Alcotec, una storia da raccontare

mercoledì 9 giugno 2021


Anche nei momenti di recessione economica, in momenti di pessimismo, l’ingegno e l’operosità degli imprenditori italiani continua incessante la sua opera, nell’intervista che segue raccontiamo brevemente una delle tante storie positive e che ci fanno ricordare chi siamo.

Alcotec, società di ingegneria a tutto tondo, a capo di una serie di imprese che possono dare al cliente veramente prodotti chiavi in mano nel settore delle costruzioni. Le aziende hanno sempre un’anima che le ispira, in questo caso chi infonde linfa vitale all’azienda ha un nome: Stefano Di Giacomo. Ingegnere ci racconti: come tutto è iniziato?

Quando da studente frequenti la facoltà di Ingegneria, non sai ancora come metterai in pratica le tue conoscenze, se sarai un costruttore, un progettista o avrai uno dei numerosi ruoli che l’ingegnere svolge giornalmente. Ebbene, i miei primi quindici anni di professione, dal 1986 al 2000, sono stati caratterizzati dalla attività di costruzione, la vera costruzione sul campo, fortunatamente di commesse complesse. Con un po’ di esperienza vissuta ti rendi conto che i ruoli in scena non sono poi quelli che immaginavi, ma si riducono drasticamente a due: specialista e regista/coordinatore. Conscio di ciò, nel giugno del 2000 ho fatto la mia scelta: fare il regista, il project manager. Mi sono dimesso dalla società dove ero dirigente e direttore tecnico e ho fondato Alcotec, con l’aspettativa di mettere in pratica ciò che era il mio bagaglio di conoscenze acquisite anche in ambito internazionale.

Oggi quali comparti riuscite a coprire per il cliente e quale settore delle costruzioni rispecchia meglio le vostre attitudini?

La Alcotec del 2021 è profondamente diversa dal progetto del 2000. Ora come allora non abbiamo idea di dove saremo tra altri 20 anni, certo che guardandosi indietro provo orgoglio nel constatare che partendo da zero e con tanta passione oggi siamo un gruppo di 5 società con sedi in 4 città distribuite equamente al Nord (Milano), Centro (Roma e Firenze) e Sud (Lecce) per operare sull’intero territorio nazionale. Ogni società poi con una sua missione che ci consente il bracciale praticamente tutti i campi inerenti il processo costruttivo.

Avete negli ultimi anni scalato le classifiche di settore e vi collocate fra le prime 50 società di ingegneria in Italia. Quali le ambizioni? Esiste un traguardo preciso?

La nostra forza lavoro di 150 risorse, quasi tutte laureate, giornalmente affronta sfide professionali in Italia e nel mondo, dandoci una buona prospettiva per il futuro. Già in questo anno abbiamo una aspettativa di fatturato che ci dovrebbe far rientrare tra le top 50 in Italia.

Recente la vittoria di un concorso per il rifacimento del lungomare di Taranto è un nuovo fiore all’occhiello di Alcotec. A quali altri concorsi internazionali state partecipando?

Il nostro ufficio gare si lamenta perché lavora a ciclo continuo, spesso anche fino a tarda ora, ma poi nessuno di loro vuole cambiare mansione perché ci stiamo togliendo grandi soddisfazioni. I concorsi in fondo sono gare con proposte progettuali e non si differenziano tanto dalle procedure che i committenti attualmente adottano prevedendo l’attribuzione di punteggi sostanziali alle migliorie progettuali a discapito del mero ribasso sul prezzo. Gli ultimi concorsi vinti oltre Taranto sono anch’essi in Puglia, Castellaneta e Lecce, per l’esattezza, ma senza levare il debito merito agli architetti del gruppo il successo di un evento è da ripartire tra tutti coloro che sono stati impegnati direttamente e tra quelli che lo hanno consentito, cioè tutti gli altri.

Le cronache recenti dei media riportano della vostra entrata nell’ambizioso progetto del nuovo stadio di Messina, come spesso accade in Italia tutto ciò che esce dai canoni della quotidianità viene subito criticato e classificato come irrealizzabile. Quali secondo lei i punti di forza e perché investitori dovrebbero mettere a disposizioni capitali per un progetto in Sicilia? La Regione, il Comune e gli ambienti imprenditoriali locali come stanno rispondendo alla chiamata per fare quadrato intorno alla sfida messinese? Siete già impegnati a Cagliari per il nuovo stadio?

Messina è una scommessa alla quale credo e che ci vede in prima fila. È una operazione più difficile di altre, perché sconta una diffidenza territoriale, ingiustificata nei fatti perché figlia di una volontà del governo del Comune di recupero-sviluppo di una intera area, atto che smentisce lo stereotipo dell’Amministrazione inefficiente. Per Cagliari il nostro ruolo è più defilato, avendo un incarico specialistico su alcuni aspetti della progettazione e controllo costi.


di Federico Tassinari