La Ces sul salario minimo Ue

martedì 10 novembre 2020


Una corsa contro il tempo. E una direttiva comunitaria non sembra proprio essere il mezzo migliore per accelerare i tempi e tutelare i lavoratori più vulnerabili. La Ces guarda con perplessità alla proposta di direttiva della Commissione europea sui salari minimi, che vuole “fissare livelli adeguati di salari minimi” e garantire “l’accesso dei lavoratori alla protezione del salario minimo, sotto forma di salari stabiliti da contratti collettivi o sotto forma di salario minimo dove esiste”.

Il problema, però, secondo il sindacato europeo, è che occorre agire subito. “Siamo preoccupati per i lavoratori che sono sottopagati al momento e che hanno bisogno di azioni adesso”, spiega la vicesegretaria della Ces, Esther Lynch. Il timore “è che la direttiva impieghi troppo tempo per essere recepita e che non faccia abbastanza per aumentare i salari”.

In una situazione di emergenza sanitaria che ha peggiorato la condizione dei lavoratori, la Confederazione europea dei sindacati ricorda che nel corso delle consultazioni, ha chiesto a Palazzo Berlaymont che la direttiva proteggesse le contrattazioni collettive che funzionano e garantisse che i salari minimi “non siano al di sotto del livello di quanto dovrebbero essere”. In particolare, la proposta di Bruxelles va migliorata, secondo la Ces, in 4 aspetti fondamentali. Per il sindacato europeo occorre, prima di tutto, “una soglia di decenza al di sotto della quale il salario minimo legale non può scendere, per garantire che i salari minimi legali non continuino a far vivere le persone al di sotto della soglia di povertà”. La Ces chiede che la soglia sia il 60 per cento del salario medio.

La direttiva, poi, include un articolo sull’utilizzo degli appalti pubblici come strumento per aumentare i salari, che però si guarda bene dal richiedere alle società private di rispettare la contrattazione collettiva come condizione per beneficiare degli appalti pubblici e di altri finanziamenti come la Pac e i fondi di recupero. Gli enti pubblici, fa sapere la Ces, spendono circa 2 trilioni di euro (14 per cento del Pil) all’anno nell’Ue per l’acquisto di beni e servizi. Soldi che dovrebbero essere investiti “con aziende che pagano salari equi”. Nella proposta si richiede a quegli Stati membri in cui meno del 70 per cento dei lavoratori è coperto dalla contrattazione collettiva (cioè 18 Paesi) di adottare un piano d’azione per promuoverla e applicarla pienamente. La direttiva, secondo la Ces, “deve specificare che questi piani devono garantire il rispetto del diritto alla contrattazione collettiva e affrontare i problemi della vita reale come le politiche anti sindacali”.

L’esclusione di alcune categorie, infine, come i lavoratori domestici e i giovani, dal salario minimo legale “deve essere chiaramente eliminata, e ai datori di lavoro deve essere chiaramente vietato di effettuare detrazioni dal salario minimo legale”.


di Pierpaolo Arzilla