Patrimoniale sulle successioni: i furbi e i fessi

martedì 25 maggio 2021


Recita un celebre detto: vi sono solo due categorie certe, la morte e le tasse. Enrico Letta vuole assicurarsi che la prima sia fruttuosa per lo Stato quanto i prelievi già tosati con le seconde sugli stessi redditi e risparmi guadagnati durante tutta una vita lavorativa.

La soglia di cui parla Letta è di un milione sul patrimonio del de cuius. Oggi la franchigia è di un milione per ogni erede. Come fa notare Marcello Sorgi, un milione è poco più del valore di un appartamento familiare di una grande città. Quello immobiliare è il principale patrimonio degli italiani. In caso di successione, il coniuge superstite e i figli potrebbero dover vendere l’appartamento in cui vivono per far fronte alla tassa di successione. Oltre a sobbarcarsi le preesistenti tasse ipo-catastali, comunque dovute, nella misura aggiuntiva del 2 per cento. Negli Stati Uniti non vi è tassa di successione tra coniugi e la quota esente è superiore a 11 milioni di dollari. Nella Cina comunista l’imposta di successione non esiste proprio.

La proposta di Letta non è una tassa sulle grandi fortune ma l’ulteriore spremitura della classe media già martoriata da ogni tipo di gabella. Al neosegretario del Partito Democratico sfugge che l’Italia è tra le nazioni con il più alto prelievo fiscale. E chi crede alla narrazione della redistribuzione a favore dei giovani – come il Reddito di cittadinanza, più utile ad acchiappare voti che a stimolare lavoro e produttività – sappia che i grandi capitali, quelli che si vorrebbe colpire con la scellerata proposta piddina, sono già scudati attraverso trust fund e altre inattaccabili strutture, spesso estero-vestite.

Strumenti preclusi alla generalità della classe media italiana. Inoltre, non si dimentichi che la successione si apre sotto la giurisdizione in cui il de cuius era residente fiscalmente. Ossia, ci sarà una ulteriore spinta alla fuga dei grandi capitali verso i più accoglienti paradisi fiscali. A pagare, come oggi per ogni tassa, sarebbero i soliti noti: la classe media. Ossia noi. Perché come diceva Giuseppe Prezzolini circa 100 anni fa: gli italiani si dividono in fessi e furbi. I primi si preoccupano di crearla la ricchezza, i secondi di distribuirla. Ma, aggiungo, tanti fessi oggi sono convinti che la ricchezza da redistribuire sia sempre quella altrui.


di Raffaello Savarese