lunedì 28 marzo 2022
Come i lettori de L’Opinione già sanno, il 75 per cento del risparmio degli italiani viene investito all’estero, cioè va a finanziare le economie di altri Paesi. Questa è una vera disgrazia per l’Italia, soprattutto in termini di occasioni sprecate, se si pensa che la propensione al risparmio degli italiani è seconda solo a quella del Giappone. Proviamo a immaginare la spinta che riceverebbero gli investimenti nazionali se il risparmio che attualmente esce dalle frontiere per dirigersi a Londra, Francoforte e New York rimanesse, se non tutto almeno in parte, in Italia.
Chiediamoci, allora, il motivo per il quale il risparmio non viene trattenuto e va ad alimentare fondi esteri. Una ragione, ma non certamente l’unica, è che la Borsa di Milano ha dimensioni tutto sommato ridotte, per cui non esiste un mercato dei capitali all’altezza della terza economia dell’Unione europea. I gestori, pertanto, sono costretti a trovare all’estero quello che manca in Italia. Un dato su tutti può chiarire il ragionamento: benché l’Italia sia il Paese delle piccole e medie imprese, solo 175 di esse sono oggi quotate all’Euronext growth Milan, l’ex Aim, (e già ci sarebbe da dire sul fatto che il mercato milanese delle Pmi traduca in inglese anche il nome di Milano). Alla Borsa di Londra le Pmi quotate sono oltre tremila, cioè diciotto volte quelle di Milano.
È evidente che oltre a ragioni storiche, che portano Londra a contendere con New York il ruolo di prima borsa al mondo, esistono anche ragioni legate al trattamento fiscale e alla semplificazione delle procedure. Certo, le motivazioni sono anche altre, ad esempio che le piccole imprese italiane hanno spesso un carattere famigliare poco propenso a forme di controllo esterne e a partecipazioni finanziarie di terzi. Per ragioni che sfuggono, l’Italia ha ridotto le agevolazioni fiscali in favore delle piccole società che intendono affacciarsi alla Borsa milanese. È evidente che questa misura restrittiva non aiuterà la crescita dell’Euronext growth Milan e, in generale, della Borsa meneghina. I gestori del risparmio continueranno a cercare all’estero ciò che il mercato interno dei capitali non è in grado di offrire.
di Andrea Cantadori