mercoledì 1 giugno 2022
Pochi giorni fa finalmente è comparsa, su vari giornali, la notizia relativa al trasferimento alle Camere, da parte del presidente del Consiglio dei ministri, del documento una volta chiamato “Allegato Infrastrutture al Def” e dopo “Connettere l’Italia”. In tale documento viene prospettato un disegno strategico di orizzonte decennale, che in realtà va oltre l’arco programmatico e temporale del Pnrr. Ritengo utile ricordare che il documento dà per acquisita la realizzazione dell’intero Pnrr entro il 2026.
Ebbene, nel documento emergono quali siano gli ulteriori fabbisogni finanziari dopo il Pnrr ed emerge che per le infrastrutture di trasporto occorrono ulteriori 70,4 miliardi di euro. A tale importo si arriva in base a una richiesta di interventi nel comparto delle reti viarie, non inserite nel Pnrr per motivi ambientali, pari a 20,3 miliardi di euro, a 43,4 miliardi per la continuazione degli investimenti ferroviari nei contratti di programma di Rfi; inoltre, sono comparse ulteriori esigenze per le reti metropolitane non coperte dal Pnrr per un importo di 3,8 miliardi di euro e 2 miliardi per le ciclovie, 7,7 miliardi per le reti idriche e 1,5 miliardi per completare il finanziamento del programma di rigenerazione urbana.
In realtà, effettuando una analisi più attenta si sfiorano gli 80 miliardi. Risorse da ricercare tutte nelle Leggi di Bilancio o nel Fondo di Sviluppo e Coesione 2021-2027. Inoltre, sempre in tale proposta programmatica compare, tra le opere prioritarie del Sud, il completamento della strada statale 106 Jonica e, addirittura, si è ribadito che tale intervento diventerà la bandiera di un nuovo ciclo di investimenti per il Sud. In particolare, nei vari comunicati stampa viene detto anche quale possa essere l’esigenza finanziaria per dare completa esecuzione all’opera. La richiesta è di 3 miliardi di euro includendo il completamento della tratta Catanzaro-Crotone (1,8 miliardi) e l’avvio della tratta Crotone-Sibari e del collegamento fino a Reggio Calabria. Quest’ultima stima è sottovalutata, perché in realtà il valore supera i 4,4 miliardi di euro. Per evitare interpretazioni poco corrette, preciso che quest’opera era prevista già nel Programma delle Infrastrutture Strategiche della Legge Obiettivo (cioè sin dal dicembre 2001) e che un anno fa sono stati avviati, dopo che il Cipe aveva approvato il progetto nel 2014, i lavori di un lotto pari a circa 1,3 miliardi di euro.
Senza dubbio è interessare allargare il respiro programmatico oltre il 2026 ed è anche corretto arricchire e completare il Pnrr e il Piano nazionale complementare con una serie di interventi non inclusi e scartati in prima fase ma, a mio avviso, ogni visione programmatica e ogni prospettazione di esigenze aggiuntive è necessario, come primo atto, supportarla da un preciso riferimento alle risorse esistenti e alle aggiuntività garantite dalle Leggi di Bilancio.
Poche settimane fa a tale proposito ho ricordato che faremmo bene ricordare che degli oltre 338 miliardi di euro assegnati dalla Unione europea (vedi Tabella 1) solo 126 miliardi sono a fondo perduto il resto comporta impegni a carico del bilancio dello Stato. Cioè annualmente, nei prossimi quattro-cinque anni (prima delle scadenze imposte dalla Unione Europea 2026 e 2027), dovremmo assicurare una copertura, nelle nostre Leggi di Stabilità, di circa 40 miliardi di euro all’anno. Una cifra enorme se comparata con quella finora garantita negli anni passati pari a 5-7 miliardi di euro all’anno.
Quindi, il vero limite a ogni impostazione programmatica e a ogni impianto di scelte prioritarie con indicazione delle esigenze trova come primo elemento critico un quadro di disponibilità o di prevedibili disponibilità legate però, come detto prima, a una copertura pubblica di circa 212 miliardi di euro. E questa esigenza è strettamente legata proprio al supporto dei quattro riferimenti prima richiamati e cioè il Pnrr, il Fondo di Sviluppo e Coesione (2014-2020) e (2021-2027) e il Piano nazionale complementare. Mi meraviglio, infatti, che questo provvedimento allegato al Def sia stato condiviso anche dal ministero dell’Economia e delle Finanze, perché appare evidente che già le attuali esigenze e le attuali disponibilità sono talmente elevate e talmente contenute nel tempo da non poter sopportare, a valle del 2026, ulteriori disponibilità di “cassa”.
Ma la cosa più preoccupante non è quella relativa al confronto tra esigenze e disponibilità già globalmente presenti nella Tabella 1, quanto la reale attivazione della spesa di tale volano. Ricordo che, togliendo le risorse assegnate dal Pnrr e dal Fondo React Eu, cioè quelle assegnate solo quasi due anni fa e quindi, alla luce della lentezza con cui si è attivato concretamente l’intero programma, ancora non attivate, rimangono invece le risorse ancora ferme da 8 anni. Mi riferisco a quelle del Fondo 2014-2020 e quelle inserite nel Piano nazionale complementare (in realtà la copertura è del 2022 ma, se si esaminano le opere incluse, si scopre che la maggior parte di esse risale ad interventi già inseriti dalla Legge 443/2001).
Appare evidente che, di fronte a un simile atto del Governo, di fronte a questa lunga analisi e a questa presa d’atto di ciò che occorrerà per dare maggiore organicità alla programmazione definita sin dal giugno 2020, nasca spontaneo un interrogativo. Soprattutto da parte della Unione Europea: cosa è stato speso finora? La nostra risposta sarà che alcune risorse assegnate sono state trasferite a opere già in corso, come la Genova-Milano e la Napoli-Bari, ma l’Unione europea insisterà chiedendoci: quali sono le opere presenti nel Pnrr e partite a valle dell’autorizzazione, da parte dello stesso, della Unione europea?
Non è la mia una folle testardaggine ma non ha senso programmare il futuro, non ha senso illudere la Regione Calabria inserendo tra le priorità un’opera prioritaria da sempre e in particolare dal 2001 grazie alla Legge Obiettivo, non ha senso chiedere aggiuntività finanziarie quando appare evidente che dal 2015 la macchina dello Stato, il motore della spesa, è praticamente spento.
Per questo cerchiamo, una volta per tutte, di fare riferimento solo a ciò che è il quadro vero e misurabile dei progetti e quando e come tale quadro possa dare vita a dei cantieri. Il Def è un documento importante, perché poi sarà la base della prossima Legge di Stabilità 2023, in quella occasione conteranno non i riferimenti programmatici, non gli annunci, non gli impegni a fare ma quali sono gli Stati avanzamento lavori (Sal) attivati e in corso di attivazione. D’altra parte, dopo il 31 dicembre 2022 (data di approvazione della Legge di Stabilità 2023) mancheranno solo tre anni al 31 dicembre 2026 (data finale del Pnrr). E in tre anni, oltre a realizzare le opere, dovremo anche garantire annualmente la copertura delle nostre quote. Evitiamo, ripeto, di innamorarci di disegni e di prospettazioni che poi rimangono tali. E ricordiamoci che nei primi mesi del 2023 c’è anche una verifica elettorale. In quella occasione contano solo i dati reali, conta solo l’uso del “passato prossimo” e non del “futuro”. Cioè conta solo cosa “abbiamo fatto” e non cosa “faremo”.
(*) Tratto dalle Stanze di Ercole
di Ercole Incalza (*)