lunedì 6 giugno 2022
Riporto una dichiarazione del presidente dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili), Gabriele Buia. Un commento che aveva fatto a valle della presa d’atto di un triste dato sull’andamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza. In particolare, la notizia negativa era che l’obiettivo di spesa, da raggiungere entro il 2021, doveva essere pari a 13,7 miliardi di euro. Invece, secondo dati ufficiali, si era attestato a 5,1 miliardi di euro. Io aggiungo che, secondo i dati che non tenevano conto di opere già partite con risorse precedenti, l’importo non superava l’importo di 1,3 miliardi di euro.
Ebbene, Buia ha precisato: “Delle grandi opere del Pnrr ne sono partite solo 4 e sono opere vecchie che sono state inserite nel Pnrr per sbloccarle. È il caso della Brescia-Padova, che arriva dalla Legge Obiettivo del 2001 e ha avuto una gestazione lunghissima ma è stata rifinanziata. Eravamo convinti che alla luce dei contratti in essere tra Pubblica Amministrazione e imprese ci volesse una norma che desse la possibilità alle imprese di sospendere i lavori in caso di sbalzi fortissimi tra la realtà del mercato e i contratti. Ci si dice che c’era già una norma simile nel Codice degli Appalti ma riteniamo che non sia applicabile alle opere sopra i 5 milioni di euro. E inoltre ci sarebbe stata la possibilità di un aggancio con il mondo dell’edilizia privata: l’edilizia vale 140 miliardi di euro all’anno, solo 33 arrivano dallo Stato. Dobbiamo dare anche ai cantieri privati la possibilità di una ricontrattazione alla luce dei rincari, altrimenti si rischia di bloccate tutte le attività in corso”.
Sempre Buia, alla risposta del Governo in cui veniva ricordato che il decreto legge Sostegni aveva aumentato i rimborsi a favore degli appaltatori, ha puntualizzato: “Non è assolutamente sufficiente: per il primo semestre del 2021 a oggi le imprese non hanno ancora ricevuto neanche un euro dal Fondo nazionale, mentre non c’è certezza di quanto ricevuto dal secondo livello delle stazioni appaltanti. Se sul secondo semestre continuano gli stessi meccanismi chi ha lavorato nel settembre dell’anno scorso vedrà la procedura di ristoro avviarsi dopo 6-7 mesi; come fanno le imprese a resistere per 10 mesi prima di percepire i sostegni? Pertanto, si devono mettere in sicurezza le opere già partite per farle completare. Negli accordi quadro con Anas e Rfi che durano più anni deve esserci la possibilità di adeguare il prezzario, non si può far riferimento al prezzo di gara. Inoltre, nelle opere che hanno avuto una revisione dei prezzari alla luce della crisi ucraina si deve applicare un meccanismo di adeguamento che sia rapido ma non crei contenziosi tra la Pubblica Amministrazione e le imprese. Sia chiaro – ha concluso Buia – non chiediamo soldi in più, vogliamo solo avere la possibilità di lavorare stando nei costi. Non possiamo lavorare senza copertura finanziaria, quindi o ci sono nuovi stanziamenti che arrivano dall’Europa, oppure l’unica soluzione è sacrificare qualche opera a vantaggio di altre”.
Ho ritenuto utile e opportuno riportare integralmente la dichiarazione del presidente dell’Ance perché emerge, in modo chiaro ed inattaccabile, una serie di verità che è bene conoscere per capire i motivi e le cause che finora, cioè a due anni dal varo del Pnrr da parte della Unione europea, non è stato possibile produrre ancora Stati avanzamento lavori (SAL) strettamente legati alle risorse autorizzate nel lontano giugno del 2020. Ed emerge, sempre da tale dichiarazione, un primo dato, che ripeto: “Delle grandi opere del Pnrr ne sono partite solo 4 e sono opere vecchie che sono state inserite nel Pnrr per sbloccarle. È il caso della Brescia-Padova che arriva dalla Legge Obiettivo del 2001”. Insisto: solo 4 e non 20 o 30 o 40 come spesso abbiamo avuto modo di leggere in comunicati ufficiali da parte di membri del passato e dell’attuale Governo.
