venerdì 6 marzo 2020
Le borse mondali starebbero colando a picco. Il corona virus sembrerebbe riportare in auge il protezionismo delle nazioni autorevoli (l’Italia non è certo nel novero), ma tutto questo non aggiunge né toglie nulla al grave declino dell’Italia. Va notato che ogni problema (anche internazionale) viene adoprato come accusa del lupo finanziario europeo contro l’agnello italiano che, qualsiasi cosa accada, viene imputato quale unico e solo responsabile. Odio verso l’Italia? Certo che no, significherebbe banalizzare il problema. Di fatto è in atto una guerra commerciale contro il Belpaese, reo d’aver siglato la “Via della seta” e, soprattutto, di non voler mollare le redini della leadership manifatturiera, e poi di non voler cedere alla Francia il controllo finanziario su Eni, Enel e Finmeccanica. In questa lotta senza esclusione di colpi entra anche la porcata di Canal plus, che manda in giro il video d’un presunto pizzaiolo napoletano poco accorto nello starnutire. Perché, oltre alle grandi aziende, i gruppi francesi e tedeschi vorrebbero che i tour operator d’Oltralpe mettessero le mani anche sul turismo e sull’indotto agroalimentare: ecco che il corona virus s’è dimostrato utile per certi 007 finanziari, al fine di ridurre dell’80% il turismo verso l’Italia. Un qualcosa di simile venne fatto in Grecia sei anni fa, quando le immobiliari tedesche (di proprietà delle banche) misero le mani su noli, porti aeroporti, isole e villaggi turistici: la Grecia perse tutto, ed oggi la Germania gestisce gli incassi del turismo greco, mentre la Cina ha messo le mani sul porto di Patrasso. E l’Unione europea ha funto da ineffabile spettatore. Oggi gli stessi pescecane franco tedeschi intendono allargare il loro areale affaristico al turismo italiano, portando a fallimento alberghi, ristoranti e villaggi, e per rilevare tutto a prezzo di fallimento. In questo progetto s’inseriscono anche gli appetiti artistici degli “amici” europei, che vorrebbero usare il vuoto nei musei italiani per rilevare, con la scusa dei debiti, il nostro bel patrimonio culturale, casomai ottenendo anche l’avallo dell’Unesco: sappiamo bene che in troppi pensano che le opere d’arte verrebbero meglio valorizzate nei musei olandesi, danesi, tedeschi e francesi. Del resto molte tele di maestri italiani sono già nei forzieri della Deutsche Bank: rischiano di fare la stessa fine di quella quota d’oro della Banca d’Italia bollata come “riserva indisponibile”?
Ergo, il corona virus (forse per fortuito caso) assurge a nuova arma nelle mani di chi vorrebbe trascinare l’Italia presso una corte fallimentare europea: come avvenne già nel 1815, quando Regno di Napoli ed Austria entravano in posizione prefallimentare al Congresso di Vienna, all’epoca la colpa venne data tutta alle guerre napoleoniche.
Viceré o Conte?
Non sortirebbe alcuna meraviglia se, all’indomani della sua dipartita da Palazzo Chigi, sapessimo d’un certo professor Giuseppe Conte con incarico al Fondo Monetario Internazionale, o alla Banca mondiale, o presso qualsivoglia organismo e con nuova super residenza a Parigi o New York. E perché “Giuseppi” s’è definito “avvocato degli italiani” ma intendeva, come s’usa nel gergo “lawyer”, “curatore fallimentare”. Giuseppe Conte ha promesso che nell’Ue avrebbe negoziato per eventuali miglioramenti al trattato detto “fondo salva Stati”. Ma il presidente del Consiglio ha più volte contraddetto sé stesso (come fanno non pochi avvocati) millantando davanti al Paese un inesistente potere negoziale in Europa: di fatto ha negoziato per sé stesso. Come quando ebbe l’avallo al Conte bis da Trump e Macron: durante un summit in Bretagna, al primo promise che non avrebbe toccato la logistica militare Usa in Italia ed al secondo che avrebbe garantito il piedino francese negli asset italiani energetici e finanziari. E ieri il Mes come oggi il corona virus, sono strumenti che favoriscono la svendita del Paese, il suo fallimento (come chiesto dai tedeschi già in epoca Monti), e la conseguente morte dell’economia