giovedì 13 gennaio 2022
Appena approvato il Pnrr da parte del Governo Draghi ricordai che l’unico organismo che avrebbe potuto supportare, in modo corretto ed organico, un simile processo era proprio la Cassa Depositi e Prestiti e aggiunsi che sarebbe stato opportuno aggiungere anche la Banca europea degli investimenti (Bei). Questa ultima, in particolare, era stata il riferimento portante nella definizione delle Reti Ten-T e aveva supportato con successo il Piano Juncker.
Ebbene alla fine del 2021 è stata siglata una alleanza tra il ministero dell’Economia e delle Finanze e la Cassa Depositi e Prestiti sulle iniziative di supporto alla Pubblica Amministrazione nelle fasi di programmazione, definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). A questa grande operazione ne va aggiunta un’altra: è stata sottoscritta una piena collaborazione fra le grandi Fondazioni azioniste (15,93 per cento) della Cassa Depositi e Prestiti e la stessa Cassa; una collaborazione mirata al sostegno gestionale dei Comuni, specialmente di quelli più piccoli; un sostegno mirato sostanzialmente al concreto utilizzo delle risorse del Pnrr.
Come riportato dal quotidiano “Il Messaggero” l’accordo-quadro contiene interventi mirati come l’assistenza alla Pubblica Amministrazione nella individuazione di linee di investimento da realizzare attraverso procedure di partenariato pubblico-privato; sostegno alle attività di monitoraggio e verifica del rispetto dei cronoprogrammi. Forse sarebbe utile, almeno per le Regioni del Mezzogiorno che hanno dimostrato la propria incapacità a programmare, a progettare e a realizzare le opere all’interno delle proprie realtà territoriali, destinare, sin dal primo momento, le risorse del Pnrr alla Cassa Depositi e Prestiti. Gli Enti locali (Regioni, Province e Comuni) ricoprirebbero solo il ruolo iniziale di definizione programmatica tutto il resto, cioè la fase progettuale e realizzativa, ricadrebbe integralmente nelle competenze della Cassa.
Molti forse non si rendono conto di quale sia davvero il vantaggio immediato di una simile proposta, molti non sanno che una operazione del genere, attraverso il coinvolgimento anche di capitali privati, renderebbe possibili interventi aggiuntivi a quelli previsti dallo stesso Pnrr e, addirittura, potrebbe prendere corpo, in occasione del previsto tagliando che la Unione europea effettuerà sull’intero Pnrr nel 2023, un preciso Piano B; un Piano che potrebbe indicare quali sono le opere che saranno completate entro il 31 dicembre del 2026 e quali saranno realizzate dopo tale data. Nella tranche di opere che saranno concluse entro il 2026 saranno incluse quelle che utilizzeranno davvero le risorse comunitarie e per le altre si farà riferimento alla Cassa Depositi e Prestiti ed ai privati che parteciperanno ai vari progetti attraverso forme di Partenariato pubblico privato (Ppp).
Forse abbiamo sottovalutato finora lo strumento del Ppp; quello strumento con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato, in funzione della durata dell’ammortamento dell’investimento o delle modalità di finanziamento, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità o del suo sfruttamento economico o della fornitura di un servizio connessa all’utilizzo dell’opera stessa con assunzione del rischio da parte dell’operatore.
D’altro canto nasce spontanea, da parte di chi, come nel caso della Cassa Depositi e Prestiti assume un simile impegno, una precisa domanda: come mai ci troviamo oggi senza una progettazione esecutiva in grado di essere messa in gara; come mai sia possibile aprire un cantiere non prima dei prossimi due anni? Un interrogativo a cui giustamente se ne aggiunge un altro perché negli ultimi sei anni non si sia progettato nulla? Vengono ancora una volta al pettine le responsabilità dei governi che si sono succeduti dal 2015 al 2020, di quei governi che non hanno assolutamente ritenuto utile ed essenziale la infrastrutturazione del Paese.
So bene l’obiettivo di quei governi, come ho ribadito fino alla noia più volte, erano gli interventi clientelari e portatori di consenso quali gli “80 euro” per incrementare i salari bassi, il Reddito di cittadinanza e il Quota 100. Tuttavia, nasce spontanea una considerazione: almeno, però, avrebbero potuto produrre progetti, infatti prima o poi sarebbero arrivati governi più responsabili. Sicuramente di fronte a queste oggettive denunce i governi e l’intero sistema politico addosseranno le colpe alle grandi aziende come le Ferrovie dello Stato e l’Anas cui compete quasi il 60 per cento dell’intero sistema delle opere infrastrutturali; ebbene devo subito difendere sia le Ferrovie dello Stato che l’Anas. Tra il 2015 e il 2016 le due Aziende hanno inoltrato al Parlamento i rispettivi Contratti di programma. Ritengo utile ricordare che tale strumento recepisce la pianificazione delineata in coerenza con gli indirizzi e i vincoli nazionali e comunitari relativi allo sviluppo e alla gestione dell’infrastruttura ferroviaria e alla programmazione economico-finanziaria, nonché con le esigenze industriali di Rete Ferroviaria italiana e di tutte le altre componenti aziendali. L’aggiornamento della pianificazione viene effettuato sulla base di studi, analisi, valutazioni e proiezioni che tengono conto degli avanzamenti realizzativi e progettuali degli interventi programmati così come delle evoluzioni del contesto – strategico, normativo, trasportistico, economico-finanziario – di riferimento, fermo restando il mantenimento degli standard di sicurezza della circolazione ferroviaria. Tale strumento è stato esaminato dalle Commissioni parlamentari competenti nel 2017 e nel 2018 e poi approvato definitivamente solo nel luglio del 2021.
Emerge chiaramente che la responsabilità è dei governi e del Parlamento; d’altra parte, all’interno dell’attuale Parlamento c’è uno schieramento fortissimo con oltre il 34 per cento dei parlamentari, quello del Movimento Cinque Stelle, un Movimento che è convinto che il comparto delle costruzioni sia una aggregazione di malavitosi e che erogare risorse in tale comparto significa incentivare interessi dannosi alla crescita trasparente del Paese. Penso, quindi, che l’ingresso della Cassa Depositi e Prestiti diventi una grande occasione per liberare i soggetti attuatori da quella ingerenza che non ha nulla a che fare né con la politica corretta, né con la saggezza delle istituzioni, ma è solo caratterizzata da un atteggiamento legato al recupero continuo del consenso; anche di un consenso dannoso per lo sviluppo socio-economico del Paese.
(*) Tratto dalle Stanze di Ercole
di Ercole Incalza (*)