Un secondo elemento che emerge sempre da tali parole è la ormai obbligata necessità di invocare la possibilità di sacrificare qualche opera a vantaggio di altre. Questa soluzione era stata prevista dalla Unione europea. Infatti, all’articolo 21 del Regolamento Ue 2021/241, cioè nel Regolamento che ha istituito il Next Generation Eu, una revisione è possibile solo se il Piano non può più essere realizzato in tutto o in parte a causa di circostanze oggettive come la guerra, i rincari, l’inflazione, la carenza di materie prime. In proposito, ricordo una dichiarazione del ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, nel convegno di Cernobbio di poche settimane fa in cui ha ribadito: “Il Pnrr è fondamentale ma non sufficiente in questo momento. Non credo che gli eventi degli ultimi mesi rimettano in discussione questi obiettivi di medio termine ma mettono in discussione, semmai, le politiche economiche nel breve termine. Ma non dobbiamo mettere in discussione gli obiettivi di medio termine”.
Subito dopo questa affermazione, poche settimane fa ricordai che sicuramente nel breve termine per motivi oggettivi, quali i livelli progettuali a livello di studi di fattibilità o di progetti di massima, potevano passare dal “capitolo breve termine” al “capitolo medio termine” le seguenti opere:
– sistema ferroviario Alta velocità Palermo-Messina-Catania;
– asse ferroviario Alta velocità Salerno-Reggio Calabria;
– asse ferroviario Alta velocità Taranto-Potenza-Battipaglia.
In realtà, si recupererebbero circa 12 miliardi (ricordo che per l’asse ferroviario Salerno-Reggio Calabria sul Pnrr ci sono solo 1,8 miliardi di euro, mentre sul sistema Alta velocità Palermo-Messina-Catania sono trasferite le risorse dal Pnrr al capitolo una volta garantito dalla Legge Obiettivo per oltre 8 miliardi di euro). È davvero strano ma un primo tagliando del Pnrr ancora non ufficiale porterebbe già a una esigenza aggiuntiva di circa 11 miliardi di euro (questa strana equivalenza è sicuramente solo un fatto casuale). Sicuramente le Regioni del Sud denunceranno che una operazione del genere sarebbe assurda. E farebbe passare le percentuali di risorse assegnate al Meridione denunciate in tutte le occasioni, dal 40 per cento, al 50 per cento, al 60 per cento ad appena il 12 per cento. Sicuramente qualche membro del Governo ci tranquillizzerebbe, dicendo che trattasi solo di un passaggio dal breve al medio termine.
Già in un recente passato avevo anticipato queste mie preoccupazioni e questi dati, ma per chi mi legge rimane sempre il dubbio che il mio approccio sia prevenuto o eccessivamente pessimistico. Oggi, invece, ci sono conferme da parte di un presidente dell’Ance e, indirettamente, di un ministro della Repubblica. E quindi, automaticamente, vengono meno le assicurazioni su avanzamenti programmatici, su avanzamenti progettuali, su prossime aperture di cantieri.
Pertanto, nasce spontaneo un mio personale consiglio: fino a quando non saremo in grado di raggiungere il primo obiettivo di reale spesa di risorse del Pnrr pari a 13,7 miliardi. Fin quando non saremo in grado di produrre un programma dettagliato della spesa delle risorse da spendere entro il 2022, pari a circa ulteriori 16 miliardi, evitiamo annunci, convegni, interviste. E pensiamo a recuperare non solo il tempo perduto, ma impegniamoci a recuperare la credibilità che, purtroppo, rischia di essere persa in modo irreversibile.
Un suggerimento, infine, al presidente Buia: d’ora in poi racconti in modo sistematico i dati e le informazioni che spesso membri del Governo forniscono, senza tener conto poi che i veri certificatori di tali verità sono solo i costruttori che realizzano concretamente le opere.
(*) Tratto dalle Stanze di Ercole
di Ercole Incalza (*)