Il caos concessioni balneari e la sindrome di Tafazzi

lunedì 21 febbraio 2022


Il Consiglio dei ministri del 15 gennaio 2022 ha approvato “all’unanimità” lo schema di disegno di legge in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative in aree ricadenti nel demanio marittimo. È un disegno di legge delega: pertanto il Governo può emanare i decreti legislativi attuativi della legge delega, così come approvato dal Parlamento che ne fissa i limiti.

Se dovesse essere accolto lo schema legislativo, così come è stato predisposto nel disegno di legge, risulterebbe devastante per le imprese balneari. Sono certo che in Parlamento le forze politiche più sensibili agli interessi degli imprenditori italiani cercheranno di limitare i danni derivanti da una norma che ci è stata imposta dalla Unione europea e che, ribadisco, parte da una errata interpretazione della direttiva Bolkestein: le concessioni sono beni immateriali e sono funzionali allo svolgimento di una determinata attività di vendita di beni e servizi.

I futuri decreti legislativi del Governo dovranno disciplinare la complessa materia che riguarderà in estrema sintesi i seguenti aspetti:

– il razionale e sostenibile utilizzo del demanio marittimo;

– il dinamismo concorrenziale;

– la determinazione di criteri omogenei per l’individuazione delle aree suscettibili di affidamento in concessione;

– l’adeguata considerazione degli investimenti effettuati dagli attuali concessionari;

– l’adeguata valutazione del valore aziendale dell’impresa;

– la valutazione della professionalità acquisita dagli operatori;

– la qualità del servizio offerto e i relativi prezzi;

– la valutazione di quelle piccole imprese per le quali, nei cinque anni precedenti, il reddito del gestore derivi prevalentemente dalla attività dello stabilimento balneare.

In sostanza, la presunta riforma che dovrebbe recepire la direttiva Bolkestein, che aveva come obiettivo le liberalizzazioni e la concorrenza nei servizi, se non venissero apportate profonde modiche a salvaguardia degli attuali operatori, sembrerebbe un piano quinquennale di sovietica memoria. Ritengo scontata la buona fede dei nostri politici che stanno nel Parlamento italiano; ciò però non esclude il fatto che sembrano affetti dalla “sindrome di Tafazzi”.


di Antonio Giuseppe Di Natale