L’inflazione spaventa le imprese

giovedì 24 marzo 2022


“Il deflagrare del conflitto bellico in Ucraina sta avendo – e continuerà ad avere – un impatto fortissimo sulle nostre attività, sia per gli effetti sulla dinamica dei prezzi delle materie prime energetiche e sull’approvvigionamento di specifiche materie prime alimentari, sia per le giuste e necessarie sanzioni elevate dalla Comunità internazionale a carico della Russia e sia per l’effetto domino sui flussi turistici, linfa vitale per il nostro settore”.

Queste le parole di Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi)-Confcommercio, nell’illustrare il rapporto annuale realizzato in collaborazione con Bain&Company e Tradelab. Secondo quanto emerso, la “tempesta perfetta che da oltre due anni si sta abbattendo sui pubblici esercizi” sembra proprio non abbia intenzione di fermarsi. Da una parte le restrizioni per contenere la pandemia da Covid che stanno facendo sentire i loro effetti, dall’altra il rialzo dei prezzi – di materie prime ed energia – che non fanno altro che accrescere l’incertezza tra gli imprenditori.

“Non è più rinviabile l’eliminazione delle misure restrittive adottate in Italia per mitigare la pandemia. Misure che oggi, grazie ai vaccini, possiamo e dobbiamo cancellare – prosegue Stoppani – anche per ricostruire un clima di fiducia in grado di riavviare i consumi in forte sofferenza. Alle emergenze prezzi e consumi se ne aggiunge una terza, l’occupazione. In questi due anni le imprese hanno subito una pesante perdita di capitale umano a cui occorre rimediare con la massima urgenza recuperando produttività ed attrattività. Senza produttività non si fanno investimenti, non si attraggono capitali e non si remunera meglio il lavoro. E senza attrattività non si investe nelle sue professioni, creando i problemi di reperimento del personale che le aziende denunciano. Ma quello che manca – conclude – è una vera politica di settore che ne riconosca il valore per lo sviluppo del Paese. Su questo obiettivo concentreremo la nostra iniziativa e il nostro impegno”.

Quello che doveva essere l’anno della ripartenza, il 2021, “ha mantenuto la promessa solo per il 16 per cento delle imprese – si legge in una nota – i cui fatturati sono cresciuti, mai però più del 10 per cento. Per il 73 per cento degli imprenditori, invece, il calo del volume di affari è stato verticale, a causa delle lunghe limitazioni con conseguente contrazione dei consumi. Gli italiani hanno speso oltre 24 miliardi di euro in meno nei servizi di ristorazione rispetto al 2019, equivalente al 27,9 per cento. Naturale conseguenza di questa dinamica, e del relativo clima di sfiducia che si è sviluppato attorno al settore, è stata la scomparsa di 194mila posti di lavoro rispetto al periodo pre-Covid”.


di Mimmo Fornari