Guerra in Ucraina: il coinvolgimento della logistica

giovedì 10 marzo 2022


Il primo marzo scorso la Mediterranean shipping company (Msc), una delle prime compagnie di navigazione al mondo per la capacità di trasporto della sua flotta, fondata dall’italo-svizzero Gianluigi Aponte, ha denunciato il blocco delle attività di cargo. È utile ricordare che anche il gigante danese Maersk aveva pochi giorni prima annunciato la sospensione dei suoi servizi nei porti della Russia. Queste due compagnie raggiungono una quota di mercato del 17 per cento su scala globale e collegano il Paese con il resto del mondo attraverso i punti di accesso nel Mar Baltico, nel Mar Nero e sulla costa orientale.

Accanto a queste due grandi società si sono aggiunte, negli stessi giorni, la giapponese Ocean network express che ha avvisato i suoi clienti che le rotte da e per la Russia sarebbero state interrotte seguendo anche quanto deciso dall’azienda tedesca Hapag-Lloyd. In meno di due giorni quattro delle sei più grandi compagnie container al mondo hanno praticamente annullato i fornitori e i clienti che, attraverso le vie marittime, consentivano alla Russia di sopravvivere sui mercati mondiali. Sempre la Msc ha dichiarato: ci saranno ritardi significativi, poiché Paesi come la Danimarca, l’Olanda, il Belgio e la Germania stanno trattenendo le navi in rotta verso la Russia alla ricerca di merci soggette a restrizioni.

Ho voluto portare questo esempio perché, a mio avviso, testimonia un blocco all’intero impianto logistico del pianeta; un blocco che, purtroppo, per le cose che dirò dopo durerà molto a lungo. I fattori che allungheranno questo gravissimo blocco possono essere i seguenti:

la Russia per colpa del suo presidente ha perso la sua credibilità e ogni azione bellica ritenuta fino a ieri impossibile diventa d’ora in poi possibile, quindi cambiano integralmente tutti i prodotti assicurativi che garantivano fino a ieri tutti i processi logistici;

alcuni impianti portuali, quali quelli del Mar Nero, diventano automaticamente scali poco sicuri e senza dubbio per molti anni vincolati da forme di vero blocco alle movimentazioni;

le logiche definite dalla supply chain, non potendo parzializzare alcuni itinerari, non potendo cioè escludere, per alcune filiere, il transito in alcuni terminali, imporranno una esclusione in partenza di determinate filiere merceologiche;

prenderanno corpo pericolosi e costosi itinerari alternativi; itinerari che sicuramente metteranno in crisi anche la fragranza di determinati prodotti alimentari;

– ci sarà una delocalizzazione di alcune aree produttive, sia nel comparto agroalimentare, sia in quello industriale; questo fenomeno complesso e sicuramente non facile, purtroppo, saremo costretti a viverlo e a misurarlo nel breve periodo. Diventerà infatti quasi automatico annullare delle aree di produzione che difficilmente torneranno a essere tali nel medio periodo.

Quindi, quando, in questi giorni, effettuiamo previsioni sulla crescita della inflazione o sulla decrescita del Prodotto interno lordo nel corrente anno, commettiamo un errore sostanziale, perché quello che saremo costretti a subire nei prossimi quattro-cinque anni non è solo un fatto congiunturale temporaneo legato al fenomeno bellico ma è, a tutti gli effetti, una modifica sostanziale dei riferimenti logistici che da più di settanta anni caratterizzavano il teatro economico del pianeta.

In realtà, dovremo subito dare corso alla identificazione di nuovi scenari che non potranno sottovalutare una rivisitazione di quei parametri che, per anni, avevano garantito la crescita e dovremo, al tempo stesso, rivisitare la lunga serie di abitudini che avevano reso forti alcune aree economiche rispetto ad altre aree sempre più deboli. Per assurdo, saremo costretti a rileggere le potenzialità di alcune aree ritenute marginali come il Mezzogiorno d’Italia o come quelle ubicate nel Continente africano. In fondo, questa folle ed inqualificabile esperienza di Vladimir Putin ci porta, obbligatoriamente, a ridisegnare tanti nuovi siti delle attività logistiche, tante nuove occasioni tutte diverse da quelle che ritenevamo consolidate ed inattaccabili.

Sono convinto che questo approccio, da molti, sarà ritenuto pessimistico o addirittura classificato come “terrorismo mediatico”. Ma, più volte, ho ricordato che i fenomeni logistici sono molto simili a quelli tellurici: un sisma in un determinato punto della terra crea danni rilevanti anche in realtà territoriali molto distanti. Ebbene, questo tragico evento della guerra in Ucraina ha immediatamente cambiato, (ripeto cambiato e non modificato temporaneamente) i canoni consolidati del nostro sistema logistico mondiale.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)