Mef: da 30 anni in Italia esiste solo un dicastero

lunedì 31 maggio 2021


Non è più la mia persona che, in modo davvero assillante, racconta e descrive il blocco quasi totale che ha caratterizzato l’intero Paese e in modo particolare il Mezzogiorno. Finalmente il Sole 24 Ore, in modo trasparente, con un articolo di Michela Finizio ha ultimamente precisato: “IL 40 per cento dei progetti avviati grazie ai fondi europei nel Mezzogiorno ha avuto problemi. Blocchi, ritardi, contenziosi e scarso coordinamento tra gli Enti gestori che generano annosi rimpalli di competenze. È questo uno dei dati che emerge da sei anni di attività di Monithon, il team indipendente di monitoraggio civico dei finanziamenti pubblici che oggi sul suo sito internet mappa oltre 7620 progetti finanziati dalle politiche di coesione e controlla investimenti per oltre 10 miliardi di euro sul territorio. Con l’arrivo dei 191,5 miliardi del Next Generation Eu (248 quelli complessivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) saper monitorare la “messa a terra” dei progetti diventa cruciale per evitare sprechi e spingere davvero la ripresa economica”.

Sempre nell’articolo si ricorda che il ministero dell’Economia e delle Finanze entro il mese di maggio attiverà la piattaforma informatica per il monitoraggio dell’attuazione del Pnrr. In tal modo conosceremo i dati di attuazione finanziaria e l’avanzamento degli indicatori di realizzazione fisica e procedurale. In proposito è utile ricordare che il ministero dell’Economia e delle Finanze e la Ragioneria generale dello Stato già gestiscono una piattaforma dove è possibile monitorare l’avanzamento delle opere pubbliche. Il Governo, tra l’altro, si è impegnato a definire un set di indicatori e a rafforzare la Pubblica amministrazione e gli uffici che alimenteranno la banca dati. In una mia nota di pochi giorni fa ho ricordato che il Pnrr tutto è fuorché un Piano ma è, a tutti gli effetti, un contratto; il Pnrr è un vero rogito notarile in cui solo al verificarsi di determinati eventi scattano reali coperture da parte della Unione europea.

Questa vera rivoluzione concettuale, una rivoluzione che eviterà quanto già successo nell’utilizzo del Fondo di Sviluppo e Coesione 2014- 2020 dove su 54 miliardi di euro in sei anni abbiamo speso solo 6 miliardi di euro, eleggerà in modo inequivocabile un notaio, un garante dell’intera operazione, e tale soggetto sarà il Ministero dell’Economia e delle Finanze; sarà in realtà l’unico riferimento programmatico, l’unico garante dell’avanzamento dell’intero Pnrr.

Nel nostro Paese, dopo la riforma che aveva ricondotto in un unico Dicastero i ministeri del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica e delle Finanze, il ruolo degli altri Dicasteri rimaneva e rimane solo tecnico e anche le possibili intuizioni programmatiche, le possibili proposte normative si spengono immediatamente di fronte all’unico organismo di via XX Settembre. Una simile singolarità programmatica e gestionale non è venuta meno neppure quando le competenze del Comitato interministeriale per la Programmazione economica (Cipe) furono trasferite dal ministero dell’Economia e delle Finanze alla presidenza del Consiglio.

Questa singolarità gestionale forse sarebbe bene esplicitarla e convincersi che:

è inutile che il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile continui a seguire i contratti di programma di Rete Ferroviaria Italiana del Gruppo ferrovie dello Stato o dell’Anas;

è inutile produrre proposte programmatiche o indirizzi gestionali di supporto al Documento di economia e finanza (Def);

 è inutile redigere piani supportati da coperture finanziarie presenti nelle Leggi di stabilità ma non avallate, per quanto concerne la “cassa”, dalla Ragioneria generale dello Stato;

è inutile sottoporre all’esame del Cipe proposte progettuali se non avallate finanziariamente e strategicamente dal ministero dell’Economia e delle Finanze;

è inutile sottoscrivere accordi, assumere impegni con gli Enti locali (Regioni, Aree metropolitana, Comuni) senza la preventiva approvazione da parte del ministero dell’Economia e delle Finanze;

è inutile approvare le varie fasi concessorie del comparto autostradale e di quello aeroportuale senza averne prima ottenuto la piena convalida da parte del Ministero della Economia e delle Finanze.

Potrei continuare nell’elenco dei passaggi obbligati, presso il ministero dell’Economia, del dicastero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili e, soprattutto, potrei ripetere lo stesso approfondimento anche per gli altri Dicasteri. Il Recovery Plan, quindi, ci ha fatto scoprire un codice comportamentale che tutti i Dicasteri vivevano da almeno trenta anni e ogni Dicastero si era illuso di disporre di una sostanziale autonomia. Ora però, dopo aver scoperto questo ormai consolidato comportamento, in una fase come l’attuale in cui necessariamente bisognerà dare corso ad una obbligata serie di riforme potrebbe diventare davvero innovativa la istituzione di uno Steering committee, cioè di un Comitato di delegati dei vari Dicasteri. Tale Comitato dovrebbe esercitare il controllo strategico sulle proposte tramite riunioni periodiche nelle quali i responsabili della realizzazione delle proposte stesse ragguaglino il Comitato sullo stato avanzamento lavori, sulle eventuali criticità emerse e sulle eventuali azioni da intraprendere.

Ma allora che senso ha mantenere i ministeri e, in particolare il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile; forse all’interno di tale Dicastero potrebbero avere senso solo alcune Direzioni, alcuni organismi come: il Consiglio superiore dei Lavori pubblici per l’approvazione dei progetti e la contestuale Verifica di impatto ambientale; la Direzione preposta alla autorizzazione ed alla gestione delle concessioni autostradali ed aeroportuali; la Direzione per la sicurezza nelle varie modalità di trasporto; la Direzione per il controllo della qualità dei servizi di trasporto pubblico locale

Molti si chiederanno come mai in questo elenco di strutture non compaia una Direzione preposta al controllo delle attività legate alla logistica e alla portualità; la risposta è semplice e al tempo stesso banale: la logistica e la portualità devono essere gestiti in modo autonomo ed organico dal privato. A tale proposito, ricordo che la riforma delle Autorità portuali prevede che le stesse godano di autonomia finanziaria e di bilancio nei limiti previsti dalla legge. Osservando attentamente il provvedimento scopriamo che tale autonomia è valida “eccetto per la vigilanza dell’approvazione del bilancio di previsione, delle eventuali note di variazione e del conto consuntivo esercitata dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti di concerto con il Ministro del tesoro” e quindi questa non è affatto una “autonomia”.

È un tentativo di riforma da rivedere integralmente ma almeno, se si riuscisse ad attuare un simile provvedimento, renderemmo “leggero” un Dicastero che sulla carta appare come Dicastero “pesante e con portafoglio” ma che nei fatti è già da almeno trenta anni “leggero”.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)