giovedì 20 gennaio 2022
Domenica il quotidiano “Il Messaggero” ha pubblicato un articolo dal titolo “Alta velocità, beffa Recovery salta la riserva del 40 per cento al Sud”. Nell’articolo veniva espressamente riportata la sintesi di una relazione prodotta dal Governo. In particolare, si precisava: “Il Parlamento ha ricevuto dal Governo la prima relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza ai fini del conteggio della quota 40 per cento riservata per legge al Mezzogiorno. Nella relazione è contenuta una sorpresa nel paragrafo dedicato alla coesione e al riequilibrio territoriale: gli investimenti sull’Alta velocità vengono considerati “per loro natura” non territorializzabili, cioè esclusi ai fini del conteggio della quota 40 per cento riservata per Legge al Mezzogiorno”. Sempre nella relazione si legge: “Il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili ha, per esempio, ritenuto che gli investimenti ferroviari nell’alta velocità/capacità di media-lunga distanza hanno una valenza di carattere generale poiché promuovono un efficace collegamento tra aree del Paese”.
Non è una nuova notizia perché nel mese di ottobre 2020, nel mese di dicembre 2020, nel mese di febbraio 2021, nel mese di marzo 2021, a metà dicembre 2021 chi ha avuto modo di leggere le mie sistematiche denunce, sul mancato rispetto del “famoso 40 per cento” di risorse da destinare al Mezzogiorno, ha trovato, sistematicamente, simili denunce. E, addirittura, lo stesso quotidiano “Il Messaggero” ribadisce una obbligata presa d’atto: “Nel Pnrr gli investimenti nell’Alta velocità in effetti sono più al Nord (8,5 miliardi) che al Sud (4,6 miliardi) con una quota marginale per il Centro e questo è dovuto al fatto che in larga parte sono progetti in via di completamento ed è ovvio che se un Paese per decenni ha (colpevolmente) investito quasi solo al Nord, anche i lavori da ultimare con la tagliola temporale del 2026 saranno concentrati al Nord”.
Quindi, come dicevo prima, chi ha letto una mia nota pubblicata su questo giornale a metà dicembre 2021, avrebbe potuto constatare una prima chiara denuncia di un simile approccio, addirittura ancora più grave perché nei fatti mirato ad annullare per i prossimi sette anni interventi sull’Alta velocità ferroviaria nella Regione Calabria. Ritengo utile riportare integralmente quanto da me denunciato venti giorni fa.
Qualcuno, e tra questi lo stesso redattore dell’articolo de “Il Messaggero”, Marco Esposito, potrebbe ricordare che il presidente Mario Draghi quando illustrò nel mese di aprile 2021 il Pnrr aveva precisato che la quota del 40 per cento di investimenti destinati al Sud si applica non a tutto l’insieme delle risorse che caratterizzano il Pnrr ma alle risorse territorializzabili del Piano. Ma, proprio per questo, il Parlamento chiese, in occasione di una sua audizione, al ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, di dotare la proposta del Recovery Plan con un Piano complementare in cui includere opere che potessero bilanciare proprio la carenza motivata di risorse su determinati ambiti territoriali. Sono senza dubbio d’accordo che i nuovi valichi ferroviari o le opere infrastrutturali al Nord avviati e bloccati per sei anni non potevano subire un approccio diverso; sarebbe stato un tragico errore strategico.
Nel Piano complementare, purtroppo, questa logica non è stata onorata, anche perché non si è sposata una logica di finanziamento territoriale, imponendo ai fondi non Pnrr di essere svincolati dall’obbligo di rispondere al criminogeno criterio di “do not harm”. In fondo, si sono usati tutti i fondi anche quelli promessi nei vari contratti di programma per avviare progetti irrealizzabili nei tempi del Pnrr. Una scelta per modalità e non per territorio è, senza dubbio, arrogante dal punto di vista della creazione di posti di lavoro, perché impedisce anche altri investimenti, quelli che ci affrancherebbero dalla fragilità energetica e quelli che ci affrancherebbero dalla disponibilità di servizi e di infrastrutture di connessione.
Si poteva, in realtà, includere, non avendo potuto inserire nel Pnrr opere stradali, il completamento organico dell’intero asse autostradale Salerno-Reggio Calabria per un importo di circa 4,8 miliardi di euro. In tal modo sarebbe stato possibile evitare che oggi, all’inizio del 2022, il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili lanciasse questa sconcertante notizia. Sono sicuro che la ministra Mara Carfagna non accetterà di essere sconfessata sulle sue dichiarazioni fornite in campagna elettorale per le elezioni regionali in Calabria, in merito all’avvio dei lavori dell’Alta velocità per oltre 10 miliardi in territorio calabro, garantendo così una quota percentuale addirittura superiore del 40 per cento al Sud.
Sono sicuro che la ministra Carfagna non accetterà di conoscere da un suo collega di Governo, quale il ministro Enrico Giovannini, un cambiamento così indifendibile su una strategia, da lei definita sin dal suo insediamento al Ministero, obbligata e inattaccabile. Sono sicuro che la ministra Carfagna non accetterà che si invochi la logica della non territorializzabilità per una famiglia di opere quando, contestualmente, si è disegnato un Recovery Plan e un Piano complementare.
Colgo l’occasione per dare un consiglio alla ministra Carfagna: “D’ora in poi, forse, sarebbe meglio stesse più attenta alle informazioni generiche e alle statistiche spesso gratuite sul Mezzogiorno fornite da strutture dei Dicasteri, spesso poco rispettosi proprio del Mezzogiorno”.
(*) Tratto dalle Stanze di Ercole
di Ercole Incalza (*)