lunedì 13 settembre 2021
La recente scoperta di una focaccia risalente a 14.400 anni fa, in un sito archeologico in Giordania, potrebbe riscrivere la storia dell’origine del pane. Secondo gli esperti la scoperta potrebbe confermare come la produzione di pane, con cereali selvatici, potrebbe aver spinto le antiche tribù di cacciatori-raccoglitori alla coltivazione di cereali, gettando le basi della rivoluzione agricola neolitica. Una notizia che aiuta a comprendere l’importanza dei cereali, la produzione e lavorazione dei derivati, come il pane, per la storia della stessa umanità. Le recenti notizie riguardanti la crisi del grano preoccupano molto gli operatori del settore per la significativa importanza che i cereali e il pane assumono per la vita degli uomini. Coldiretti informa che “un chilo di grano tenero è venduto a circa 26 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini ad un valore medio di 3.1 euro”, denunciando un costo eccessivo dovuto anche dall’importanza di procedere con dei processi di lavorazione efficaci e sostenibili per l’ambiente.
“Tra marzo e maggio non avremo abbastanza grano per fare la pasta. Il cuore del problema è in Canada che quest’anno ha finora prodotto 3.5 tonnellate di grano duro anziché le solite 6.5”, ha recentemente dichiarato Giuseppe Ferro, del “pastificio la Molisana” in un’intervista al Sole 24 Ore. “Mi aspetto che ben prima di Natale tutti prevedano aumenti tra i 15 e i 20 centesimi al pacco”, ha concluso Giuseppe Ferro. Il Canada prevede un crollo del 26 per cento nelle forniture delle sue colture principali, come il grano e la colza. Alla fine di luglio quasi tre quarti della superficie agricola canadese risultavano in condizioni di aridità anomala o di siccità. Stando alle previsioni, all’inizio del 2022 il grano non sarà abbastanza per la produzione. Il grano può essere stoccato per un anno o anche due, ma la semola dura solo un mese e risulta essenziale cambiare l’approccio di mercato, valorizzando nuove modalità di coltivazione e produzione.
Nell’aprile del 2020, Gi. & Me. Association, presieduta dall’ingegnere Franz Martinelli, sosteneva che la collaborazione interna nel bacino del Mediterraneo diviene essenziale e a differenza di altri contesti può puntare alla qualità dei grani. Le “varietà locali da conservazione” sono tipologie di grano che mantengono alcune caratteristiche tecniche e agronomiche tipiche del grano diffuso fino agli anni Sessanta del secolo scorso. Nel 2018 si è verificato un incremento dei consumi di prodotti alimentari provenienti dall’utilizzo di farine e semole di grani autoctoni, che ha riguardato soprattutto la farina integrale e la farina ottenuta da produzioni biologiche, ambedue con tassi di crescita superiore al 10 per cento rispetto al 2017. È importante ricordare che i grani antichi, i cosiddetti grani autoctoni, sono tipologie di cereali, diffusi e coltivati in passato, che non hanno subito modificazioni e manipolazioni da parte dell’uomo e che non sono stati sacrificati alle logiche di produzione contemporanea che ha preferito alla qualità una maggiore resa per l’industria alimentare.
Riuscire a calibrare la qualità del prodotto con prezzi giusti per i consumatori risulta essere frutto anche del risultato di attente politiche sulla gestione delle terre incolte. Le istituzioni governative hanno lanciato delle manifestazioni di interesse per l’acquisto di uno o più terreni del lotto della Banca nazionale delle Terre Agricole. Nel 2016, lo Stato creò la Banca nazionale delle Terre Agricole con l’obiettivo di recuperare i terreni incolti. I bandi regionali e nazionali per l’assegnazione riguardano 16mila ettari in tutta Italia in possesso del Demanio e di altri enti pubblici che li propongono a condizioni vantaggiose. La Banca può essere alimentata sia con i terreni derivanti dalle operazioni fondiarie realizzate da Ismea, sia con i terreni appartenenti a Regioni, Province Autonome o altri soggetti pubblici, anche non territoriali, interessati a vendere, per il tramite della Banca, i propri terreni, previa sottoscrizione di specifici accordi con l’Istituto.
