lunedì 20 luglio 2020
Aziende ed esperti sempre più continuano a confrontarsi su come i sistemi agroalimentari possono e devono costruire, attraverso la sostenibilità e l’innovazione, società eque, sane e rispettose delle persone e dell’ambiente. Le nuove prospettive sociologiche, frutto di una riflessione sociale e collettiva generata durante l’isolamento dovuto alla pandemia sanitaria, vedono l’emergere di un dibattito attorno alla figura dell’agricoltore, l’idea di un contadino che diviene innovativo ma paladino di una cultura della sostenibilità e del lavoro. Riflessioni ben descritte dal professore Angelo Riccaboni, presidente della Fondazione Prima, che in una recente intervista dichiarava: “Tutti parlano del food ma si dimentica spesso che i metodi di produzione devono variare ed essere oggetto di analisi e tutela. Non possiamo dimenticare il ruolo economico, sociale e ambientale di chi produce. La pandemia sta colpendo soprattutto nelle zone rurali del mondo e dobbiamo tener conto che la nostra azione politica non può dimenticare gli agricoltori. In sintesi, possiamo dire che abbiamo la necessità di innovare, di digitalizzare il mondo agricolo e senza innovazione non possiamo continuare a parlare di food così come devono variare le modalità di cooperazione e divenire sinergiche. Quello che emerge è che solo attraverso una collaborazione e una sinergia all’interno del Mediterraneo si possano affrontare delle tematiche globali”.
Una visione sociale e antropologica che riporta al centro del dibattito politico la figura dell’agricoltore e il suo ruolo nella società. Tale dibattito non può che avvenire nel contesto geografico più appropriato, ovvero, il Mediterraneo e non si può che partire dagli alimenti base della dieta mediterranea: il grano, le farine e il pane. Analizzando le prospettive del grano, considerata la sua importanza, non dobbiamo dimenticare l’impegno istituzionale in tale settore. Aggregazione dei produttori, sostegno ai contratti di filiera, qualità e tracciabilità del prodotto. Sono le priorità del Fondo grano duro previsto dal recente Decreto legge Enti locali per contrastare il crollo dei prezzi nel settore. In Italia, a disposizione dei produttori ci sono 40 milioni di euro: 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, oltre ai residui di stanziamento relativi all’anno finanziario 2019 pari a ulteriori 10 milioni di euro. I contributi sono destinati alle imprese agricole attraverso cooperative, consorzi e organizzazioni di produttori riconosciute di cui sono socie, contratti di filiera di durata almeno triennale. Un rilancio del ruolo dell’agricoltore, dell’agricoltura e dell’idea di network e cooperazione. Tematiche che non circoscriviamo alla sola Italia, ma che possiamo analizzare in ottica di Mediterraneo.
Tra questi esempi vi è il progetto legato al grano autoctono del Mediterraneo, denominato “IngraMed”. Il progetto “IngraMed”, presentato da Gi & Me Association alla Fondazione Prima, intende fornire un contributo concreto alla valorizzazione dei grani autoctoni del Mediterraneo, con il consolidamento del legame nell’agricoltura tra prodotti e territori, storie, cultura e tradizioni, per lo sviluppo di nuove filiere etiche, innovative, tecnologiche e sostenibili di prodotti agricoli locali. Il progetto pone i grani autoctoni e il Mediterraneo al centro di interessi economici, sociologici e formativi, poiché i grani autoctoni sono una parte integrante del patrimonio genetico della biodiversità mediterranea, frutto della selezione operata dai contadini in novemila anni di storia dell’agricoltura delle civiltà del Mediterraneo. Tunisia, Grecia, Marocco e Italia, insieme, per ridare valore alla figura del contadino che diviene centrale e super innovativo per il sistema alimentare del Mediterraneo.
Una figura per troppo tempo messa ai margini, analizzata con i preconcetti sociali di un Novecento che ha puntato ai sistemi industriali e alla creazione di cattedrali nel deserto, secondo i quali in agricoltura servivano solo ed esclusivamente le braccia, senza cooperazione, senza innovazione, senza nuove visioni. Il momento storico che stiamo vivendo ha innescato un neo rinascimento dell’agricoltura e dell’agricoltore in cui, su un piano di equilibrio sociale, i protagonisti principali sono i contadini e i consumatori di qualità che, assieme, collaborano ad una sinergia, con un patto non scritto, e forti di una comune condivisione di valori e di obiettivi: agricoltura innovativa, tutela e tracciabilità dei prodotti, rispetto per l’ambiente, cultura ed attenzione per il cibo e per chi lo crea. Le tematiche che le istituzioni internazionali pongono come prepotente urgenza da affrontare con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
di Domenico Letizia