Caro Gualtieri, guardati bene dai “signori” delle banche

giovedì 30 aprile 2020


Cari amici de l’Opinione, torno volentieri a firmare un servizio sulle colonne del giornale fondato da Camillo Cavour dopo essere riuscito a creare una nuova piattaforma di informazione libera e indipendente. Un’operazione che, per dirla con Mario Ferrara, solo noi “matti liberali” sappiamo fare. Sono di nuovo tra voi un po’ perché la condizione italiana, dopo questa pandemia planetaria di Coronavirus, necessita di qualcuno come il sottoscritto, che si è sempre prodigato nel tenere insieme ambienti e persone anche molto distati tra loro, con autentica solidarietà umana e spirito di autentica amicizia. E torno nuovamente a scrivere sulle colonne di un quotidiano liberale per dirvi, con estrema semplicità, qual è lo sbaglio principale che stanno commettendo i nostri attuali governanti. A cominciare dal ministro dell’Economia e Finanze, Roberto Gualtieri, anche detto: lo “strimpellatore straziante”. Lo sbaglio che questo signore sta facendo sulla nostra economia – e che prima di lui è già stato commesso dalla strana coppia composta da Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan – è di fidarsi delle banche. È lì, il vero “nocciolo” della questione; è quello “l’ambientino” in cui la burocrazia ha compiuto il suo capolavoro più depravato e demoniaco. Il mio puntuale sforzo nello “smontare” le tante “fake news” che circolano dalle parti di Matteo Salvini è riconosciuto e risaputo.

Ma proprio per tali motivi, ciò che vengo a raccontare questa volta può essere considerato “non sospetto”. Ebbene, come presidente della “Phoenix”, l’associazione culturale che ho fondato nel 2010 al fine di sostenere le mie attività editoriali, ho dovuto ovviamente aprire un conto corrente aziendale. E l’ho fatto accettando le condizioni di un piccolo gruppo di istituti che si chiama Creval, il quale ha riunito in un unico “cartello” il Credito valtellinese e il Credito artigiano. Tale esperienza mi ha aperto un mondo: quello dei “gruppi” bancari. Un universo dal quale bisogna cominciare a guardarsi sul serio, poiché si ritrova burocraticamente ancor più “impaludato” dei tanti enti statali che noi liberali, spesso, non amiamo (con piena ragione...). Ebbene, si sappia che le banche sono molto peggio. Ed è esattamente per questo motivo che “il cavallo non beve”, come suol dirsi nei corsi di Scienza delle Finanze. Prendiamo la filiale della Creval di Roma, quella situata in piazza Walter Rossi, nel quartiere Trionfale, aperta nel 2016 esattamente sull’angolo con la nostra tanto amata via dei giornalisti. Essa è gestita da un gruppuscolo di “pasticcioni” scortesi, maleducati, pigri e incompetenti che mai mi era capitato di incontrare nella mia non corta carriera di correntista.

Una carriera che non ha mai incontrato “incidenti” particolari, non ha mai chiesto prestiti “al buio” e che ha sempre e semplicemente preteso di poter svolgere in serenità alcune operazioni di “routine”. Purtroppo, i continui maltrattamenti subiti in questa filiale della Creval è giunta a un livello tale di fastidio che, di recente, sono stato costretto a inviarmi un bonifico da solo. Una cosa che persino la mia commercialista, quando lo ha saputo, mi ha chiesto: “Ma che fai”? Il prossimo Natale proverò anche a inviarmi gli auguri, tanto per vedere quale “diavolo” di effetto fa. Ma scherzi a parte, questi stravaganti e maleducati impiegati della Creval di Roma, prendendo a pretesto il non semplice periodo che stiamo attraversando, richiedono di fissare un appuntamento per poter espletare le consuete operazioni mensili. Ma essi, al telefono, rispondono assai raramente.

E anche quando ciò accade, non ascoltano praticamente nulla di quanto si sta loro chiedendo, interrompendoti regolarmente con una frase divenuta il “tormentone” – o il “mantra”, come si dice di recente, con stucchevole “gusto esoterico” – di chi, nel rapporto dialettico con il prossimo, concepisce solamente i monologhi da “stand up comedy”: “Quando lei ha finito di parlare, allora parlo io”. Una frase divenuta un vero e proprio intercalare, funzionale a interrompere l’interlocutore e a evitare di concedere anche solamente un minimo di attenzione nei suoi riguardi. Gli appuntamenti vengono fissati con tempistiche “siderali”, fregandosene altamente delle scadenze, dei pagamenti o delle singole esigenze del correntista, che non viene aiutato in nessun modo a operare sul proprio conto corrente. E sottolineo: a operare sul proprio conto corrente. In pratica, questi signori delle banche non svolgono più il lavoro e la funzione di un tempo: questo è il vero problema. Essi, oggi, si occupano di ben altro.

E utilizzano le singole agenzie come una “dépendance” di casa propria, secondo un concezione “privatista” a dir poco impropria e inappropriata della postazione di lavoro, distante migliaia di miglia da ogni etica della professionalità. Una professionalità letteralmente ridotta a brandelli da vuoti atteggiamenti, assai più adatti per un talk televisivo che a un’attività aperta al pubblico. Roberto Gualtieri ci chiede, adesso, di andare a chiedere a questi signori qui i famosi 25 mila euro da rimborsare in 6 anni. Un’operazione che, detta così, sembrerebbe ragionevole: è come acquistare una vettura a rate. Ma non appena inoltri la richiesta per questo “micro-finaziamento”, che appartiene totalmente alla sfera di quel “microcredito” che ha salvato dal “baratro’ intere nazioni e continenti, i “signori” delle banche si mettono a recitare 4 parti in commedia, come se avessi chiesto loro la moglie “in prestito” per una serata “svaccata”. Insomma, illudersi che il tracollo economico che ci attende possa essere salvato dal nostro sistema bancario è il nuovo clamoroso errore di questi “democristiani di ritorno”.

Avendo loro lo stipendio garantito tutti i mesi dalla Ragioneria generale dello Stato, i minorati “cattocomunisti” nulla sanno e niente capiscono della pazienza che ci vuole nell’avere a che fare con certa gente. S’incontrano certi “soggettini” che è tutto un piacere: ce n’è persino uno, un “grillino sfegatato”, che lavora presso la filiale Unicredit di viale Giulio Cesare in Prati, che sembra il cantante dei Cugini di campagna. Ormai me la sono “legata al dito”, quindi state tranquilli, cari amici liberali: sarò ancora una volta con voi a sparare bordate di grosso calibro.

Ma gli altrettanto cari amici di sinistra si ricordino bene che i liberali non sono soliti “cannoneggiare” contro “Mulini a vento” come l’Europa, l’Euro, la Troika, la Massoneria e chi più ne ha, più ne metta. Noi liberali, di solito, prendiamo la “mira’. Se lo ricordi bene, il caro ministro Gualtieri. Ed è proprio per questo motivo, che siamo assai più pericolosi dei sovranisti “casinisti”. In ogni caso, a prescindere dalle vendette “mirate’, la sinistra italiana deve cominciare a comprendere con chi, gli italiani, giorno dopo giorno, sono costretti ad avere a che fare: “impiegatucci” che ti maltrattano con l’arroganza di chi si sente con i “piedi al caldo”. E che non si preoccupa minimamente di coloro che hanno accordato proprio all’istituto bancario per il quale essi dicono di “lavorare”, i propri “sudati” risparmi.

(*) Presidente dell’Associazione culturale Phoenix


di Vittorio Lussana (*)