L’utilizzo dei fondi comunitari nel Mezzogiorno

mercoledì 23 marzo 2022


Forse sarà bene non fare più dichiarazioni azzardate

La ministra Mara Carfagna ha rilasciato un’intervista al quotidiano la Repubblica del 17 marzo scorso, in cui alla seguente richiesta della giornalista Valentina Conte: “Un’altra fonte di rilancio del Sud è il Fondo sviluppo e coesione. A che punto siamo con la programmazione?” la ministra ha precisato: “Entro l’estate intendo completare la programmazione del Fondo, portarla in approvazione al Cipess e rafforzare con gli oltre 58 miliardi ancora da impegnare il grande progetto di rilancio del Sud tracciato con il Pnrr. Ho presentato in Consiglio dei ministri la prima informativa sulla ripartizione del Fondo, esito di un articolato confronto con tutti i soggetti, a cominciare dalle Regioni, e di una due giorni di ascolto organizzata nel dicembre scorso”. Ma, giustamente la giornalista Valentina Conte ha insistito: “Ma sui Fondi strutturali europei “vecchi”, l’Italia è in ritardo.

In sette anni (2014-2020) ne ha rendicontati a Bruxelles il 46 per cento: 28 miliardi. Sono avanzati 33 miliardi: riusciremo a spenderli in due anni, 2022-2023?” e la ministra Carfagna risponde ribadendo: “Sicuramente sì, aiuteremo le Amministrazioni in difficoltà a raggiungere l’obiettivo. E per il futuro cambieremo passo. Abbiamo portato anche nell’ambito dei Fondi strutturali il “modello Pnrr”: monitoraggio costante e utilizzo dei poteri sostitutivi. Ci aiuterà a usare meglio le risorse e a evitare la corsa ai rendiconti dell’ultimo minuto”. Dopo aver letto questi passaggi della intervista ho ritenuto utile rileggere interviste analoghe fatte alla ministra del Sud Barbara Lezzi nel settembre 2018, nel mese di dicembre 2018, nel marzo 2019 e nel mese di luglio 2019 ed ho trovato addirittura dichiarazioni cariche di ottimismo e piene di assicurazioni sul pieno rispetto delle date previste dal Piano dei Fondi strutturali e ogni possibile ritardo sarebbe stato superato in pochissimo tempo.

Poi ho effettuato una capillare ricerca delle interviste rilasciate dal ministro, sempre per il Sud e la coesione territoriale, Giuseppe Provenzano il quale non solo ha rilasciato nel settembre 2019, appena nominato ministro, una intervista programmatica in cui anticipava la redazione di un “Piano per il Sud” costruito intorno a 5 grandi missioni pensate per colmare il deficit di sviluppo nel meridione d’Italia, ma assicura anche un pieno impegno a garantire il rafforzamento della clausola del 34 per cento delle spese in conto capitale da destinare al Sud. Nel mese di gennaio 2020 l’ex ministro Provenzano ha continuato a fornire dati positivi sull’avanzamento dei programmi e delle opere nel Mezzogiorno; poi nel mese di luglio 2020 ha anticipato una azione organica mirata ad una migliore organizzazione della programmazione nella gestione dei fondi europei.

Più volte ho ricordato queste dichiarazioni che, purtroppo, sono rimaste tali e forse, nel migliore dei casi, sono rimaste all’interno di quella inutile categoria che raggruppa le cosiddette “buone intenzioni”. Dal 2018, dalle prime dichiarazioni dell’ex ministra Barbara Lezzi, e dopo quelle dell’ex ministro Giuseppe Provenzano, cioè dopo quattro anni (ripeto quattro anni e non quattro mesi o quattro settimane) nel Mezzogiorno sono stati pagati stati di avanzamento lavori per soli 215 milioni di euro (di opere partite nel lontano 2016), ma, come chi segue i miei blog nelle “Stanze di Ercole” ricorderà, io ebbi modo di riportare, nel mese di dicembre 2019, le dichiarazioni del direttore generale del Dipartimento della politica regionale ed urbana dell’Unione europea Marc Lemaître a Palermo in occasione dell’assemblea generale delle Regioni periferiche della Comunità.

In quella sede Lemaitre precisò non solo la inadempienza del nostro Governo nell’erogare integralmente il 50 per cento delle quote del Fondo di sviluppo e coesione ma anche l’assurda stasi nell’utilizzo delle risorse; in quella sede apprendemmo che dei 54 miliardi di euro autorizzati nel 2014 avevamo speso solo 4 miliardi di euro (quattro miliardi di euro). Questa, purtroppo, è storia e quindi sono rimasto sconcertato che, dopo oltre un anno dal suo insediamento, la ministra Mara Carfagna possa continuare ad assicurare impegni programmatici e a garantire un “cambio di passo”. In più occasioni ho ribadito la mia piena stima e fiducia nella ministra e, quindi, non solo sono convinto della sua buona fede ma, addirittura, sono sicuro che il suo ottimismo, la sua carica di buona volontà siano supportate da informazioni prodotte da consiglieri che ripongono nel futuro l’unico riferimento in grado di risolvere ciò che finora non è stato fatto.

Forse se la ministra Carfagna non chiedesse più alle varie amministrazioni regionali, ai vari Comuni o ai vari organismi centrali (ricordo che una parte sostanziale dei Fondi strutturali è relativa ai Programmi operativi nazionali e quindi rientra nelle competenze dei ministeri e delle grandi aziende) quali sono i Sal (Stati avanzamento lavori) pagati su risorse provenienti dai Fondi Strutturali e al tempo stesso facesse presente alle varie stazioni appaltanti che il mancato rispetto delle previsioni di pagamento Sal porterebbe all’annullamento dell’intervento, allora penso porremmo fine a questa continua altalena mediatica di impegni, di programmi, di assicurazioni e di elencazioni di percentuali di risorse al Sud che finora rimangono solo percentuali.

Sono sicuro che la ministra chiederà alla Ragioneria generale dello Stato un riscontro sulla spesa reale e sono sicuro vorrà conoscere non le previsioni generiche dei possibili avanzamenti ma chiederà ad ogni Stazione Appaltante le Wbs dei vari interventi (la Work Breakdown Structure rappresenta la struttura analitica del progetto, con l’elenco di tutte le attività in esso contenute e di tutte le cadenze temporali di avanzamento reale delle sue componenti).

Solo dopo questa analisi capillare, solo dopo questo lavoro analitico crolleranno tante gratuite assicurazioni e capiremo anche il perché ad un aumento del Prodotto interno lordo nel 2021 non ha fatto seguito nel Mezzogiorno una riduzione della povertà ma addirittura un aumento della stessa; la ministra Carfagna lo sa bene, in quanto cittadina del Sud, la causa è sola una: la incapacità della spesa.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)