Confedilizia, ruderi: +113 per cento rispetto al periodo pre Imu

lunedì 25 luglio 2022


Un’analisi accurata sulla scorta dei dati forniti dallAgenzia dell’entrate in merito al patrimonio immobiliare italiano. Questa la fotografia scattata da Confedilizia, che parla di una crescita – pure nel 2021 – delle “unità collabenti”, cioè tutti quegli immobili ridotti a ruderi a seguito di uno spiccato livello di degrado. Giorgio Spaziani Testa, presidente della storica organizzazione dei proprietari di casa, ammette: “Bisogna, ad esempio, iniziare a ridurre il macigno di tassazione patrimoniale rappresentato dall’Imu. Inoltre, quest’imposta andrebbe eliminata del tutto, eventualmente per un periodo limitato, ad esempio un quinquennio, per gli immobili dei piccoli centri, quelli situati nei nostri splendidi borghi, che tutti a parole difendono ma che vengono lasciati morire di spopolamento”.

Un commento, questo, emerso sulla base dei numeri. Entrando nel dettaglio, nel 2021, la quantità di tali immobili – inquadrati nella categoria catastale F2 – è salita del 3,3 per cento rispetto ai dodici mesi precedenti. Eppure, l’aspetto più marcato da tenere in considerazione è il raffronto tra il periodo pre e post Imu. In sostanza, rispetto al 2011, tutti gli immobili ridotti a ruderi sono passati da 278.121 a 594.094, segnando un +113,61 per cento. Si tratta, in sintesi, di immobili – che riguardano, per il 90 per cento, le persone fisiche – che giungono a condizioni di fatiscenza per il trascorrere del tempo oppure a seguito di atti dei proprietari (come la rimozione del tetto) per evitare almeno il pagamento dell’Imu. Non bisogna scordare, insiste Confedilizia, che risultano soggetti alla patrimoniale immobiliare – il cui carico ammonta a 22 miliardi di euro l’anno – anche i prefabbricati “inagibili o inabitabili” però ancora non ritenuti “ruderi”.

Così Spaziani Testa: “In vista delle elezioni, la politica dovrebbe riflettere su questi dati e proporre soluzioni conseguenti”. E ancora: “Cancellare l’Imu nei Comuni fino a 3mila abitanti avrebbe un costo di appena 800 milioni di euro annui e sarebbe un segnale per i tanti proprietari (eredi, assai di frequente) che non hanno le forze e i giusti stimoli per riqualificare i loro beni, in molti casi privi di qualsiasi possibilità di essere venduti o affittati e sui quali fra pochi anni piomberà addirittura un obbligo di riqualificazione energetica – termina – per effetto di una direttiva europea in corso di approvazione”.


di Redazione