in sede europea sul cosiddetto Energy Recovery Fund e puntando alla fissazione di un tetto al prezzo del gas e alla revisione delle regole e dei meccanismi di formazione del prezzo dell’elettricità”. Mentre Claudio Sangalli, presidente dell’organismo italiano di rappresentanza delle imprese impegnate nel commercio, sul Quotidiano Nazionale spiega: “Solo un mese fa stimavamo, per il 2022, un costo complessivo della provvista energetica delle imprese del terziario nell’ordine dei 24 miliardi di euro, più del doppio rispetto al 2021. Con il recente peggioramento delle condizioni del mercato del gas e dell’elettricità, il nuovo calcolo della bolletta energetica porta a un costo pari a 33 miliardi, tre volte il livello del 2021 e più del doppio rispetto ai 14,9 miliardi del 2019. Insomma, siamo in una fase di vera emergenza che, per alcuni settori del terziario di mercato in particolare, sta diventando veramente drammatica”.
Confcommercio invita a potenziare e rendere “più inclusivi i crediti d’imposta fruibili anche da parte di non “energivori” e non “gasivori”, scegliendo di destinare all’abbattimento degli oneri generali di sistema il gettito derivante dalle aste per l’assegnazione delle quote di emissione di Co2 e rafforzando le misure contro il caro carburanti per il settore dell’autotrasporto”. Oltre a sottolineare un aspetto: “È evidente l’urgenza di affrontare con determinazione, nella prossima legislatura, i nodi della riforma della fiscalità energetica e della riduzione strutturale del carico fiscale su trasporti e mobilità”.
C’è poi da fare i conti con il portafoglio. E i consumatori, in tal senso, potrebbero trovarsi a fronteggiare l’impennata dei listini di ristoranti e bar. Questo è la fotografia scattata da Fipe-Confcommercio: “Fino a questo momento le imprese della ristorazione italiana si sono rivelate le più virtuose d’Europa, ammortizzando questi extra costi senza scaricarli sulla clientela, ma il sistema ora non è più sostenibile. Bisogna correre ai ripari, estendendo immediatamente il credito di imposta anche alle imprese non energivore e non gasivore, per coprire gli aumenti che si stanno registrando nelle ultime bollette e che sembrano destinati a crescere ulteriormente nei prossimi mesi”. Pertanto, il credito di imposta “dovrà però essere ben superiore al 15 per cento per l’energia elettrica e al 25 per cento per il gas previsto per il secondo trimestre 2022, dal momento che le imprese si trovano a fronteggiare aumenti ben più consistenti. In più, dovrà essere concessa la possibilità di rateizzare le bollette monstre ben sapendo che il credito d'imposta è successivo al pagamento e anche se più “generoso” non potrà mai compensare interamente l’extra costo”.
Ma non finisce qui, come sottolineato da Pasquale Russo, segretario generale di Conftrasporto-Confcommercio: “Il nostro settore si muove per il 95 per cento con il gasolio e per il 5 per cento con il gas. Ma chi ha fatto investimenti su veicoli a gas metano oggi li ferma, perché non è sostenibile questo aumento dei costi”. Non solo: “Mediamente il costo del prodotto petrolifero, del gas in questo caso, vale il 30 per cento dei costi di un’impresa di trasporto. Quindi, con un costo del gas quadruplicato abbiamo un aumento complessivo di costi di esercizio di circa il 10-15 per cento. È impossibile andare avanti per imprese che lavorano a marginalità molto ridotta, come quelle del trasporto. Tutto l’aumento dei prodotti energetici – prosegue – impatta sul nostro settore. Insieme al gas c’è stato e continua ad esserci, nonostante una riduzione delle accise, anche un costo molto elevato dei carburanti. Un problema che ha avuto inizio ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina”.
di Claudio Bellumori