venerdì 25 marzo 2022
Non ci troviamo in una “economia di guerra” ma ci confrontiamo con una guerra delocalizzata come ai tempi della “Guerra fredda” ma che anche globale sotto il profilo geopolitico. Se avessimo praticato il miglior metodo per ottenere pace, già conosciuto nella Roma imperiale e dal presidente Usa, Theodore Roosevelt, quando suggeriva “speak softly and carry a big stick; you will go far”, non ci troveremmo di fronte a una guerra mondiale in chiave economica.
L’economia esige soluzioni, non chiacchiere. Quindi tra il “me ne frego dell’Ucraina” di Alessandro Orsini & company (qui un punto di vista sulle sue simpatie) e il bombardare Mosca in stile Stranamore, si deve cercare una terza via. Invece di cercare soluzioni, ci si divide in schieramenti. Si rema in opposte direzioni, stando sulla stessa barca. Qualcuno straccia la propria dignità e coscienza, altri urlano come beceri. Mentre in Italia i talk show vanno avanti, in Ucraina proseguono i tank show.
Dove va invece la nostra economia?
Sul piatto pesano le conseguenze della pandemia e le tristi novità della guerra voluta da Vladimir Putin, con le ricadute sui costi dell’energia e dei prodotti di consumo. A questo proposito, si deve notare la grave distrazione dei media sul gravissimo aumento del 10 per cento da parte dell’Egitto sul transito delle navi lungo il Canale di Suez. Sarà una nuova “accise” sul costo finali delle importazioni, un colpo alla stessa Cina, non solo ai nostri consumatori. La risposta può essere l’India? L’India può, nell’immediato futuro, sostituire la Cina come hub della manifattura mondiale. Ha il vantaggio di non essere legata al putinismo come la Cina, che per suo conto ha una velleità bellica su Taiwan, oltre a essere una dittatura. Se l’India si avvicinasse all’Occidente, come ha dato cenni dopo la formazione di Aukus, chiuderemmo la partita con le velleità sino-russe-iraniane, grazie a un maggiore equilibrio strategico in Asia. Parlandone in termini economici, il trasporto di merci dai porti indiani costituirebbe un incredibile risparmio sul costo dei prodotti, dal momento che Mundra, il maggior porto commerciale indiano, è più vicino a Genova e Trieste di ben 2800 miglia nautiche rispetto al porto di Shanghai (vedi anche l’impressionante tracciamento del commercio navale). L’India è uno dei due aghi della bilancia per un mondo meno monopolizzato dall’energia russa e dalla manifattura cinese. L’altro è costituito dal gas e dal petrolio del Caucaso, arabo e qatarino, prima che scorrano i fiumi di latte e miele delle energie pulite.
Consoliamoci con Fincantieri
In attesa della big thing indiana, ci possiamo consolare leggendo i dati diffusi da Fincantieri, fiore all’occhiello dell’industria di Stato. Intanto, il Raggruppamento temporaneo di imprese, di cui fa parte Fincantieri Infrastructure opere marittime, ha siglato con l’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Settentrionale il contratto per la realizzazione delle opere marittime di difesa e dei dragaggi relativi alla prima fase della Piattaforma Europa. Il contratto ha un valore di circa 383 milioni di euro. Si tratta di una delle opere infrastrutturali marittime più rilevanti nel panorama italiano. Permetterà di raddoppiare i traffici commerciali del porto di Livorno, che potrà accogliere anche le navi porta-container di nuova generazione, con una ricaduta sullo sviluppo della città e della Regione Toscana. I lavori avranno una durata di circa 4 anni e mezzo, inclusa la realizzazione di una nuova diga foranea esterna di 4,6 chilometri e di altre interne per 2,3 chilometri.
Fincantieri: i risultati consolidati del 2021
– Ricavi e proventi in crescita del 28,3 per cento, a euro 6.662 milioni rispetto a euro 5.191 milioni nel 2020;
– ebitda 2021 (gli utili prima di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamenti) in aumento del 57,4 per cento rispetto al 2020, pari a euro 495 milioni;
– risultato netto adjusted positivo per euro 92 milioni (negativo per euro 42 milioni nel 2020) e utile netto positivo per euro 22 milioni (negativo per euro 245 milioni nel 2020) dopo aver scontato oneri per amianto (euro 55 milioni) e per Covid-19 (euro 30 milioni);
– indebitamento finanziario netto pari a euro 859 milioni (euro 1.062 milioni al 31 dicembre 2020), in diminuzione nonostante l’incremento dei volumi di produzione e gli investimenti del periodo.
Andamento operativo
– Carico di lavoro complessivo 115 navi, euro 35,5 miliardi pari a 5,3 volte i ricavi 2021, di cui: backlog (euro 25,8 miliardi e 91 navi in consegna fino al 2029) e Soft backlog (euro 9,7 miliardi);
– volumi di produzione a livelli record con 16,4 milioni di ore lavorate rispetto ai 13,1 milioni del 2020 e 15,6 milioni del 2019;
– consegnate 19 navi da 12 stabilimenti;
– investimenti pari a 358 milioni volti a supportare l’efficientamento produttivo dei cantieri italiani e esteri e sviluppare lo standard tecnologico;
– offshore wind-vard si conferma leader di mercato nella produzione di Service operation vessels per l’industria wind offshore in termini di ordini acquisiti e diversificazione della clientela.
Iniziative strategiche
– Cold Ironing: accordo con Enel X per la realizzazione e gestione di infrastrutture portuali a basso impatto ambientale e l’elettrificazione delle attività logistiche a terra;
– transizione ecologica: costituita Power4Future per la produzione di batterie al litio, per uso navale;
– navi a idrogeno: accordo con Msc e Snam per uno studio di fattibilità finalizzato a esaminare i requisiti per la costruzione della prima nave da crociera al mondo alimentata a idrogeno;
– idrogeno verde: firmato un Protocollo d’intesa con Enel Green Power Italia per individuare possibili soluzioni per la produzione, la fornitura, la gestione e utilizzo di idrogeno verde per le aree portuali e il trasporto marittimo a lungo raggio;
– decarbonizzazione: sottoscritto un Memorandum of understanding con Eni;
– difesa europea: siglato un accordo con Navantia al fine di rafforzare la collaborazione nel settore navale e marittimo nella Difesa europea e presentata offerta per la Modular and multirole patrol corvette (Mmpc) dal consorzio formato da Fincantieri, Naval Group e Navantia.
Sostenibilità
– Sustainalytics, società controllata da Morningstar e specializzata nella valutazione delle aziende nella gestione dei rischi Esg, per il primo anno, ha posizionato Fincantieri nella fascia “Low Risk” e al sesto posto su 121 società del paniere Heavy machinery and trucks;
– Universum ha classificato Fincantieri al primo posto per il terzo anno consecutivo come “Italy’s Most Attractive Employer” fra le aziende del settore “Manufacturing, mechanical and industrial engineering”;
– Green Star 2021: Fincantieri al primo posto in Italia nel settore “Ingegneria, costruzione e infrastrutture” per l’impegno verso la green economy secondo l’Istituto tedesco di qualità (Itqf);
– Excellence in safety qward: Shipbuilders council of America (Sca) ha riconosciuto a Fincantieri Marinette Marine il premio “Excellence in Safety Award” e a Fincantieri Bay Shipbuilding (Sturgeon Bay) il premio “Improvement in safety award”, per la salute e sicurezza dei due cantieri.
di Paolo Della Sala