Il Pnrr non è la risposta al problema della crescita

lunedì 3 gennaio 2022


Nella conferenza stampa di fine anno, il premier Mario Draghi ha annunciato che l’Italia ha raggiunto tutti gli obiettivi che il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) fissava per dicembre. Si tratta, in gran parte, di traguardi puramente formali, preliminari al conseguimento dei target veri e propri (realizzazione degli investimenti e attuazione delle riforme). Nulla di nuovo, né poteva essere altrimenti, visti i pochi mesi trascorsi dalla presentazione del Piano.

Il realismo non deve fermarsi alla mera conta degli adempimenti. Dovrebbe investire la funzione stessa del programma a cui affidiamo le nostre prospettive di ripresa e resilienza. La questione è semplice: se ben impiegate, le risorse europee possono promuovere alcune riforme strutturali e favorire la messa a terra di opere potenzialmente utili. Ma non c’è nulla di salvifico in tutto questo: non basterà il Pnrr a cancellare trent’anni di stagnazione.

Il Pnrr mobilita (in teoria) oltre 200 miliardi di euro in cinque anni: di questi, all’incirca 70 miliardi di euro sono trasferimenti a fondo perduto nell’ambito di Next Generation Eu, 120 miliardi prestiti dello stesso programma, 13 miliardi finanziamenti da React Eu e 30 miliardi risorse nazionali del fondo complementare. Si tratta di un volume ingente di denaro, specie considerando che in gran parte implica spese addizionali: ma va confrontato col totale della spesa pubblica che, nel medesimo quinquennio, ammonterà a quasi 5000 miliardi di euro. Insomma: sul piano puramente quantitativo, stiamo parlando di un incremento inferiore al 5 per cento. Di per sé, poi, e soprattutto con l’esperienza italiana alle spalle, l’idea che basti spendere di più per crescere di più pare appoggiare su assunzioni traballanti. Per intenderci, non è detto che tutti i soldi saranno spesi, né che gli investimenti previsti siano tutti effettivamente utili ad alzare il potenziale di crescita del Pil nel lungo termine.

In sostanza: molti pensano che i 200 miliardi del Pnrr aiuteranno il Paese a ricuperare il terreno perso a causa del Covid. Altri, fra cui noi, sospettano che finiranno per alimentare altra spesa improduttiva. Ma nemmeno i primi dovrebbero pensare che il Pnrr ci esoneri dal perseguire quelle riforme strutturali e quelle correzioni nella politica di bilancio senza le quali è impensabile che l’Italia possa uscire dal suo declino.


di Istituto Bruno Leoni