martedì 20 febbraio 2018
Nel nostro, complesso e pericoloso, mondo del dopo Guerra Fredda, il nuovo Grande Gioco geopolitico – per richiamare la storica espressione di Kipling – è determinato da numerose varianti strategiche, che lo rendono quanto mai fluido, dinamico e, purtroppo, anche instabile. Tra queste è indubbio che un ruolo fondamentale viene rivestito dal problema delle fonti energetiche, del controllo della produzione e distribuzione, delle reti di trasporto, delle relazioni internazionali di cui tali reti costituiscono il tessuto. Un sistema che, oggi, non solo garantisce i livelli di vita dei popoli, ma determina anche i rapporti di forza tra le potenze. in sostanza le reti di approvvigionamento energetico rappresentano ben più che un interesse economico: piuttosto sono l’intelaiatura sulla quale si regge la nostra civiltà.
L’Italia – che, al di là dei luoghi comuni rappresenta pur sempre una media potenza d’area, con una funzione di primo piano nello scacchiere Mediterraneo – ha, oggi, la possibilità di rivestire un ruolo sempre più strategico in questo campo, non limitandosi ad importare quanto necessario per la sopravvivenza del suo sistema industriale, ma divenendo un hub che connette l’Europa con i paesi produttori ed esportatori di gas e petrolio del Mediterraneo e del limitrofo Caucaso. Un centro nevralgico capace da un lato di garantire all’intera Europa occidentale fonti di approvvigionamento alternative a quelle oggi esistenti – necessità quanto mai vitale a fronte delle tensioni che inquietano l’attuale quadro geopolitico – dall’altro di saldare i rapporti con i paesi produttori, esercitando una crescente influenza culturale e politica volta a depotenziare i molti focolai di crisi. Questo, per altro, nell’anno in cui Roma ha assunto la presidenza dell’Osce, e viene chiamata ad un ruolo di primo piano nella politica europea e mediterranea.
La grande occasione è legata, in primo luogo, alla realizzazione del Tap, la Trans Adriatic Pipeline, che dovrebbe convogliare il gas dai giacimenti dell’Azerbaigian sino alle coste della nostra Puglia; per portata e riflessi un’opera strategicamente fondamentale, tale non solo da permetterci di affrancarci dal ruolo subalterno cui siamo stati ridotti negli ultimi decenni, ma di divenire addirittura un hub di distribuzione e, di conseguenza, un polo di riferimento per tutta la regione euro-mediterranea.
Naturalmente, come sempre avviene, molte sono le tensioni e le opposizioni, nazionali ed internazionali, che cercano di frenare la realizzazione di questo progetto. Tensioni che vanno lette, al di là delle mere questioni di bottega politica italiana, nel complesso contesto internazionale del Grande Gioco per il controllo delle fonti energetiche. Se ne parlerà, appunto, in un convegno organizzato dal think tank “Il Nodo di Gordio” martedì 20 febbraio (alle ore 14,30) presso lo “Spazio Europa”, la sede della rappresentanza del Parlamento europeo e della Commissione europea a Roma. Un’analisi a più voci cui contribuiranno tecnici come Michele Elia (Country Manager Tap), Stefano Saglia (Terna Spa), Emilio Fortunato Campana del Cnr, studiosi come il contrammiraglio Michele Cosentino e il professor Antonello Folco Biagini presidente della Fondazione Sapienza, giornalisti come Mario Sechi, direttore di “World Energy”, Thierry Vissol di Spazio Europa e Franco Adriano di “Milano Finanza”.
(*) Senior fellow del think tank “Il Nodo di Gordio”
di Andrea Marcigliano (*)