giovedì 19 gennaio 2017
Rispondendo all’ennesima richiesta europea di rimettere in ordine la nostra disastrata finanza pubblica, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha dispensato incenso e rassicurazioni a piene mani.
Dando tutta la responsabilità alla deflazione in merito alla mancata riduzione del colossale debito sovrano, il nostro fantasioso ministro ha voluto tranquillizzare i suoi interlocutori comunitari con un bel “vedremo se sarà il caso di prendere misure ulteriori per rispettare gli obiettivi”.
Tuttavia, con un occhio alla complicatissima situazione politica interna, Padoan ha sostanzialmente riproposto il leitmotiv di quell’insensato ottimismo della volontà che sembra ispirare da tempo l’attuale politica italiota. “La via maestra è la crescita, essa rappresenta la principale priorità del Governo”, ha dichiarato solennemente l’uomo chiamato a far quadrare gli impossibili conti di un Esecutivo che si regge, per così dire, con lo sputo.
Traducendo tutto questo nel linguaggio dei comuni mortali, ciò significa che le reali intenzioni di chi attualmente occupa la stanza dei bottoni sono quelle di non perdere ulteriore popolarità, soprattutto dopo il bagno di sangue del referendum costituzionale, evitando di fare ricorso a nuove tasse e gettando letteralmente nello sciacquone le decine di miliardi di tagli alla spesa con cui lo stesso Padoan si è riempito la bocca per anni. In estrema sintesi, complice anche una legislatura giunta praticamente al capolinea, sul piano economico e finanziario ci troviamo in una condizione di assoluto immobilismo. Un immobilismo che, tuttavia, s’inserisce all’interno di un quadro macroeconomico a dir poco preoccupante per l’Italia, le cui stime di crescita - in evidente contrasto con i desiderata del ministro dell’Economia - per i prossimi due anni (unico Paese in Europa) sono state riviste al ribasso dal Fondo Monetario Internazionale.
Tutto questo, unito all’effetto boomerang delle recenti manovre in deficit (vedi spada di Damocle delle famigerate clausole di salvaguardia) messe in campo dal precedente Governo Renzi, fa abbastanza rabbrividire circa le sorti certe e progressive del Bel paese. Sotto questo profilo, sarà pur vero che a Padoan e soci sta particolarmente a cuore la crescita italiana, ma a giudicare dalla linea becero keynesiana delle mance elettorali fin qui seguita, del tutto lontana da quella generalizzata riduzione dei costi di cui avrebbe bisogno il sistema nel suo complesso, si fa veramente una gran fatica a crederlo.
di Claudio Romiti