L’Italia con le “Ali” tarpate

Un aforisma, un commento - “Il colmo per una compagnia aerea? È ovvio: avere tanti aerei, tanti addetti, tanti dirigenti e non riuscire mai a decollare!”.

Il “decollo”, in economia, è un concetto introdotto da Walt Rostow negli anni Sessanta del secolo scorso per indicare la fase storica in cui un sistema economico riesce a disfarsi degli “ostacoli” di ordine culturale e sociale, “... che si opponevano alla sua crescita”. Secondo Rostow,  l’attore principale della fase di decollo è la crescita degli investimenti in rapporto al prodotto nazionale. Purtroppo nel nostro Paese, secondo la Banca d’Italia, in una sua relazione del maggio del 2016, “gli investimenti rimangono su un valore basso in rapporto al Pil”. La nuova fase di decollo, che altri Paesi stanno invece vivendo, anche nel 2017 appare ancora lontana nonostante un incremento, previsto, del due per cento.

Proprio parlando della ennesima crisi dell’Alitalia, il ministro Carlo Calenda ha recentemente ricordato che, in fatto di crescita del Prodotto interno lordo, vi sono due scuole di pensiero: c’è chi crede nell’aumento della domanda e chi crede nell’aumento dell’offerta. I sostenitori della prima strategia sono convinti che, aumentando la disponibilità di reddito delle famiglie, aumenterà la domanda e, di conseguenza, la produzione di beni e servizi. Si tratta di una visione semplice, troppo semplice e, inoltre, destinata a generare ben poca crescita. Infatti, nel migliore dei casi, la produzione, per stare al passo della domanda, tornerebbe al livello precedente alla crisi mentre le altre economie stanno sviluppandosi ulteriormente. I consumatori, infatti, si rivolgono ai prodotti che conoscono e ai quali, a causa della crisi, avevano dovuto rinunciare.

Idealmente, grazie alla maggiore disponibilità monetaria e ammesso che questa non venga destinata al risparmio, la domanda tornerebbe quantitativamente ai livelli di 4 o 5 anni prima, ma, qualitativamente - al di là dei beni primari che non crescono più del necessario per vivere - interesserebbe una produzione interna “vecchia”, incentivando, semmai, la domanda di beni e servizi importati, con conseguente aggravamento della nostra bilancia commerciale senza poter contare su alcuna crescita delle esportazioni. Chi sostiene la tesi dell’offerta, al contrario, non pensa all’uovo oggi ma alla gallina domani. In altre parole, un’economia cresce se e solo se, a crescere, sono gli investimenti destinati a creare nuovi prodotti e servizi. Fermo restando che, dopo una grave crisi, il ripristino della domanda di beni essenziali è prioritario, si deve ammettere che la crescita non risiede nel loro puro e semplice ripristino bensì nell’espansione della produzione futura. D’altra parte i mutamenti nella sfera economica, come sosteneva Joseph Schumpeter, “... non sono ad essa imposti dall’esterno, ma scaturiscono dall’interno, dalla sua propria iniziativa”.

Il mutamento fondamentale è certamente l’innovazione. Ma l’innovazione implica l’invenzione, l’invenzione implica la creatività e, questa, ha bisogno del sostegno alla ricerca e allo sviluppo di nuovi prodotti o processi. Anche l’insistenza sull’opportunità di investimenti pubblici – ammesso che non aggravino troppo i conti dello Stato – appare illusoria poiché, di norma, il settore pubblico non brilla per capacità innovative, soprattutto se a rischio. Quello della ricerca, del resto, è un ambito che vede da sempre l’Italia in una posizione non certo invidiabile. Nonostante la richiesta di brevetti da parte dell’Italia pare stia risalendo la china, da molti decenni la domanda di beni tecnologici distribuiti in massa si rivolge a innovazioni non nostre e per le quali siamo dunque debitori verso produttori stranieri. Ci potremmo senz’altro rafforzare investendo in altri settori, per esempio nel turismo, ma, anche lì, l’innovazione conta e non basta possedere un prezioso capitale di tesori d’arte o paesaggistici se manchiamo di capacità innovative sul piano organizzativo e logistico.

E poi, per il turismo, fondamentale è il servizio aereo. Ma chi, quando e come sarà possibile mettere nuove “Ali” all’Italia?

Aggiornato il 03 maggio 2017 alle ore 19:12