italiana. Infatti non c’era alcuna logica emergenziale che imponesse a Roma l’accelerazione sulle negoziazioni al Mes, né alcuna aderenza del governo Conte bis alla “logica del pacchetto” approvata in soluzione unica nel giugno 2019. Ma il Mes ha permesso all’Ue di varare anche uno strumento di bilancio della zona euro come il Bicc e, conseguentemente, il sistema europeo di assicurazione dei depositi (Edis). Allora l’avvocato Conte di chi fa gli interessi? Sorge il dubbio possa rimanere in sella fino al varo di misure straordinarie tese ad appoggiare la congiuntura economica (crisi più corona virus) sulle spalle dei patrimoni privati italiani (case e risparmi). Infatti Conte ha nicchiato sulle ben note prese di posizione delle banche: come nel caso Unicredit, dove con la scusa di snellire i costi e smuovere i depositi poco mobili, hanno caricato le sofferenze sulle spalle dei correntisti, e con l’avallo della tedesca Commerzbank e della francese Société Générale. L’Unicredit ha fatto una manovra per fare cassa (a tutto vantaggio di tedeschi e francesi) attraverso il taglio del personale italiano e la pulizia delle sofferenze a spese dei correntisti del Belpaese. Ma Jean Pierre Mustier, messo alla guida di UniCredit dai famigerati poteri bancari europei, è nel novero degli amici di Macron, ed il Viceré Conte non vuole inimicarselo.
Eurogruppo o setta segreta?
I documenti dell’Eurogruppo sono talmente riservati che non vengono resi noti nemmeno alla Commissione Ue. Nell’Eurogruppo l’Italia è priva di qualsivoglia potere negoziale fondamentale sul progetto “unione bancaria”. Il progetto di far fallire l’Italia presso una corte Ue è noto perché venne illustrato sui giornali tedeschi (in epoca governo Monti) dall’allora ministro delle finanze Wolfgang Schauble (ministro di ferro della Merkel e banchiere).
Questo lo sostiene anche la rivista Formiche (fondata da Paolo Messa) che scrive così del Mes: “la vera minaccia per le nostre banche ed imprese è connessa all’impostazione che la Germania vorrebbe dare al progetto di Unione bancaria europea. Più in particolare, il problema nasce dal fatto che l’approvazione dell’Unione bancaria si è impantanato davanti allo scoglio costituito dal Terzo Pilastro relativo all’assicurazione unica a livello europeo sui depositi bancari. E questo a causa dell’intransigenza della Germania”.
Nel primo documento di definizione della nuova unione bancaria, l’Ecofin ha inserito un meccanismo simile a quello proposto dall’attuale ministro delle Finanze tedesco Olof Scholz: incentivare la diversificazione dei titoli di Stato nei bilanci delle banche, imponendo alle banche europee di contribuire a un fondo di garanzia correlato alla concentrazione dei titoli di Stato nei loro bilanci, e introducendo costi capaci di penalizzare gli istituti eccessivamente appiattiti su un singolo strumento (ad esempio i Btp decennali). Con la ricetta Scholz, le banche italiane dovrebbero disfarsi di oltre 384 miliardi di euro di titoli detenuti nei loro bilanci e molto spesso rinnovati a ciclo continuo: operazione che dovrebbero varare per non essere colpite nella loro attività operativa. Di fatto un attacco frontale al risparmio italiano. Il Mes è di fatto sfavorevole all’Italia. Si aggiunge il fatto che una riforma del fondo salva-Stati non prevede che carestie e pestilenza possano essere addotte come scusanti per sforare su eventuali deficit (pubblici o privati che siano). Lo stesso ministro dell’Economia Roberto Gualtieri si era apertamente dichiarato contrario (lo aveva detto durante un intervento pubblico a Brescia) a meccanismi di calcolo dei titoli di debito pubblico disumani e made in Germany. Evidentemente Gualtieri vorrebbe non sapere chi è Conte, soprattutto allontanare l’idea che il presidente del Consiglio possa essere un conte a servizio della corte franco-tedesca (la vecchia Aquisgrana) ed obbedire ai dettami del siniscalco, razziare le lontane provincie a beneficio della ridente cittadina tedesca ai confini di Belgio, Francia e Paesi Bassi.
di Ruggiero Capone