La Banca è accessibile gratuitamente dagli utenti interessati all’acquisto, che possono in tal modo prendere visione delle schede tecniche con la descrizione dei terreni in vendita ed inviare la propria manifestazione di interesse a partecipare alla procedura. Attualmente, la Banca nazionale delle Terre Agricole rende disponibile tale patrimonio in ettari per sostenere gli investimenti dei giovani agricoltori. A tal riguardo, Gi. & Me. Association chiede di incidere ulteriormente su tali processi, agevolando con più tenacia diritti e servitù attive e passive, oneri, canoni, vincoli esistenti anche non noti e non trascritti, pensando ad ulteriori agevolazioni in caso di aggiudicazione in favore di giovani imprenditori agricoli, concependo e attualizzando un piano di ammortamento che sia favorevole alla ripresa economica, al lancio di nuove e innovative idee imprenditoriali e concepito per i giovani desiderosi di intraprendere un’attività legata all’agricoltura sostenibile e innovativa. Inoltre, al fine di garantire la massima partecipazione alla procedura competitiva, è dato Avviso pubblico contenente indicazione dei terreni oggetto di vendita e del valore a base d’asta. Processi di comunicazione e divulgazione che necessitano di una più nutrita organizzazione con il coinvolgimento delle organizzazioni e delle associazioni che tutelano il patrimonio pubblico e sviluppano progetti per incentivare l’occupazione dei giovani. Sostanzialmente, oltre la cessione dei terreni, i giovani imprenditori agricoli vanno seguiti, formati, indirizzati e sostenuti nella scelta da intraprendere, senza perdersi con i costi eccessivi e nei mille grovigli della burocrazia italiana.
Proposte che possono incidere sul panorama occupazionale italiano e accrescere la concorrenza di prodotti derivati dai cereali, sostenendo anche politiche equilibrate sul costo di grano e cereali. Nel luglio del 2021, Gi. & Me. Association diffondeva le analisi elaborate dalla Fao, suonando la campanella d’allarme e definendo il rally attuale dei prezzi molto pericoloso per i Paesi poveri importatori netti. La “bolletta alimentare” globale data dai costi delle importazioni, inclusi i costi di trasporto via mare, dovrebbe raggiungere il valore record assoluto di 1.715 miliardi di dollari nel corso dell’anno. L’emergenza sanitaria e la successiva ripresa economica degli ultimi mesi ha scatenato il raddoppiamento degli ordini di grano da parte dei principali importatori come Egitto, Indonesia, Turchia e sempre più spesso si registra l’implementazione di una policy prudenziale influenzata dalle attuali condizioni economiche e climatiche.
Diversi Paesi emergenti hanno pianificato la costituzione di vere e proprie scorte alimentari strategiche, in analogia con quanto accaduto dopo le crisi petrolifere globali della nostra recente storia contemporanea. Nella sponda Sud del Mediterraneo, lo sviluppo di prodotti alimentari ad alto valore aggiunto, partendo dal grano locale arricchito di composti bioattivi attraverso sistemi sostenibili di fertilizzazione, può incidere sul processo di produzione e trasformazione, per massimizzare l’estrazione di tali composti bioattivi ed aumentare le caratteristiche nutraceutiche lungo tutta la filiera. Valorizzare le produzioni locali e incentivare l’occupazione nei territori di appartenenza sono tutte caratteristiche che potrebbero generare una “Rivoluzione alimentare del frumento” che sappia creare un circuito virtuoso all’interno del Mediterraneo e incrementare nuove visioni del mercato del grano che riescano anche a sostenere l’insostenibile attualità commerciale del grano e le problematiche legate ai prezzi.
Il frumento è da sempre la coltura agraria per eccellenza, materia prima di prodotti derivati tipici italiani riconosciuti in tutto il mondo. Nonostante le dimensioni medie aziendali del territorio italiano siano abbastanza ridotte, ampie aree geografiche sono coltivate con un’unica specie vegetale, diversificate molte volte in poche altre varietà e con processi produttivi non innovativi e tecnologici. Tali elementi hanno generato problematiche ai produttori nazionali e la conduzione intensiva delle colture crea un ambiente ancora più favorevole allo sviluppo dei parassiti o delle malattie che attaccano i raccolti. Giunge il momento di cambiare il passo, valorizzando eccellenze locali, qualità, tracciabilità, culture autoctone e cercando di sviluppare nuove visioni non legate soltanto all’export dei grandi distributori statali internazionali che oggi lanciano l’allarme produzione per i problemi e le sfide del cambiamento climatico in corso.
di Domenico Letizia