Un passo indietro per le startup

giovedì 22 aprile 2021


Il Consiglio di Stato ha annullato il decreto del ministero dello Sviluppo economico che consente alle startup innovative di costituirsi digitalmente, senza atto notarile. Un ritorno al passato, secondo i fautori dell’innovazione digitale e il Codacons, una sentenza che ha ripristinato la legalità, secondo il Consiglio nazionale del notariato che ha presentato il ricorso.

Vediamo di ricostruire la vicenda. Tutto ha inizio con la legge del 24 marzo 2015, numero 33, che ha stabilito che le piccole e medie imprese innovative possono costituirsi con atto pubblico oppure in forma digitale. In tale norma è evidente l’intento del legislatore di lasciare libera scelta sulle modalità di costituzione delle startup, avvantaggiando soprattutto le imprese formate da giovani che non possono sobbarcarsi gli oneri notarili. Alla legge ha fatto seguito il decreto del ministero dello Sviluppo economico del 17 febbraio 2016, il quale ha precisato che l’atto costitutivo e lo statuto sono redatti in modalità esclusivamente informatica.

Il decreto ministeriale è stato impugnato dal Consiglio nazionale del notariato, che ne ha chiesto l’annullamento al Tar del Lazio, adducendo che esso avrebbe innovato arbitrariamente le previsioni della norma, che nella gerarchia delle fonti ha rango superiore. Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso, osservando che il decreto non aveva travalicato la norma primaria e si era limitato a disciplinare la costituzione delle startup innovative come mera opzione, ossia senza eliminare la possibilità di costituzione tramite atto pubblico. La sentenza è stata appellata dal Consiglio del notariato al Consiglio di Stato che, con sentenza del 29 marzo 2021, numero 2643, ha accolto il ricorso.

Alla base della sentenza vi è la considerazione che il decreto ministeriale, prevedendo quale unica possibilità la redazione dell’atto in forma esclusivamente informatica, esclude l’altra modalità ammessa dal legislatore, cioè quella basata sull’atto pubblico notarile. Nei fatti, il Consiglio di Stato ha abrogato il decreto ministeriale che prevedeva la costituzione tramite piattaforma digitale e senza costi delle startup innovative. Nella sentenza, il Consiglio di Stato ha accolto anche la seconda censura sollevata dal Consiglio del notariato contro il decreto ministeriale, che aveva demandato all’Ufficio del registro la verifica del possesso dei requisiti previsti per il riconoscimento dello status di startup innovativa. Su questo aspetto, il Consiglio di Stato ha osservato che all’Ufficio del registro compete un controllo meramente formale e non anche sostanziale sull’effettivo possesso dei requisiti previsti dalla legge.

Non ci è andato leggero il presidente di Roma Startup, Gianmarco Carnovale, il quale ha dichiarato che “mentre tutto il mondo va avanti, perfino nell’anno del G20 a guida italiana dobbiamo vergognarci di quelle lobby che lavorano con il solo obiettivo di preservare le rendite di posizione a scapito della competitività”. Preoccupazione per l’incertezza che si è determinata è stata espressa dall’onorevole Luca Carabetta del M5S, che ha ricordato come oltre 3.500 startup siano già state costituite on-line, cioè la metà del totale da quando esiste la legge. La deputata Flora Frate, di Azione, ha interrogato il Governo per sapere cosa intende fare per “evitare un passo indietro che è tutto tranne che innovativo e rischia di esporre l’Italia a una procedura di infrazione europea”.

Il Governo, per voce del Sottosegretario per lo Sviluppo economico, Gilberto Pichetto Fratin, ha ricordato che il vuoto creatosi potrebbe essere colmato in sede di recepimento della direttiva europea 1151, che dovrà avvenire entro il prossimo primo agosto, con la quale vengono dettate le modalità di costituzione delle società anche on-line. La norma, concepita per alleggerire le procedure di avvio delle startup andando incontro ai principi di digitalizzazione e di semplificazione, si trova ora senza il decreto attuativo, per cui si è aperta una fase di incertezza. In attesa del recepimento della direttiva europea, la soluzione più veloce potrebbe essere quella di un nuovo decreto ponte che confermi la possibilità di costituzione on-line, come suggerito dall’onorevole Carabetta. Ma i problemi non sembrano finire qui, dal momento che si apre la questione di chi debba gestire la piattaforma informatica. E i notai hanno già dichiarato la loro disponibilità.


di Andrea Cantadori