Meta/Facebook, Bitcoin e criprovalute rischiano il tracollo

venerdì 4 febbraio 2022


Le Borse mondiali in questo periodo oscillano selvaggiamente, più del Pendolo di Foucault. Meta Platforms, nuovo nome della holding che ha in portafoglio Facebook, non porta fortuna al suo master & commander Mark Zuckerberg. C’è un calo quasi irrisorio del titolo (un utile per azione di 3,67 dollari, contro un utile atteso di 3,84), e ciò fa pensare a un tentativo di speculare, in stile Una poltrona per due.

Tuttavia, sono soprattutto le tendenze di Facebook a dar da pensare agli analisti umani ed elettronici. La curva di crescita sembra stabilizzarsi sul negativo: l’outlook non conforta e la caduta in Borsa è stata pesante (-250 miliardi di perdita in una seduta), anche se la capitalizzazione di Meta resta vicina ai 1000 miliardi. A novembre Elon Musk ha perso in un solo giorno 35 miliardi di dollari, dopo che ha sbagliato un post su Twitter, chiedendo ai suoi follower se fossero d’accordo con l’idea di cedere il 10 per cento delle azioni Tesla. Non ci sono quindi certezze in Borsa, ma questo si sapeva già da secoli. Il fatto è che oggi il rischio riguarda i big player della capitalizzazione, che possono essere giganteschi anche nel caso di un crollo, con esiti da 1929.

Poi c’è il fantasma delle criptovalute. Fino a qualche mese fa sembravano quasi le uniche – più del fu Bin Laden, più di Mao Zedong e Leonid Breznev messi insieme, più degli strafalcioni economici di George Walker Bush e Bill Clinton – a poter mettere in crisi il sistema valutario internazionale fondato sul dollaro. Poi Bitcoin ha perso il 50 per cento in soli due mesi, gli ultimi del 2021 e l’intero mercato delle criptovalute ha perso circa 130 miliardi di valore nella scorsa settimana.

Oggi sul collo delle criptovalute arriva la possibile mannaia di una tassazione da parte di una nazione come l’India. L’idea che circola tra New Delhi e Mumbai è di tassare del 30 per cento tutti i guadagni finanziari sia nelle criptovalute sia nel mercato virtuale Nft. Gli Nft (“Token non fungibile”, in lingua finanziaria), sono dei beni reali di valore, come gli oggetti d’arte e qualsiasi cosa che possa valorizzarsi nel tempo, che possono formare una collezione virtuale (ma reale, per quanto pagata in criptovalute), la cui proprietà è registrata su blockchain. Il successo del mercato commerciale Nft è stato stellare nel 2021, quando le “celebrities” si sono tuffate a capofitto sulla nuova Sotheby’s: un’opera Nft dell’artista Beeple è stato venduta per 69 milioni di dollari. Tra i comproprietari della collezione Bored Ape Yacht Club ci sono Eminem, Paris Hilton e Justin Bieber.

Il mercato Nft ha raggiunto un valore attorno ai 50 miliari di dollari e non ha avuto il tracollo subito da Bitcoin ed Ether, le più importanti criptovalute. L’India colpirebbe quindi l’interscambio delle criptovalute e quello di chi opera nel mercato commerciale Nft. La ministra delle Finanze, Nirmala Sitharaman, durante una discussione sul Bilancio di previsione nazionale nel parlamento indiano, ha annunciato le linee guide del progetto di tassazione: “È imperativo dotarsi di specifiche policy per il settore finanziario virtuale”. Dopo queste dichiarazioni, comunque, i principali operatori del settore in India non hanno risentito negativamente della proposta della ministra Sitharaman, forse perché la policy non sarà applicata in tempi brevi.

In mercati occidentali, come quello inglese o statunitense, non ci sono misure simili all’orizzonte e il sistema consente di compensare le perdite in criptovalute con le plusvalenze dell’imposta sui capitali. Indubbiamente, però, la possibile normalizzazione persino di valute nate come extra-nazionali e “cripto” crea nuovi mal di testa agli investitori di tutto il mondo.


di Paolo Della Sala