Piano nazionale di ripresa e gratuite ideologie di parte

lunedì 15 marzo 2021


Forse è opportuno ricordare cosa è il Parlamento europeo e cosa sia un Regolamento comunitario; per venire incontro a coloro che, spesso, lo dimenticano ho riportato di seguito in modo sintetico una elementare precisazione: “Il Parlamento europeo è una delle tre istituzioni legislative dell’Unione europea che, insieme al Consiglio dell’Ue, ha il compito di modificare e approvare le proposte della Commissione. Nella procedura legislativa ordinaria, la Commissione europea propone una legislazione che racchiude l’approvazione congiunta del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Ue. Compito del Parlamento è quindi l’approvazione dei Regolamenti. Il regolamento è un atto legislativo vincolante. Deve essere applicato in tutti i suoi elementi nell’intera Unione europea. Ad esempio, quando l’Unione ha deciso che dovevano esservi garanzie comuni sui beni importati dall’esterno dell’Ue, il Consiglio ha adottato un regolamento. Nell’ordinamento della Ue, il Regolamento è una fonte di diritto derivato dai Trattati comunitari, insieme con le decisioni e le Direttive. Più precisamente, il regolamento è un atto normativo avente portata generale, obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli ordinamenti degli Stati membri. Le norme contenute nei regolamenti sono obbligatorie in tutti gli elementi e, quindi, disciplinano direttamente la materia a cui si applicano. L’effetto diretto immediato dei regolamenti comporta che essi non richiedono (a differenza delle direttive) l’adozione di provvedimenti nazionali di attuazione da parte degli Stati membri”.

Leggendo la Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 10 febbraio 2021 sulla proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un dispositivo per la ripresa e la resilienza ho avuto modo di apprendere una serie di elementi che, a mio avviso, sono stati interpretati in modo non corretto o, quanto meno, non rispettosi di quanto voluto dal Parlamento europeo. Intanto nella lunga Premessa del Regolamento si precisa:

1) L’articolo 174 del Trattato sul Funzionamento della Unione Europea (Tfue) stabilisce che, per promuovere il suo generale sviluppo armonioso, l’Unione sviluppa e prosegue l’azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale. Inoltre, a norma del medesimo articolo, l’Unione mira in particolare a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite. Gli sforzi per la riduzione delle disparità dovrebbero andare a beneficio soprattutto delle regioni insulari e periferiche. Nell’attuazione delle politiche dell’Unione è opportuno tenere conto delle diverse posizioni di partenza e specificità delle regioni.

2) In nessuna parte del Regolamento si vieta agli Stati di produrre proposte relative a nuove reti viarie. In proposito sono state interpretate male due raccomandazioni, una presente nell’articolo 19 in cui si precisa, in merito alla pertinenza della proposta che si verificherà “se il Piano per la ripresa e la resilienza (Pnrr) è in grado di assicurare che nessuna misura per l’attuazione delle riforme e dei progetti di investimento in esso inclusa arrechi un danno significativo agli obiettivi ambientali ai sensi dell’articolo 17 del regolamento (Ue) 2020/852 (principio “non arrecare un danno significativo”); la Commissione fornisce agli Stati membri orientamenti tecnici a tal fine”.

Penso che la Valutazione di Impatto Ambientale assicuri abbondantemente tale giusta esigenza. Inoltre, anche i coefficienti riportati nell’Allegato VI, sempre del Regolamento, relativi alla “Metodologia di controllo del clima” di seguito riportati, mettono in evidenza solo il ruolo meno impattante della rete ferroviaria ma non precludono possibili proposte di reti viarie che, ripeto, supportate dalla Valutazione di Impatto Ambientale non possono in nessun modo essere escluse.

Un altro equivoco, legato sempre all’Allegato VI, è relativo alla manutenzione delle reti e degli spazi pubblici; infatti, poiché i due coefficienti legati alla “Metodologia di controllo del clima” sono pari a 0 per cento si ritiene opportuno escludere una voce essenziale per il nostro assetto infrastrutturale.

3) In merito alla necessità che le opere siano completate entro e non oltre il 31 dicembre del 2026 e, quindi, nella ormai convinta esclusione della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, ritengo utile ricordare che trattasi solo di una volontà del Governo a realizzare o meno una simile opera. Infatti, sarebbe sufficiente articolare il progetto in due distinte componenti solo ai fini dell’accesso alle risorse. Per le opere a terra, quelle compensative e quelle legate alla riqualificazione ambientale delle due aree del Messinese e del Reggino, tutte opere che rispondono a finalità funzionali autonome pari ad un importo di circa 2 miliardi di euro, si utilizza il Recovery Fund a fondo perduto. Per le opere del ponte, dell’importo di circa 4 miliardi, si utilizzano i Fondi Coesione e Sviluppo 202-2027.

Infatti, l’articolo 9 del Regolamento precisa che “il sostegno nell’ambito del dispositivo si aggiunge al sostegno fornito nell’ambito di altri programmi e strumenti dell’Unione. I progetti di riforma e di investimento possono essere sostenuti da altri programmi e strumenti dell’Unione, a condizione che tale sostegno non copra lo stesso costo”.

Fermo restando che si potrebbe anche invocare il comma 2 dell’articolo 14 che precisa “lo Stato membro può chiedere un sostegno sotto forma di prestito contestualmente alla presentazione di un Piano per la ripresa e la resilienza di cui all’articolo 18 o in un momento diverso fino al 31 agosto 2023. In quest’ultimo caso la richiesta è corredata di un Piano per la ripresa e la resilienza riveduto comprendente traguardi e obiettivi supplementari”.

Un passaggio questo coerente alla impostazione del presidente Mario Draghi, che nella sua relazione alle Camere aveva parlato di Programmi di ampio respiro fino al 2030, fino al 2050. Questo chiarimento è senza dubbio legato alle opere del Mezzogiorno da inserire nel Recovery Plan; infatti le uniche opere che possono trovare motivazione perché in grado di essere completate entro il 2026 sono le seguenti: completamento dell’asse Alta velocità/Alta capacità Napoli-Bari; velocizzazione ferrovia Potenza Metaponto come tratta della Battipaglia Taranto; realizzazione della super strada Maglie-Santa Maria di Leuca; realizzazione dell’autostrada Termoli-San Vittore; completamento della Strada Statale 106 Ionica; completamento della Strada Statale Palermo Agrigento; completamento della Strada Statale Agrigento Caltanissetta; realizzazione dell’autostrada Ragusa-Catania; realizzazione delle opere a terra del Ponte sullo Stretto; completamento funzionale dell’asse viario 131 Carlo Felice in Sardegna; velocizzazione Potenza Metaponto come tratta della Battipaglia Taranto.

Appare evidente che senza le opere viarie e senza parte del ponte, al Mezzogiorno andrebbero appena 2 miliardi di euro relativi al completamento dell’asse Alta velocità/Alta capacità Napoli-Bari e della Potenza-Metaponto. Allora è utile dibattere a lungo su come costruire il Recovery plan, evitando di invocare vincoli ed impostazioni mentali interne al Paese finalizzati solo a giustificare la impossibilità di realizzare opere viarie essenziali o il ponte sullo Stretto. Spero che questo Governo non intenda invocare comportamenti ipocriti così banali. È il momento di non cadere in trappole ideologiche, interpretando regolamenti e leggi europee in senso peggiorativo rispetto all’Europa. E perdere così le ultime opportunità di sviluppo.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)